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    IL PATTO DEL "MORTADELLA" PER METTERE PACE NEL PD - GRAZIE ALLA MEDIAZIONE DI ROMANO PRODI, CHE ALLE PRIMARIE HA VOTATO BONACCINI, SCHLEIN SI CONVINCE A DARE LA PRESIDENZA DEL PD AL RIVALE SCONFITTO PER EVITARE L'USCITA DI MASSA DEI RIFORMISTI E DEI POPOLARI DAI DEM – L’AVVISO AI NAVIGATI DI NARDELLA, SOSTENITORE DI BONACCINI: "CI SIA UNA GESTIONE UNITARIA DEL PARTITO, O AVREMO DIFFICOLTÀ..."


     
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    Estratto dell’articolo di Lorenzo De Cicco per la Repubblica

     

    romano prodi romano prodi

    Non sarà Romano Prodi a fare il presidente del Pd, anche perché nemmeno gli è mai stato chiesto di farlo. Non è del resto quello il ruolo a cui punta il Professore, che peraltro a nulla ambisce se non a tenere unito un partito che gli sta a cuore, pur non essendo più nemmeno iscritto. Se però dovesse essere lo stesso Prodi a decidere a chi dare l'agognata presidenza, non c'è dubbio che l'indicazione cadrebbe su Stefano Bonaccini.

     

    È dall'indomani dell'esito inaspettato delle primarie che l'ex premier si affanna a ripetere come la vincitrice debba riconoscere gli onori al vinto. E si sarebbe affannato a sostenere il contrario, se il voto avesse dato un risultato opposto. Lo ha detto sui giornali e in tv, lo ha ripetuto in conversazioni private agli stessi interessati, cioè Schlein e Bonaccini. Il senso del suggerimento è perfino ovvio: se nelle urne il popolo di area Pd si è diviso, e circa 80mila voti su oltre un milione hanno spostato gli equilibri tra i due candidati, va da sé che come segnale di tenuta la prima mossa da fare sia quella di invitare gli sconfitti a tavola.

    ELLY SCHLEIN E STEFANO BONACCINI ELLY SCHLEIN E STEFANO BONACCINI

     

    Poi, ben conoscendo le dinamiche acuminate del Nazareno, Prodi non è stupefatto dalla cautela che mostra ora Elly Schlein. Però pensa anche che chi vince debba rivendicare il diritto di decidere, perfino a costo di dispiacere qualcuno tra i maggiorenti più riluttanti. La posta in palio è, al solito, l'unità. Sempre invocata da tutti e spesso perseguita da nessuno.

     

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    Schlein, in tv da Lilli Gruber, a sera ha assicurato al suo sfidante "un ruolo di primo piano". Senza sbilanciarsi oltre. E sui capigruppo a Camera e Senato ha invocato "discontinuità" (sia Serracchiani che Malpezzi avevano sostenuto Bonaccini).

     

    intervento di romano prodi foto di bacco intervento di romano prodi foto di bacco

    L'incontro di oggi proverà a tamponare gli sbuffi di nervosismo delle ultime ore. Più di un sostenitore di Schlein ieri ha letto con dispiacere i dispacci delle agenzie dell'intervista rilasciata da Bonaccini a Myrta Merlino su La7. Tre passaggi in particolare: quando, dopo avere rivendicato di aver raggiunto quasi il 50 per cento dei consensi e di "aver vinto fra gli iscritti, non è banale", ha espresso preoccupazioni su possibili scissioni: ci sono sì 7.500 nuovi iscritti, fra cui l'ex senatore Sandro Ruotolo, ma "dobbiamo evitare una emorragia silenziosa di chi rischia di non sentirsi a casa", la stoccata del presidente dell'Emilia Romagna.

     

    L'altro aspetto critico sono le alleanze. "Non sono una priorità", ripete Schlein. Per Bonaccini invece sono importanti e "non dobbiamo schiacciarci solo sul M5S, perché non basta vincere una primaria". Terza punzecchiata: occhio a chiedere le dimissioni dei ministri, come Schlein ha fatto per Piantedosi la settimana scorsa, perché per il governatore emiliano il capo del Viminale è sì inadeguato, "ma non possiamo chiedere ogni giorno le dimissioni di un ministro diverso". Anche Dario Nardella, sostenitore di Bonaccini, ieri dichiarava, nemmeno troppo sibillino: "Ci sia una gestione unitaria, o avremo difficoltà". Prova a fare da paciere Pier Luigi Bersani: "Se Bonaccini fa il presidente, con Schlein segretaria avremmo due bolognesi al vertice, che dal punto di vista campanilistico è molto importante". Una battuta, per ricucire.

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