Matteo Pucciarelli per “la Repubblica”
michele foggetta
Cinque anni fa accadde l'impensabile: dopo oltre 70 anni il Pd, il principale erede del Pci, perdeva le elezioni a Sesto San Giovanni, quella che da trito cliché giornalistico veniva definita "Stalingrado d'Italia". Ora non è stata di nuovo persa, questo lo si saprà a giugno, però intanto il Pd che brama la rivincita contro la destra viene sconfitto alle primarie, col proprio candidato scalzato da Michele Foggetta, educatore di 37 anni e segretario della sezione di Sinistra Italiana.
«Eh - sospira l'ultima sindaca del centrosinistra, la pd Monica Chittò - il cambiamento ha bisogno di tempo...». I dem, arrivati alle primarie controvoglia, un po' ci avevano provato a dar forma al "cambiamento" candidando un indipendente, basta con gli uomini di apparato come lo era stato ad esempio Filippo Penati; così era stato proposto il funzionario della Protezione civile Alberto Bruno. Risultato finale: 638 voti Foggetta, 611 Bruno, 396 per la civica Mari Pagani.
Il punto però è che se il mondo è cambiato, Sesto San Giovanni (città "medaglia d'oro della Resistenza", come annuncia orgogliosa la segnaletica stradale in entrata) ancora di più. Gli stabilimenti della Falck sono indicati con i cartelli stradali di color marrone, quelli posti per i siti storici da visitare: "archeologia industriale", è specificato. Breda, Pirelli, Magneti Marelli, Pompe Gabbioneta, 50-60 mila tute blu negli anni del boom economico, 15 mila iscritti al Pci ai tempi d'oro. Recitava il motto: "La Breda è Sesto, Sesto è Milano, Milano è l'Italia".
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Tutto scomparso in ogni senso, oggi i dem hanno 200 tesserati e a Sesto «interi quartieri sono una specie di grande dormitorio. Gli affitti sono meno cari e chi lavora a Milano magari viene a vivere qui», spiega Foggetta, figlio di operai che erano arrivati a lavorare al nord dalla Puglia. La milanesissazione di Sesto, orgogliosa della propria identità quando un'identità c'era, non è cosa nuova, così per esempio otto anni fa Cgil, Cisl e Uil regionali che avevano sede in un'unica palazzina proprio a Sesto San Giovanni si sono spostate a Milano. Un altro segno simbolico di rottura col glorioso passato di lotta. Il futuro, dopo la chiusura delle fabbriche degli anni '90, è la cosiddetta città della cura e della ricerca nelle aree industriali dismesse, ovviamente oggetto di grandi appetiti immobiliari.
Nel dopoguerra a Sesto fu segretario un poco più che ventenne Armando Cossutta e del dominio incontrastato del Pci e della sinistra nel suo complesso era comunque rimasta una fitta rete di associazionismo: Anpi, Arci, Auser, Unione inquilini, e poi Acli, Caritas, Aned e così via. Appena diventato sindaco Roberto Di Stefano, forzista poi passato alla Lega, è arrivato l'avviso di sfratto dagli spazi comunali.
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Della serie, adesso comandiamo noi. «Sono stati smantellati gli spazi di partecipazione», denuncia Foggetta, che non a caso è stato il candidato espressione proprio di quelle realtà del terzo settore.
Chittò parlando di Di Stefano lo definisce «spregiudicato e opportunista », con una amministrazione sotto il segno «dell'ingordigia».
Sesto è piena di suoi manifesti formato maxi, niente simboli di partito, solo quello della propria lista civica. Ma c'è chi ne dice ancor peggio ed è Gianpaolo Caponi, colui che cinque anni fa con il suo 24 per cento al primo turno da candidato civico, voti portati in dote a Di Stefano al secondo, gli permise di strappare Sesto al centrosinistra. «In questi anni è mancata completamente la trasparenza, me ne sono andato dalla giunta perché volevo restare con le mani pulite e vedere immobiliaristi diventare i finanziatori di Di Stefano beh, è stato un pessimo spettacolo, per la politica e per gli immobiliaristi », racconta.
FILIPPO PENATI
Così a questo giro Caponi potrebbe appoggiare Foggetta: «Di sicuro è una persona pulita, ci confronteremo, spero che la sua proposta politica si apra al centro». Nella giunta Di Stefano brilla, per modo di dire, Claudio D'Amico, ovvero l'uomo dei rapporti con la Russia per la Lega assieme a Gianluca Savoini. Per dire, aveva un ufficio tutto per lui al Viminale quando Matteo Salvini era ministro dell'Interno, essendone stato consulente. Il giorno in cui da assessore alla Sicurezza di Sesto San Giovanni raggiunse il record di 200 Daspo comminati a bivaccatori, quasi tutti immigrati, festeggiò pubblicamente in conferenza stampa con una torta al pistacchio (metà verde, come la vecchia Lega; l'altra metà, nera). Era il febbraio 2018 e l'ancora fresca aria di conquista metteva addosso una certa ebbrezza.
di stefano sindaco di sesto san giovanni
E oggi? «Mentre Di Stefano e i suoi si sono esercitati a distruggere io credo che i sestesi si siano resi conto dell'importanza di quel che era stato costruito in tanti anni - riflette il segretario del Pd locale, Marco Tremolada - Quella rete, quella solidarietà diffusa, non era scontata».
Dopo le primarie di domenica scorsa nella coalizione progressista entrano anche i 5 Stelle, restano fuori invece Italia Viva e Azione che candidano Massimiliano Rossignoli, poi in corsa c'è anche il civico Paolo Vino; con Foggetta fanno tre nomi "non noti" contro Di Stefano, secondo la definizione del sindaco di Milano Beppe Sala («osservazione agghiacciante da politica reality show», si infervora Vino). Intanto amministrativamente parlando il 2021 per Sesto si è chiuso, esattamente il 31 dicembre alle 12,30, con una delibera in cui l'attuale sindaco leghista si aumentava lo stipendio per sé e per la propria giunta. Champagne!