Antonello Piroso per La Verità
ghini
Questa conversazione - condita da crasse risate, per spiegarne lo spirito - esce nel giorno in cui Massimo Ghini sale sul palco del teatro Quirino a Roma per interpretare... Walter Veltroni.
Ghini, quasi 63 anni, romano e romanista, attore dagli inizi degli anni Ottanta, «compagno» da sempre, sta girando a Ischia il nuovo film di Gabriele Muccino. In una pausa delle riprese, riporta in scena l' adattamento del romanzo Ciao di Veltroni, storia di un immaginario incontro come in L' uomo dei sogni con Kevin Costner: il figlio sessantenne ritrova il padre più giovane di lui.
Sei recidivo: non è la prima volta.
GHINI
«In effetti l' ho già impersonato anni fa nel film Zitti e mosca, sulla svolta politica della Bolognina del 1991, quando il Pci si trasformò in Pds, solo che lì il mio personaggio si chiamava Massimo, qui invece sono proprio lui, Walter.
Ci conosciamo dall' adolescenza, eravamo insieme nella Federazione dei giovani comunisti, ma la comune militanza ideologica non c' entra. Il tema è: come posso esercitare il mestiere di padre se nessuno me l' ha insegnato?
Il papà di Walter morì di leucemia quando lui aveva un anno, i miei genitori si lasciarono quando io avevo tre anni, 60 anni fa, e puoi immaginare come sia stato crescere da figlio di separati nell' Italia di quei tempi».
veltroni giovane e pasolini
Questo ti ha incentivato a essere un padre presente per i tuoi 4 figli?
«Ahimè no, e non voglio invocare l' attenuante del vuoto che ho patito. Solo che non sono un attore da posto fisso, e sono stato sempre un saltimbanco girovago».
GHINI CIAO
Tu reciti come «W-alter ego» di Veltroni, direbbe il sito Dagospia, nella settimana in cui il Pd festeggia i 10 anni di vita e intanto alla sua sinistra si consuma una nuova frattura tra Giuliano Pisapia e i suoi cari. I cerimonieri del decennale pare saranno Veltroni, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Chiosando: il prima, il durante e il dopo.
«Gentiloni lo conosco da quando ero consigliere comunale a Roma, 1993-1998, con Francesco Rutelli sindaco, di cui lui era il portavoce equilibrato e "felpato". Quanto a Renzi, dopo il referendum si è dimesso, cosa non da poco.
MADIA VELTRONI
Del Pd si può pensare tutto il male possibile, e in effetti sono stati 10 anni di tregende, ma è ancora un partito dove ci sono primarie vere, e non "proprietari" come a destra o monarchi assoluti che distribuiscono investiture come fanno Beppe Grillo, Davide Casaleggio e i "pentafascistellati"».
Tu e Renzi vi siete visti a luglio nella sede del Nazareno.
«Per caso. Ero lì per parlare di Roma città aperta, il capolavoro di Roberto Rossellini.
L' ha saputo e mi ha detto: "Quando finisci passi da me?". Un saluto informale. Sono un vecchio militante del Pci, mio padre era un partigiano, ho contribuito a fondare il Pd.
ghini ferilli
Non sono un renziano "ante marcia", anzi, ero un bersaniano convinto. Ma non mi è piaciuta e non ho accettato, contestandola, perché il partito si combatte da dentro, la scissione di Pier Luigi Bersani e Massimo D' Alema, che vedo non hanno trovato pace neanche con il mite Giuliano Pisapia. Mettici poi che ho percepito un modo più soft di porsi di Renzi, ed ecco spiegato l' arcano».
Qualcosa vi sarete pur detti.
Mi ha chiesto cosa pensassi del ministro Dario Franceschini.
massimo ghini
E...?
«No comment. Quando Franceschini subentrò alla guida del Pd al posto di Veltroni fece una dichiarazione in cui prendeva le distanze da presunti "nani e ballerine" che evidentemente secondo lui affollavano il partito. Replicai che non sapevo a chi si riferisse, ma che comunque io non so ballare e sono alto più di un metro e 80».
Sei un eclettico del mondo dello spettacolo. Hai recitato a teatro con Vittorio Gassman in Otello, nei musical di Garinei & Giovannini, con Francesco Rosi ma anche con Neri Parenti. Film, fiction, programmi tv perfino sui morti del rock.
«E ho cominciato entrando dalla porta principale, dopo essere stato bocciato all' Accademia di arte drammatica. Mi presentai a un provino con Giorgio Strehler, che mi pigliò subito e mi portò a debuttare all' Odeon di Parigi. Con Shakespeare, il Re Lear, mica cotica. Ho lavorato all' estero, parlo tre lingue...».
E quindi sei onusto di premi.
«Antonello, non mi perculare ché lo sai benissimo che al David di Donatello non sono mai nemmeno stato nominato».
Però te l' hanno fatto presentare nel 2003. Comunque ti rode: a te dopo 90 film niente, mentre il David in questi anni l' hanno dato a cani e porci. Parole tue.
ghini
«Ma ti pare possibile: mai una nomination, nemmeno per sbaglio?».
Neanche quella, che so, come miglior addetto al catering.
«Ma neppure quella come ultima delle comparse silenti sullo sfondo. Ma chissene, ho interpretato tanti personaggi diversi di cui vado orgoglioso, il mio piccolo Pantheon personale dove ci sono Giorgio Amendola, Marco Antonio, il citato Rossellini - cui davo vita nel film Celluloide di Carlo Lizzani -, Antonio Meucci, Enrico Mattei, Galeazzo Ciano, papa Giovanni XXIII».
A luglio, nel presentare a Sabaudia il film Non si ruba a casa dei ladri, ti sei scatenato in un' intemerata ai produttori. Che t' hanno fatto?
«Non a me, ma al cinema. Perché le idee ci sarebbero, quello che manca è il coraggio, che come insegna Alessandro Manzoni, se uno non ce l' ha, mica se lo può dare».
Avevi nel mirino Aurelio De Laurentiis.
nancy brilli massimo ghini gigi proietti
«A Natale presenterà un film dal titolo Super vacanza di Natale, cioè un remix dei cinepanettoni di 35 anni, in cui ci saremo tutti, da Alberto Sordi a Christian De Sica. Iniziativa che porterà a casa un ricco incasso, che è poi l' unica cosa che oggi conta. E del quale noi attori non vedremo un centesimo, tanto per essere chiari. Se rinasco, voglio reincarnarmi in Luca Barbareschi».
Annamo bene...
«Luca è bravissimo a capitalizzare il massimo in ogni situazione, guarda com' è riuscito ad avere dal Parlamento un emendamento ad personam per il suo Teatro Eliseo».
Lo invidi perché lui non ha avuto problemi a contaminare il suo lavoro di attore con le tv di Silvio Berlusconi, mentre a te faceva schifo prendere soldi dall' odiato Cavaliere e l' assegnone lo rispedisti al mittente.
de sica ghini
«Davvero una barca di soldi. Eravamo negli anni Ottanta. Berlusconi era solo un imprenditore. Recitavo a teatro con Rossella Falck nella Maria Stuarda, regia di Franco Zeffirelli, e mi sono trovato in una situazione alla Sliding doors.
Dovevo scegliere. Ero troppo soddisfatto di come avevo iniziato la carriera d' attore, avevo ricevuto la proposta di girare il film La neve nel bicchiere con Florestano Vancini, e risposi "no, grazie". E comunque mai avuto snobismi "de sinistra", come dici tu: ho preso parte ai film di Natale venendo lapidato per via del mio pedigree, salvo poi vedere gli stessi critici dispiacersi, con doppio salto mortale carpiato, del fatto che avessi smesso di farli».
Ti sei cimentato in parti omosex, a teatro con Il Vizietto e al cinema con Uomini uomini uomini, insieme a Christian De Sica, Leo Gullotta, Alessandro Haber e Paolo Conticini.
«Il film di Christian è di 22 anni fa: la prima vera commedia agrodolce sul tema. E una battuta che fotografava un clima che è mutato solo in parte: "Noi l' amore non possiamo averlo come gli altri, lo dobbiamo rubare"».
massimo ghini
Come inqualificabile politicante in Compagni di scuola di Carlo Verdone eri convincente.
«Un film a suo modo profetico sui modi di fare di un certo sottobosco. Ero il sottosegretario ai Lavori pubblici, con tanto di scorta, Mauro Valenzani. Freddo, cinico, cocainomane, che molesta la fidanzata di Verdone. Una merda umana. Il film è del 1988, l' anno prossimo sono trent' anni. Cos' è cambiato nel frattempo? Quanti Valenzani figli di buona donna c' erano e ci sono ancora, pronti a difendere i propri privilegi all' ombra del "Lei non sa chi sono io"»?
Tipo te, che quando eri consigliere comunale fosti beccato a parcheggiare l' auto dove non si poteva?
vacanze ai caraibi de sica ghini
«O sei Pico della Mirandola o c' hai l' archivio di Giulio Andreotti. È vero, ebbi un vivace confronto con vigili poco "urbani". Abitavo a via Rasella, avevo i figli piccoli, parcheggiai vicino al portone perché pioveva. Una pattuglia di vigili m' incalzò con veemenza. Feci notare che avevo un contrassegno che mi avrebbe permesso in teoria di parcheggiare ovunque, ma non intendevo avvalermene. Risultato? Chiamarono i colleghi di una seconda pattuglia, e a quel punto fui io a telefonare alla redazione del Messaggero che sta lì dietro, e la cosa finì sul giornale».
Tre colonne in cronaca?
«Macché, un trafiletto. Manco quella volta m' hanno dato soddisfazione, e "m' hanno rimasto solo, 'sti quattro cornuti"».
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