1 – PROVE TECNICHE DI SINISTRA IL PD SI AGGRAPPA AI RIBELLI
Roberto Scafuri per “il Giornale”
LEOLUCA ORLANDO E NATALE GIUNTA
Il particolare non sarà probabilmente sfuggito, al ministro dell' Interno. Ma non avendo stavolta interesse, né politico né istituzionale, a buttarla sul piano ideologico, Salvini finora si è limitato a bacchettare i sindaci parlando genericamente di «fenomeni in cerca di pubblicità». Ad andare dritto sul bersaglio, ci ha pensato invece l' alleato Di Maio: «Penso sia solo campagna elettorale di sindaci che si devono sentire un po' di sinistra... ma se vuoi sentirti di sinistra metti mano ai diritti sociali di questo paese, quelli che invece la sinistra ha distrutto in questi anni: pensate come stanno messi male».
LUIGI DE MAGISTRIS SAN GENNARO
Staranno pure messi male, ma dal punto di vista squisitamente politico la clamorosa protesta dei primi cittadini segna probabilmente la nascita di un area di consenso e di rilancio che sarebbe riduttivo ridurre alla «sinistra» (per quanto sia radicale il metodo della disobbedienza civile), avendo trovato proprio sul terreno dei migranti ampie convergenze nell' ambito del cattolicesimo sociale.
Così che non si può irridere alla formula trovata, extra legem quanto si vuole, in quanto essa si propone come primo atto forte e vero di una ripresa dell' opposizione (forse ancora imperniata sul Pd che non a caso vuole intestarsi la protesta, o magari su qualcosa di nuovo che verrà a sinistra). Dire, come ha fatto il grillino Sibilia, che la protesta è «un' aspirina alla sinistra defunta» pecca di superficialità, oltre che di arroganza.
matteo salvini a bormio con la polizia alpina
Il fatto nuovo c' è, e viene espresso sostanzialmente da due fattori, uno formale e l' altro sostanziale. La presenza come promotori dei sindaci di Napoli e Palermo fa di queste «prove tecniche di trasmissione» un qualcosa che mira a cambiare profondamente l' identità del Pd di questi ultimi disastrosi anni. Ed è ancora presto per capire se la partecipazione del renzianissimo sindaco di Firenze, Dario Nardella, stia a indicare il completo dissolvimento del cosiddetto «partito di Renzi» (ovvero della sua capacità di aver seguito), oppure stia solo a indicare un desiderio di protagonismo che trova strade un po' confuse per emergere.
renzi nardella
Di sicuro, al Masaniello napoletano De Magistris che sta lanciando su dimensione nazionale il suo «DemA» (Democrazia e Autonomia), si è aggiunta l' esperienza pluridecennale di una vecchia volpe come Leoluca Orlando, capace addirittura di trasformare il «dl sicurezza» in «legge razziale spacciata per sicurezza» («Tutti i regimi hanno iniziato da leggi razziali», ha detto). E l' area che un tempo si sarebbe definita «catto-comunista» pare arrivare a comprendere anche parte degli ex grillini, come il sindaco parmense Pizzarotti, ma anche settori, come il presidente della Camera Roberto Fico, cardini del nuovo potere.
LEOLUCA ORLANDO
Potrebbe essere un primo passo, dunque, verso la «disarticolazione» di M5S, strategia che sono in molti ad aver vagheggiato o pronosticato dentro e fuori il Pd (a cominciare dal primo candidato, Zingaretti). Ecco perciò profilarsi una saldatura con il Pd stordito di questi tempi. Messa in campo dall' ex leader del politically correct, Gianni Cuperlo: «Disobbedire a una legge che nega diritti e dignità alle persone è una scelta di civiltà. L' opposizione alla destra si fa anche così. È giusto stare con i sindaci di frontiera». Il suo ex compagno di staff dalemiano, Matteo Orfini, ne fa un punto programmatico: «Il Pd sostiene la battaglia dei sindaci...».
nicola zingaretti saluta il popolo di piazza grande
Stessa barricata anche per Martina, per il sindaco bergamasco Gori, l' ormai descamiciado Fiano e persino l' ex premier Letta. Personalità più moderate, come il sindaco di Milano, Beppe Sala, chiedono intanto di rivedere il decreto, ma evitano di esprimersi sulla disobbedienza civile. Un ritorno al passato di lotta, dunque; non di due anni, ma di cento.
2 – IL TORMENTO TRA I 5 STELLE NOGARIN: NON È UNA BUONA LEGGE
Marco Gasperetti per il “Corriere della Sera”
FILIPPO NOGARIN SINDACO DI LIVORNO
Non disubbidiranno (almeno per ora) ma anche i sindaci pentastellati questo decreto sulla sicurezza non riescono a digerirlo. Così se Filippo Nogarin, sindaco di Livorno e vice presidente dell' Anci, decide di mettere nero su bianco il suo dissenso contro il Salvini-pensiero, anche Francesco De Pasquale, primo cittadino di Carrara, confessa gravi turbamenti dopo aver letto le nuove normative sugli immigrati. E così fanno anche i sindaci di Pomezia, Andrea Zuccalà e di Ardea (città metropolitana di Roma) Mario Savarese. Insomma, una bocciatura politica netta e un «fuoco amico» che colpisce la Lega e il suo leader che quel decreto hanno voluto fortissimamente.
Il più critico di tutti è Nogarin.
Gli amici di movimento a microfoni spenti sostengono che quando ha letto il decreto sicurezza abbia avuto un sussulto e abbia ribadito, come aveva già fatto in passato, che lui gli immigrati lì aiuterà sempre e il porto della sua città resterà aperto. E forse non è un caso che ieri la Ong Sea Watch lo abbia ringraziato pubblicamente insieme agli «avversari» Leoluca Orlando, Luigi De Magistris per il suo sì ad accettare la loro nave salva-disperati.
LEOLUCA ORLANDO
Ieri Nogarin ha preso carta e penna: ha bocciato il decreto e ha aggiunto che lo rispetterà perché costretto dal ruolo istituzionale e soprattutto per difendere i suoi dirigenti. «Il decreto sicurezza è tutt' altro che una buona legge - scrive -. Ci sono aspetti che non mi convincono da un punto di vista politico ed etico e altri che ritengo difficilmente applicabili». Nonostante il dissenso il decreto però diventerà legge anche a Livorno: «Come rappresentante di un' istituzione è mio dovere applicarlo». E soprattutto «non chiederò ai miei dirigenti di ignorare il decreto per non esporli a contestazioni da parte della magistratura», spiega Nogarin.
salvini decreto sicurezza
E gli immigrati? «Non li abbandoneremo su una strada - assicura - e garantiremo loro un' assistenza minima, al pari delle persone che vivono in condizione di difficoltà sul nostro territorio».
Molto preoccupato anche il sindaco di Carrara, Francesco De Pasquale alla guida di un monocolore pentastellato. «Rischiamo di trovarci con un gruppo di immigrati, ex richiedenti asilo, a spasso senza alcuna tutela e sostegno - spiega -. Non è un numero alto, per fortuna, ma la mia città ha già problemi di degrado sociale non può sopportarne altri». Applicherà il decreto? «No comment», risponde il sindaco.
Mario Savarese, primo cittadino di Ardea (Roma), è invece convinto che la legge debba essere applicata comunque. «Come sindaco non posso fare altrimenti - spiega - ma il mio giudizio sul decreto sicurezza non è positivo. La sensazione è che non risolva i problemi e mi aspetto che si pensi a interventi preventivi e non repressivi».
salvini decreto sicurezza 1
3 – «NON VIGE PIÙ LO STATUTO ALBERTINO, IL COLLE FIRMA ANCHE SE NON CONDIVIDE»
Mario Ajello per “il Messaggero”
«Viene tirato in ballo da destra e da sinistra. Ma bisognerebbe smetterla di coinvolgere il presidente Mattarella in questioni tutte di scontro politico, che esulano dal suo potere di firma delle leggi, da quella finanziaria a quella sulla sicurezza». E' molto netto l' ex presidente della Consulta, Cesare Mirabelli, nello stigmatizzare quanto sta avvenendo intorno al decreto Salvini.
leoluca orlando
Presidente, firmare una legge da parte del Capo dello Stato significa condividere quella legge?
«Il Presidente ha la funzione di promulgare una legge approvate dal Parlamento, ma non concorre con la sua volontà alla formulazione della legge. E non è detto che la condivida. Ha il potere di rinviare la legge alle Camere, con un messaggio motivato, ma questo non a suo arbitrio.
Lo può fare se la legge presenta vizi di costituzionalità così palesi che consentano il rinvio al Parlamento per un nuovo esame».
Chi difende la legge invoca il nome di Mattarella come garanzia e chi la osteggia si appella a lui. Si fa così?
CESARE MIRABELLI
«Sono atteggiamenti assolutamente sbagliati. Riguardano la lotta tra partiti a cui la figura del presidente è estranea e ne va rispettato il ruolo. La firma del presidente non può essere garanzia di costituzionalità di una legge. Se così fosse, non ci sarebbero i giudizi della Consulta, per affermare la legittimità costituzionale di una legge. Mi sembra che chi sta coinvolgendo Mattarella stia cercando in lui una sorta di giudizio esterno al Parlamento, che è un modo per non rispettare né il Presidente né il Parlamento».
Deve accantonare le sue idee il Presidente quando firma?
«Promulga anche leggi che sono in contrasto con la sua valutazione politica. C' è un' espressione significativa che riassume bene la funzione del Capo dello Stato: quando parla il Parlamento, il Presidente tace. Significa che non interviene a sostegno dell' una o dell' altra scelta politica».
Questo equilibrio Mattarella lo sta osservando?
«Nel modo più assoluto. E ciò non significa che il Presidente non possa esercitare una persuasione morale. Lo ha fatto per esempio invitando il Parlamento a trovare spazi di discussione adeguati per la legge di bilancio».
sergio mattarella
Si vorrebbe fare di Mattarella un monarca? Lo Statuto Albertino prevedeva il potere del sovrano di fermare le leggi e, nell' articolo 3, si legge che «il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal re e dalle due Camere».
«Sì, il monarca concorreva formalmente alla formazione delle leggi. Come residuo del suo antico potere. Quelli erano però altri tempi e c' era un altro sistema. La Costituzione repubblicana questo non lo prevede affatto. Il Parlamento è il titolare del potere legislativo. Certamente il Presidente potrebbe non promulgare una legge che sia liberticida. Cioè che sopprima le garanzie costituzionali, o che abolisca la Consulta, o che abolisca le elezioni e che sia sostanzialmente un atto rivoluzionario.
sergio mattarella 1
Ma questi sono casi puramente di scuola. Il Presidente, se vogliamo tornare al paragone con lo Statuto Albertino, non è un monarca costituzionale e i suoi poteri non sono sostitutivi o integrativi del Parlamento».
La Costituzione addirittura obbliga, entro certi parametri, il Presidente a firmare le leggi e però ci sono sindaci che - nel caso del decreto sicurezza - in barba alla Costituzione non applicano la legge?
«La normale fisiologia del sistema vorrebbe che il Presidente promulghi la legge, come Mattarella ha fatto, e che i sindaci la rispettino, come invece non parrebbe che sia. Il principio generale è che la pubblica amministrazione non può disapplicare la legge ma non la può disapplicare neanche il giudice la legge ritenuta incostituzionale. I dubbi di costituzionalità li deve risolvere solamente la Consulta».