Giuseppe Salvaggiulo per “la Stampa”
RENZI PISAPIA
Pisapia ha minimizzato: «è stato un incidente di percorso», che cosa volete che sia la prima delibera di giunta bocciata dal Consiglio comunale in cinque anni? Invece non è routine. Mercoledì il Consiglio comunale di Milano ha cancellato la più importante operazione urbanistica dell' era Pisapia, la riqualificazione immobiliare di otto scali ferroviari dismessi: 1,3 milioni di metri quadrati (un' area più grande di quella di Expo), 845 mila metri cubi di costruzioni (8-9 volte il Pirellone), 20.000 nuovi abitanti e almeno 2.000 addetti ad attività artigianali o terziarie. È stato un voto politico contro il sindaco, nonché la cartina di tornasole di una crisi politica a sinistra che si proietta sulle elezioni del prossimo anno.
BALZANI
Assieme alle caserme dismesse, gli ex scali ferroviari sono gli ultimi spazi rimasti vuoti nel cuore delle aree metropolitane. Le Ferrovie - sebbene si tratti di un' azienda pubblica e sussidiata dallo Stato - cercano di valorizzarle negoziando come un' azienda privata con il Comune diritti edificatori da vendere sul mercato a 800 milioni di euro. A Milano se ne discute da decenni. Il centrodestra non era mai riuscito a chiudere la partita, privilegiandone altre (Porta Nuova, Citylife, Porta Vittoria). Pisapia l' ha ereditata, rinegoziando l' accordo con le Ferrovie: meno cemento, più aree verdi ed edilizia sociale.
Non ha cambiato la filosofia dell' intervento, ma ne ha ridotto l' impatto (di qui apprezzamenti e critiche, distribuiti anche tra gli esperti). Ma soprattutto ha accelerato la pratica, stralciandola dal piano regolatore generale e interpellando il Consiglio comunale solo per la ratifica finale.
PISAPIA SALA BALZANI
Che però coincide con il caos politico nel centrosinistra, generato in gran parte dallo stesso Pisapia: l'unilaterale e anticipato annuncio di non ricandidatura, il cannoneggiamento sul poco arancione Sala (osannato fino a un attimo prima come plenipotenziario di Expo), quindi la trattativa con Renzi, il lancio della vice Balzani contro Sala, gli appelli al «centrosinistra unito»... Un valzer che ha prima destabilizzato, poi deluso, infine irritato tutto il mondo - partitico e non - che aveva sostenuto la «rivoluzione arancione» del 2011.
RENZI SALA
Da quando Pisapia s' è messo a giocare un ruolo politico tra Palazzo Marino e Palazzo Chigi, la sua coalizione è balcanizzata. In giunta siamo al tutti contro tutti: due assessori in guerra nelle primarie, altri cinque che sostengono Sala contro di loro. E il sindaco schierato ma non troppo con la vice Balzani, una genovese rigorosa e capace, ma pressoché sconosciuta fuori dal circuito degli addetti ai lavori.
Era prevedibile che le tensioni si scaricassero sul principale provvedimento elaborato dalla giunta «in limine mortis». E inevitabile che la fucilata arrivasse dalle schegge meno irregimentate della coalizione: il presidente del Consiglio Rizzo (nel 2011 uno degli sponsor migliori di Pisapia), il radicale Cappato, la comunista Sonego, il socialista Biscardini, il dipietrista Grassi.
CIRINO POMICINO
Al momento del voto erano assenti il sindaco (che poi ha commentato a margine della presentazione del libro di Cirino Pomicino), il vicesindaco Balzani e l' assessore all' urbanistica Balducci (in Cina). Tre consiglieri del Pd non erano casualmente in aula, quelli del centrodestra compatti hanno votato contro (in Regione erano tutti a favore: è la politica).
Che aria fosse cambiata s' era capito una settimana fa, quando era mancato il numero legale. Un avvertimento sottovalutato. Un tempo la forzatura di Pisapia avrebbe pagato grazie al suo prestigio e alla compattezza del centrosinistra (mai vista tanta disciplina in un Consiglio comunale come in questi anni a Milano). Ora no. La sinistra che non sta più al gioco del sindaco lo colpisce con le sue ultime armi.