Laura Cesaretti per ''il Giornale''
RENZI E ORLANDO
La formula chiave per capire cosa si muove dietro la felpata - ma ormai chiara - discesa in campo di Andrea Orlando come anti-Renzi nel Pd è: «Bad Godesberg».
Una citazione che capiranno in pochi, e tutti sopra i sessanta, ma che è un omaggio implicito al proprio nume tutelare, Giorgio Napolitano, il migliorista che nel Pci berlingueriano predicava il dialogo con le socialdemocrazie europee per rompere il cordone ombelicale col comunismo reale d' oltrecortina.
Pochi giorni fa, Orlando smentiva furiosamente le manovre attribuite a lui e Dario Franceschini per sterilizzare e defenestrare Matteo Renzi, nonché l' investitura solenne ricevuta (per il tramite del mitico tesoriere Ds Ugo Sposetti) da Napolitano, e il conferimento al giovane Guardasigillli - come rivelato da Repubblica - del patrimonio ex Pci.
ANDREA ORLANDO MATTEO RENZI
Lo stesso patrimonio che, raccontano fonti attendibili, Massimo D' Alema aveva chiesto a Sposetti di mettere a disposizione del suo progetto di rifondazione comunista, la grande formazione della sinistra che l' ex premier con i baffi vorrebbe mettere in piedi con i combattenti e reduci del No.
Ricevendo però un secco diniego: «Chi progetta scissioni non mi venga a cercare», è la replica secca di Sposetti.
Giovedì, però, Andrea Orlando ha cambiato idea ed è sceso in pista: mentre i renziani chiedevano a gran voce il congresso del Pd «subito», lui ha spiegato che «ci vuole tempo», e ha di fatto messo sul piatto la propria candidatura a segretario: prima del congresso, ha spiegato, «occorre un momento di approfondimento e di riflessione: una Bad Godesberg del Pd, per costruire un nuovo Pd per una nuova fase. Questa la mia proposta: è un' operazione di grande ambizione, politica e culturale».
ugo sposetti
Perché questa svolta? Perchè un pezzo di Pd, che formalmente fa parte della maggioranza renziana, guarda con preoccupazione l' accelerazione del segretario, che nella Direzione di lunedì vuole di fatto aprire la fase congressuale del Pd, anche a costo di dimettersi subito. Una preoccupazione, raccontano, nutrita anche dallo stesso Napolitano, che da tempo non lesina critiche all' ex premier sulla cui energia riformatrice aveva pure investito.
renzi e napolitano
L' ex presidente ha alzato la voce, pochi giorni fa, contro le elezioni anticipate invocate da Renzi, ma teme anche la «lacerazione» che una fase congressuale con Renzi protagonista provocherebbe nel Pd: un congresso nei prossimi mesi, con avversari del calibro di Rossi o Speranza, o magari Emiliano, sarebbe facilmente vinto dal segretario uscente.
E la minoranza bersaniana sceglierebbe probabilmente la strada della scissione. Dunque, occorre lavorare alla costruzione di una leadership alternativa e «inclusiva», capace di tenere nel Pd quella componente post Ds che non si rassegnerà mai ad essere governata da chi non esce dai sacri lombi del Pci.
RENZI FRANCESCHINI
Orlando appare come il candidato ideale: ministro di Renzi, schierato per il Sì, avrebbe dalla sua gran parte della maggioranza grazie a Franceschini, ma verrebbe votato anche da Bersani e compagni. Ma per portare a termine l' operazione occorre tempo: tempo per logorare a fondo la leadership di Renzi, per trascinare il congresso a dopo le amministrative di primavera, imputare al segretario la probabile sconfitta in qualche città (Genova appare ad alto rischio) e giubilarlo così. L' uscita anticipata di Orlando serve ad avvertire Renzi: se forzi sul congresso, rischi di perdere subito la maggioranza.