Fabio Tonacci per “la Repubblica”
MARCO DONATI ROBERTO ROSSI MARIA ELENA BOSCHI AREZZO
Il procuratore capo di Arezzo Roberto Rossi sta proteggendo Pier Luigi Boschi? Lo sta perseguitando? O, terza ipotesi, sta solo facendo il suo lavoro? Nel corto circuito mediatico che ha investito il caso Banca Etruria, per cui l’indagine in corso viene tirata da una parte o dall’altra a seconda degli interessi, è bene aggrapparsi ai fatti, così come sono avvenuti. Rossi comincia a indagare sulla Popolare aretina nel gennaio 2014, ipotizzando il reato di ostacolo alla vigilanza.
Da allora ha aperto altri tre fascicoli: false fatturazioni, conflitti di interesse nell’assegnazione dei fidi e truffa. Adesso è finito sotto osservazione da parte del Csm che sta valutando se ci siano le condizioni per un procedimento disciplinare. Il punto da chiarire è se Rossi sia compatibile, o meno, con l’inchiesta sull’Etruria, dato che all’interno del cda c’è stato dal 2011 al 2015 il padre del ministro delle Riforme.
roberto rossi marco donati del pd
La questione, in definitiva, si riduce a questo: Rossi conosce personalmente Boschi? Il suo lavoro può subire condizionamenti? Il 28 dicembre il procuratore è stato convocato dal Csm per fornire spiegazioni sulla consulenza che ha dal novembre 2013 con il Dipartimento affari giuridici e legali di Palazzo Chigi. In quell’occasione, come è riportato nel verbale secretato, il consigliere Ardituro gli chiede se ha rapporti con la famiglia Boschi. «Non conosco nessuno di quella famiglia – risponde Rossi – il signor Boschi, i fratelli, i figli... Ho conosciuto l’attuale ministro in un’occasione pubblica quando era parlamentare, ma non frequento nessun politico ».
maria elena boschi roberto rossi ad arezzo nell ottobre 2015
Il consigliere Zanettin lo incalza, chiedendogli conto di un altro incontro con il ministro Boschi, durante un convegno sulla legalità il 31 ottobre 2015. «L’ha organizzato il prefetto. Sono stato invitato a fare una relazione sulla legalità. C’era il ministro Boschi e il procuratore Creazzo, capo della Distrettuale Antimafia». Il presidente di commissione Balduzzi gli domanda allora se non ritenesse inopportuno parteciparvi, vista la presenza del ministro e l’esistenza allo stesso tempo dell’inchiesta sulla banca dove Boschi senior (non indagato) era stato vicepresidente.
ROBERTO ROSSI
Risposta: «So bene che il problema sono i rapporti personali, perché possono causare incompatibilità. Non ho pensato che potesse compromettermi, perché era un incontro istituzionale e poteva essere scortese sottrarsi. Siccome è il babbo del ministro allora evito di andare a un incontro pubblico? Mi pareva eccessivo».
Questa parte dell’audizione è diventata oggetto di un ulteriore accertamento da parte del Csm, dopo che “Panorama” ha svelato l’esistenza di un’indagine di Rossi sulla compravendita della “Fattoria La Dorna” in cui era coinvolto Pier Luigi Boschi e finita con un’archiviazione nel 2014. Quindi il procuratore ha mentito quando ha detto di non conoscerlo? In realtà, nessuno dei consiglieri durante l’audizione gli ha chiesto esplicitamente se avesse mai indagato su Boschi in passato, né tale domanda era rilevante ai fini della incompatibilità.
pier luigi boschi
D’altra parte, però, Rossi non ha menzionato quell’indagine, e poteva farlo visto che non era più coperta dal segreto istruttorio. Alcune ricostruzioni giornalistiche collegano poi la richiesta di archiviazione firmata da Rossi con l’inizio della consulenza con Palazzo Chigi e la crescita di peso politico di Maria Elena Boschi. Sostenerlo pare quantomeno avventato, perché nel periodo in cui Rossi ottiene la consulenza (novembre 2013) apre un altro procedimento contro Boschi senior per dichiarazione infedele.
Filone che si chiuderà ad aprile 2014, quando l’Agenzia delle Entrate fa pagare a Boschi “i maggiori imponibili in capo alla Fattoria di Dorna”: 38.576 euro di Irpef e 814 euro di addizionale regionale.