Maria Rosa Tomasello per “la Stampa”
IL POLITOLOGO MAURO CALISE
«Di Maio se ne va male. Mi sarei aspettato un atto di coraggio per salvare il salvabile: l'annuncio della riforma sul limite di eleggibilità a due mandati, vera bomba a orologeria del movimento. La svolta è rompere il tabù che si possa governare il Paese non solo non avendo competenze, ma facendolo in fretta e furia per poi tornare a fare il ferroviere o il disoccupato. Se non cambiano questo, possono arrivare tutti i facilitatori del mondo, ma si scanneranno tra di loro e non cresceranno». Mauro Calise, sociologo e politologo, docente di Scienza politica all' Università Federico II di Napoli, definisce l' ormai ex leader dei Cinquestelle «un caso lampante di inesperienza».
luigi di maio annuncia le dimissioni da capo politico dei cinque stelle 1
Erano dimissioni inevitabili?
«Ha fatto meglio di come ci si potesse aspettare. Conte si è rivelato un' ottima scelta. Ma ha assunto su di sé un carico di responsabilità che nemmeno Sisifo avrebbe sopportato. Fare il capo politico di un movimento che non ha struttura ma solo un server e al tempo stesso essere vice premier e ministro era tecnicamente impossibile.
Non ha capito che era come avere tre Ferrari sotto i pedali. Carisma non ne aveva, ma non per colpa. Era un neofita di 32 anni. Nemmeno Renzi ce l' ha fatta: ha scelto il governo ed è rimasto vittima di congiure interne. In più si è trovato davanti Salvini, un bulldozer. Lì è successa un' altra cosa, che non ascriverei a un suo errore ma alla rapidissima evoluzione del rapporto tra digitale e politica».
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Cosa intende?
«Avevano una macchina "cybercratica" che si è rivelata inadeguata quando sono arrivati al governo dove si sono ritrovati a fronteggiare Salvini, che con la Bestia è entrato nei social con una gestione completamente diversa della rete. Rousseau non funzionava più, la macchina gli è diventata obsoleta tra le mani».
Quali conseguenze ci saranno per il governo?
«Per ora non ne vedo. Ma è chiaro che Di Maio si è sfilato un attimo prima del voto in Emilia-Romagna dove, se dovesse andare male, sarebbe stato chiamato in causa».
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Avrà un futuro politico?
«Se ne va parlando di traditori: il sospetto andreottiano è che stia pensando che la situazione si ingarbuglierà ancora di più e lui potrà tornare più avanti. Resterà a galla, ma deve farsi passare un po' di livore e ricavarsi un ruolo in questa fase construens».
Il partito intanto è crollato...
«I consensi sono ancora tanti. In un Paese del proporzionale il 13-14% non è poco. Ma devono organizzarlo bene. Di Maio non ha sfiorato il tema dell' organizzazione, non ha avuto tempo: ha fatto un po' di diktat alla Grillo mentre andava dietro a Salvini, al ministero, ma non ha funzionato».
luigi di maio vito crimi
Grillo non s'è sentito...
«Se Di Maio se n' è andato è perché Grillo l' ha voluto. È l' ultimo atto della rottura del rapporto fiduciario tra di loro».