rutelli soft power club

IL POTERE MORBIDO CI SALVERÀ? - RUTELLI RADUNA A VENEZIA IL ''SOFT POWER CLUB'', UN DIALOGO TRA NAZIONI E CITTADINI PER TROVARE SOLUZIONI A PROBLEMI CHE NON POSSONO ESSERE RISOLTI A LIVELLO STATALE, DALLE PANDEMIE AL CAMBIAMENTO CLIMATICO. MATTARELLA APRE I LAVORI, INTERVERRANNO FRANCESCHINI, PATUANELLI, GENTILONI, SASSOLI - L'IDEATORE DEL ''SOFT POWER'' JOSEPH NYE: ''NELL'ERA DIGITALE NON È IMPORTANTE QUALE ESERCITO VINCE, MA QUALE STORIA VINCE''

 

1. STOP AGLI EGOISMI TRA STATI. RUTELLI E LA RICETTA DEL SOFT POWER

Paolo Conti per il ''Corriere della Sera''

 

«In un momento in cui prevale il pessimismo e si reagisce con il "ciascuno contro tutti" affrontando problemi collettivi planetari, dal Covid al cambiamento climatico, è essenziale favorire un confronto costruttivo, uno scambio di idee e di esperienze, tra diversi protagonisti di diversi campi che oggi faticano a trovare un' arena di dialogo». Francesco Rutelli darà il via oggi pomeriggio a Venezia, nella Sala degli Arazzi della prestigiosa e storica Fondazione Giorgio Cini, alla prima Soft power conference che durerà fino a domani, martedì 1 settembre.

SOFT POWER CLUB VENEZIA

 

Spiega Rutelli, fondatore del Soft power club: «Il concetto di soft power risale a trent' anni fa, quando Joseph R. Nye, in una stagione "unipolare" dominata dagli Usa, propose il valore di un equilibrio basato anche sulla reciproca comprensione tra nazioni, sul dialogo centrato sul pluralismo e sulla diversità delle culture, della stessa capacità di fare impresa. Oggi tutto è cambiato ma l' interdipendenza globale appare ancora più forte: per contribuire a evitare che l' egoismo e le polarizzazioni radicali portino a nuovi conflitti, proveremo a rilanciare uno spazio di incontro, ricordando a tutti quanto sia vitale il responsabile uso della Rete e dei social media. In questo, le nuove generazioni giocheranno un ruolo essenziale».

 

Tre le tavole tematiche organizzate tra oggi e domani: il cambiamento climatico, il livello del mare che sale, possibili soluzioni, il ruolo dell' Europa; le industrie della moda e il loro contributo a uno sviluppo sostenibile; lo scenario del post-Covid, il ruolo delle organizzazioni internazionali, l' importanza di un approccio legato al soft power , la prospettiva di abbattere le diseguaglianze.

 

SOFT POWER CLUB VENEZIA

In apertura, oggi alle 16, verrà letto il messaggio del capo dello Stato Sergio Mattarella. Domattina la sede sarà quella della Fondazione Prada, che sostiene il Club, a Ca' Corner della Regina (col saluto del presidente Prada, Carlo Mazzi). Chiusura pomeridiana, di nuovo alla Fondazione Cini, con il benvenuto del suo presidente Giovanni Bazoli.

 

Tra i tanti relatori dei tre tavoli (domani parleranno Dario Franceschini, ministro per i Beni culturali, e Roberto Cicutto, presidente della Biennale di Venezia) sono previsti Antonio Navarra, presidente Cmcc (Euro-mediterranean center on climate change), Erasmo D' Angelis, segretario generale dell' autorità di bacino distrettuale dell' Appennino centrale, Stefano Patuanelli, ministro per lo Sviluppo economico, Ana Luiza M. Thompson-Flores, direttore dell' ufficio regionale Unesco per la scienza e la cultura in Europa.

GENTILONI FRANCESCHINI

 

In calendario anche il video messaggio di Paolo Gentiloni, commissario dell' Unione Europea per l' Economia e l' intervento da Bruxelles di Davide Sassoli, presidente del Parlamento di Strasburgo.

 

 

2. PERCHÉ IL SOFT POWER CI SALVERÀ

Mario Platero per ''la Repubblica''

 

A suo modo Joseph Nye ha fatto storia. È stato lui, scienziato politico a Harvard, a introdurre il termine "soft power" e a risolvere un'apparente contraddizione che si accompagnava a certe azioni americane: se un'amministrazione era invisa all'opinione pubblica internazionale - pensiamo alla amministrazione Nixon durante la guerra in Vietnam - l'America e i suoi valori di allora, pacifismo, Hollywood, musica, jeans etc. - continuavano ad essere un punto di riferimento ideale nell'immaginazione di buona parte dell'opinione pubblica collettiva. 

 

È a partire dal 1989, lavorando alle sue teorie, che Nye raccoglie sotto l'ombrello del "soft power" quelle espressioni della società civile che portano lustro all'immagine di un paese, qualunque sia l'operato del suo governo. Questo vale per gli Usa durante il Vietnam, ma vale per tutti, un modello quello del soft power quanto mai attuale nell'epoca di Trump, dei nazionalismi, delle chiusure, delle fake news, delle manipolazioni digitali.

francesco rutelli foto di bacco

 

Anche per questo, oggi e domani a Venezia, un gruppo internazionale guidato da Francesco Rutelli darà vita al Soft Power Club, una nuova associazione internazionale che rilancerà il pensiero di Nye.

 

L'iniziativa ha ricevuto l'adesione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella - che aprirà i lavori - e di personalità internazionali della cultura come John Browne, del Courtauld Institute of Art a Londra, del mondo universitario come Yuan Ding, preside della China Europe Business School a Shanghai, imprenditoriale come Philippe Donnet di Generali o Carlo Mazzi di Prada e delle istituzioni internazionali, come Webber Ndoro, dell'Agenzia mondiale per la Conservazione dei monumenti o Charles Rivkin, della Motion Picture Association.

 

Oggi Nye si occupa di questioni morali. Il suo ultimo libro, uscito qualche mese fa, Do Morals Matter? Presidents and Foreign Policy from FDR to Trump (Oxford University Press) affronta un tema parallelo a quello del soft power: quanto è stata ed è importante la moralità sottostante alle decisioni estere di un Presidente americano.

 

Perché questo libro oggi?

JOSEPH NYE

"Perché affronta un tema chiave di cui si è scritto poco. Quando raccontavo a una cena che scrivevo questo libro sulla moralità dei Presidenti nel prendere decisioni di politica estera, uno degli ospiti mi ha detto: "Sarà cortissimo!". Un altro ha detto più seriamente "non credo che l'etica abbia mai giocato un ruolo". Invece l'etica o la sua mancanza restano centrali, da sempre. I realisti si rifanno a Tucidide, Machiavelli a Hobbes, sostengono che in un modo anarchico la politica estera deve essere amorale. Il liberalismo europeo, nella tradizione illuminista kantiana, afferma che certi valori sono universali e devono essere applicati anche alla politica estera".

 

Ha usato un metodo per studiare i quozienti di moralità dei presidenti?

"Sì. Ho identificato tre variabili: 1)motivazioni e obiettivi 2) mezzi per raggiungerli 3) conseguenze dell'azione. E ho formulato una graduatoria: il top sono Roosevelt, Truman, Eisenhower e il primo Bush. I peggiori sono Johnson, Nixon, il secondo Bush e Trump. In mezzo abbiamo gli altri, da Kennedy e Reagan fino a Clinton e Obama. Di sicuro Trump è stato uno dei peggiori perché al di là del suo modus operandi, sta minando alla base quell'ordine multilaterale a cui hanno aderito tutti gli altri presidenti sia democratici che repubblicani". 

 

Un esempio?

"Trump vuole abbandonare l'Organizzazione Mondiale della Sanità nel mezzo della pandemia più grave nella storia americana recente. Sarebbe sbagliato sia sul piano pratico sia su quello morale. Capisco le preoccupazioni per l'influenza di Pechino sull'etiope Tedros Adhanom, il capo dell'Oms, ma le battaglie si fanno dall'interno non dall'esterno. Nell'Oms ci sono funzionari bravissimi, sosteniamoli.

 

Oggi semmai abbiamo bisogno di più multilateralismo, non di meno. Per fortuna gli europei resistono: l'esperimento dell'Unione Europea è un successo multilaterale e c'è una profonda adesione al multilateralismo globale. In Italia mi preoccupano Salvini e le derive nazionaliste, mi rassicura che gli italiani in genere siano favorevoli all'Europa o che a Venezia, simbolo dell'universalismo, ci sia un'iniziativa come quella lanciata da Rutelli sul soft power". 

 

Funziona il soft power per l'Italia?

JOSEPH NYE

"Certo, la confusione politica, i continui cambiamenti di governo, le instabilità finanziarie non esprimono un modello attraente all'estero. Al contrario, valori italiani come la cultura, la creatività del design e della moda, le tradizioni gastronomiche, la bellezza del paesaggio, la simpatia, rendono l'Italia uno dei paesi più amati al mondo".

 

Cosa vuol dire soft power nell'era digitale?

"Nell'era digitale non è importante quale esercito vince, ma quale storia vince. Abbiamo visto che cosa ha fatto la Russia cercando di manipolare le elezioni americane e assistiamo alla battaglia fra Cina e Stati Uniti per emergere come il "campione" nella lotta contro il coronavirus. Con la loro diplomazia della mascherina in volto, i cinesi stanno recuperando terreno dopo aver fallito nella fase iniziale: la segretezza e la censura cinese hanno causato la diffusione del virus per due mesi. Il fallimento iniziale cinese è stato superato soltanto da quello di Trump che ha incoraggiava via twitter a non mettere le mascherine e prometteva messe aperte per Pasqua. Vedremo chi vincerà la battaglia sul vaccino".  

 

Non c'è forse una discriminazione quando l'America boicotta Huawei?

"Huawei ha costruito un suo vantaggio appropriandosi di tecnologia anche americana, penso a Lucent Technology, poi hanno fatto molto bene. Resta una domanda di fondo: lasciamo il controllo delle comunicazioni digitali avanzate a Huawei, che alla fine risponde al Partito Comunista Cinese? La risposta è no, per una questione di sicurezza, non di discriminazione. Prendiamo Google o Facebook, perché Pechino non gli consente di operare apertamente? Perché c'è un problema di sicurezza cinese. È anche su questi temi che si combatte la battaglia per l'informazione nell'era digitale".

 

C'è un soft power positivo nella Cina comunista? Cosa consiglierebbe di cambiare?

donald trump xi jinping

"Di buono c'è la cultura tradizionale cinese. Affascina e conquista. C'è lo straordinario successo economico e il fatto di aver tirato fuori dalla povertà centinaia di milioni di persone. Generalmente la Cina si danneggia più di quel possa pensare nel reprimere le libertà individuali, il vero motore del soft power. È dalla società civile non da governi autoritari che possono nascere energie positive come è successo in America durante il Vietnam".

 

In che modo?

" Quando si scriveva Nixon con la svastica, le piazze americane non si schieravano col comunismo, ma cantavano spontaneamente l'inno pacifista "We Shall Overcome", attorno al quale si raccolsero moltitudini di giovani e meno giovani in tutto il mondo".

 

E oggi cosa dovrebbe fare l'America?

"Vede non è sbagliato che Trump dica "America First", il problema è come lo dice, esclude l'interesse degli altri. Essere inclusivi è una prerogativa del soft power, nel 1945 il Marshall Plan era nell'interesse degli altri oltre che dell'America. Questo atteggiamento fa parte della storia e dei valori americani. Se Trump vincerà a Novembre avremo un altro indebolimento di tradizioni che risalgono ai padri fondatori, passano per l'eccezionalismo wilsoniano per arrivare alla costruzione dell'impianto multilaterale e bipartisan del secondo dopoguerra. Gli americani dovranno riflettere molto al momento del voto. Se vincerà Biden avremo forse una linea dura su alcuni fronti, penso al commercio con la Cina, ma si tornerà all'apertura e al multilateralismo".