1 - PING PONG TRA ESTERI E GIUSTIZIA
Giacomo Galeazzi per “la Stampa”
nuzzi fittipaldi chaouqui
Vatileaks 2 in bilico tra Italia e Santa Sede. «Ho mandato un messaggio a Matteo Renzi e non ho ricevuto risposta: silenzio sorprendente del governo sul processo a due giornalisti italiani in uno stato straniero», afferma Gianluigi Nuzzi, da lunedì alla sbarra in Curia col collega Emiliano Fittipaldi per i documenti segreti rubati in Vaticano e pubblicati nei loro libri. «Se fossimo accusati dello stesso reato in Corea del Nord, i nostri politici avrebbero criticato quel governo- aggiunge Nuzzi-. Invece sul Vaticano, che è molto più vicino e col quale abbiamo un rapporto storico, c' è un silenzio pneumatico.Situazione surreale».
L' ATTESA DEI DICASTERI
nuzzi e fittipaldi sul banco degli imputati in vaticano accanto a francesca chaouqui e vallejo balda
Nei ministeri competenti si attende di avviare il percorso legale. Ma sia alla Farnesina sia al dicastero della Giustizia si rimpallano le responsabilità. Non è «nostra competenza» spiegano a largo Arenula, mentre agli Esteri precisano che le «eventuali rogatorie competono proprio a loro». Comunque sia concludono dai ministeri: gli avvocati dei giornalisti non hanno sollecitato alcun interessamento presso le autorità italiane. «L' ambasciata presso la Santa Sede non ha trasmesso richiesta».
il processo vatileaks nuzzi fittipaldi chaouqui
Una spiegazione che non convince Fittipaldi: «Dietro il formalismo della burocrazia nascondono la volontà di tenersene fuori». I legali estromessi dal processo si appellano all' Unione delle camere penali. «Dopo i documenti rubati a Ratzinger, Francesco ha inasprito le pene ai corvi», spiega Francesco D'Agostino, presidente dei giuristi cattolici italiani (Ugci): «In Vaticano vige il vecchio codice penale italiano: e questo reato è un delitto contro la sicurezza dello Stato».
Per applicare la legge agli italiani serve comunque una rogatoria internazionale. «Non si processa la libertà di informare i cittadini ed è improbabile che pene così gravi siano applicate e realmente scontate». Se i documenti riguardano gli interessi fondamentali si applica la reclusione da 4 a 8 anni.
gianluigi nuzzi e emiliano fittipaldi
«Troppi. Scenario impensabile in Italia e inattuabile». Intanto un terzo giornalista viene tirato in ballo. E' Paolo Mondani, di Report. «Nelle mille pagine del fascicolo c' è scritto che monsignor Vallejo Balda ha ammesso di aver incontrato, oltre a Fittipaldi e a Nuzzi, anche me. Confermo di averlo incontrato. Per lavoro ho avuto diverse fonti», commenta Mondani. Dal decreto di citazione a giudizio emerge che gli arresti dei corvi sono stati autorizzati personalmente dal Papa. In una conversazione agli atti l' ex consulente Francesca Chaouqui sembra intimidire Vallejo Balda: «Se continui a fare di testa tua con noi hai chiuso, sono stanca di farti da badante». Poi « l' autista serve perché gli altri vedano che sei protetto, se fai casino con la tua sicurezza e la tua protezione hai chiuso».
INTIMIDAZIONI AL PRELATO
Erano così vicini che dopo averla conosciuta il prelato cambiò taglio dei capelli e cominciò a fasi lampade abbronzanti. Dalle carte emerge, infatti, un rapporto prima solidissimo poi degradatosi nel tempo, fino a evidenti intimidazioni da parte della pr.
gianluigi nuzzi
«Te lo dico per l' ultima volta, dopo lo dico al mio capo - avverte Chaouqui-. Tu non devi frequentare il centro e le periferie o fare pranzi di lavoro o andare in giro senza essere accompagnato. Se tu vai al centro così fai minchiate, se continui così fai casini e io non voglio gestire più altri casini». E in un' altra conversazione lo mette in guardia: «Io ti conosco. So bene quando vuoi mettere distanze. Ora vuoi metter distanza perché qualcosa ti fa male o ti dà fastidio».
2 - MA INTANTO IL PAPA MANDA A PROCESSO LA LIBERTA’ DI STAMPA
Antonio Socci per “Libero Quotidiano”
gianluigi nuzzi e emiliano fittipaldi francesca chaouqui
Il processo iniziato in Vaticano contro i giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, a quanto pare, lascia indifferenti i (solitamente fervorosi) paladini della libertà di stampa, i cantori dello stato di diritto e soprattutto i tanti vati della laicità. Intellettuali, giornalisti e politici appaiono perlopiù distratti e muti: niente obiezioni, tanto meno appelli e proteste. Evidentemente trovano che sia tutto normale. Ma siamo proprio sicuri che lo sia?
Nei confronti di Nuzzi e Fittipaldi ognuno può nutrire simpatia o antipatia, ciascuno può avere il giudizio che crede sui loro libri relativi alle finanze vaticane. Ma è davvero normale che due giornalisti italiani vengano processati, in uno Stato straniero (qual è il Vaticano), per aver fatto, in Italia, il loro lavoro, in osservanza alle leggi italiane?
gianluigi nuzzi e emiliano fittipaldi
Il fatto è che papa Bergoglio è il vero protagonista e dominus di questo processo. E allora viene il sospetto che sia scattata una sorta di tacita autocensura che il Giornalista Collettivo e l' Intellettuale Collettivo - come li chiama Giuliano Ferrara - si sono imposti perché oggi, nel coro conformista dei media, è bandita ogni minima osservazione critica su papa Bergoglio. Questo è solo l' ultimo episodio. Sono mesi e mesi che - io, cattolico - cerco inutilmente, sulla stampa italiana, tracce di residua laicità, di pensiero critico, di obiettività, a volte almeno di buon senso.
GIAN FRANCO MAMMI CON PAPA BERGOGLIO
Niente da fare, l' informazione relativa al Vaticano di papa Bergoglio è avvolta da una fitta nebbia d'incenso. Si arriva ad accenti adulatori da culto della personalità e questo non fa bene nemmeno al papa e alla Chiesa che avrebbero tutto da guadagnare dal confronto con una stampa veramente libera.
emiliano fittipaldi e gianluigi nuzzi
Sul caso Nuzzi-Fittipaldi, nei media, si arriva qua e là a sollevare un' obiezione, a mezza voce, sull'assurdità giuridica di tale «processo per scoop» a due giornalisti, ma senza mai discutere il ruolo del Papa argentino che, in questo caso, è - e si comporta di fatto - come sovrano di uno stato teocratico che non riconosce né il diritto della libera stampa, né le garanzie processuali tipiche del diritto internazionale.
Ieri Luigi La Spina, sulla Stampa, ha alzato una timida voce, peraltro isolata, per far notare che è inaccettabile che due cittadini italiani vengano sottoposti da uno Stato estero a un processo dove - in via di principio - rischiano fino a 8 anni per aver pubblicato in Italia «notizie, fatti, dati» documentati, di rilevanza pubblica e «la cui pubblicazione è consentita dalla Costituzione italiana all' articolo 21».
VALLEJO BALDA CON PAPA FRANCESCO BERGOGLIO
La Spina fa notare che soprattutto «le modalità» di questo processo sono sconcertanti: i due giornalisti sono imputati di «un crimine non ben delineato» ed è stato impedito loro «di poter essere assistiti dai loro legali di fiducia», essendo stati sbrigativamente assegnati ad avvocati d' ufficio. A questo si potrebbero aggiungere altri aspetti inauditi: i due imputati non hanno potuto disporre degli atti del processo, che hanno potuto solo consultare ed è stato rifiutato loro di avere più tempo a disposizione per lo studio degli atti.
emiliano fittipaldi e gianluigi nuzzi
Tuttavia al dunque La Spina non riesce a chiamare in causa papa Francesco. Arriva casomai a far notare sommessamente il «drammatico boomerang comunicativo» che questo «discutibile processo» avrà sulla proclamata volontà di trasparenza di papa Bergoglio. Ma nessuno che metta il dito sulla piaga chiedendosi direttamente come si spiega che il papa progressista, moderno e tollerante poi faccia allestire un tale processo alla libertà di stampa. Gratta il gesuita, trovi l' inquisitore?
Papa Bergoglio
C' è imbarazzo perché, comunque la si giri, di questo processo, che ricorda (sia pure come caricatura) i vecchi assolutismi, non si può far ricadere la responsabilità sui soliti capri espiatori, i «cattivi conservatori» della Curia, perché è Bergoglio che comanda e decide. Solo lui. Ieri Carlo Tecce sul Fatto scriveva: «Va specificato che la Santa Sede ha agito dopo l' ordine di Bergoglio».
emiliano fittipaldi
È stato sempre lo stesso Bergoglio a formulare il capo d' imputazione, addirittura durante l' Angelus dell' 8 novembre: «Rubare quei documenti è un reato». Sennonché Nuzzi oggi, a processo iniziato, può ribattere: «Il Papa parla di documenti rubati, ma a nessuno è stato contestato il furto o la rapina».
Papa Bergoglio
Effettivamente la posizione di papa Bergoglio, come capo dello Stato vaticano e del sistema giudiziario che ha voluto e allestito questo assurdo processo, è imbarazzante. Possiamo discuterne? La questione si fa ancor più interessante se confrontiamo il comportamento di Bergoglio con quello che fu tenuto da Benedetto XVI al tempo di Vatileaks 1. Al contrario di quanto ha fatto il «papa progressista», Ratzinger, che doveva essere il «papa conservatore», non fece chiamare alla sbarra il giornalista (sempre Nuzzi) e verso il colpevole Paolo Gabriele fu un esempio di umanità, di paternità e misericordia.
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Ovviamente questa confronto fra i due papi, per la nostra stampa, è scomodissimo e fa saltare tutti gli schemi. Allora si preferisce far finta di nulla. Ma immaginiamo cosa sarebbe accaduto a parti invertite, se cioè fosse stato Benedetto a far processare i giornalisti e la «libertà di stampa».
Un' onda di indignazione internazionale avrebbe sommerso la Santa Sede. Si sarebbe parlato di teocrazia, si sarebbero fatti paralleli con l' Iran degli Ayatollah o con l' Arabia Saudita.
Trattandosi invece di un papa ritenuto progressista, nessuno fiata. È emblematico il silenzio dei grandi media e dei «grandi direttori» ed è particolarmente interessante il silenzio sulla questione di Eugenio Scalfari che ogni settimana magnifica ed esalta le gesta di papa Bergoglio.
Papa Bergoglio
Domenica scorsa per esempio Scalfari è arrivato a scrivere: «non c' è mai stato un Papa come lui. Dico di più: un Pastore, un Profeta, un rivoluzionario». Speriamo che prima o poi non dica di averlo visto camminare sulle acque. Nel frattempo il giornalista laico Scalfari non vede il processo alla libertà di stampa che il «pastore, profeta e rivoluzionario» Bergoglio ha fatto imbastire in Vaticano.
francesca chaouqui
Per ora questo processo ha un solo effetto: aver riportato all' attenzione delle cronache i libri di Nuzzi e Fittipaldi i cui temi erano stati travolti e sommersi dalle cronache dell' Isis.
È un effetto involontario da parte del Vaticano? O qualcuno oltretevere cercava proprio questo? A pensar male - dice l' adagio - si fa peccato, ma di solito ci si azzecca. Di fatto oltretevere si comportano come i migliori promotori dei due libri sotto accusa. Realizzarono un clamoroso lancio planetario dei due volumi facendo quegli arresti tre giorni prima della loro uscita e oggi li riportano d' attualità. Anche sulla regia del processo si può fare un' ipotesi. Perché tanta fretta di concludere prima dell' 8 dicembre, al punto da non concedere alla difesa nemmeno i tempi per studiare gli atti? Perché l' 8 dicembre inizia il «Giubileo della misericordia», secondo la singolare formulazione bergogliana.
Papa Bergoglio
francesca chaouqui
Allora appare ovvio che il papa argentino abbia dato istruzioni di non volere processi e imputati in Vaticano durante l' Anno Santo che dovrebbe celebrare il perdono. Non solo. Riprendo una previsione che ieri mattina è stata acutamente fatta, su Radio radicale, da Massimo Bordin: il processo dovrebbe finire prima dell' 8 dicembre per permettere così a papa Bergoglio di fare il beau geste del perdono generale ed essere celebrato dunque come il grande papa misericordioso.
Così tutti felici e contenti. Questo però fa somigliare il processo a una sceneggiata, che non ha nulla a che fare con il diritto e la giustizia ed ha molto a che fare con la commedia.
Ecco, questo è il problema: di questi tempi - oltretevere - si esagera con le sceneggiate e le commedie. Anche sulle cose sacre, dove non dovrebbero essere permesse.
francesca chaouqui