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    GUERRILLA STADIO – IL RACCONTO MINUTO PER MINUTO DELL’ASSALTO DEGLI ULTRAS A SANTO STEFANO: LA QUESTURA AVEVA SEGNALATO L’ARRIVO DI 150 “DURI” – PULMINI SEGUITI CON LE TELECAMERE, IL “BARETTO” E L’AMALGAMA DEI TIFOSI VIOLENTI PROVENIENTI DA VARESE E NIZZA – SONO STATI GLI STESSI ULTRÀ NAPOLETANI A SEGNALARE AGLI INTERISTI CHE DEDÉ ERA A TERRA. LA SOLIDARIETÀ DEGLI STADI “RIVALI” E IL LUTTO PER IL “CADUTO” DEDE


     
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    1 – L' ASSALTO DEGLI ULTRÀ IL RACCONTO MINUTO PER MINUTO

    Andrea Galli e Cesare Giuzzi per il “Corriere della Sera”

     

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    Sette minuti. I sette minuti di una battaglia pianificata nei dettagli. Scelta del luogo, consistenza dell' arsenale e composizione del commando sono state le basi di un' azione militare: il punto dell' assalto individuato calibrando le vie di fuga e la tempistica dell' intervento delle forze dell' ordine, e la trappola dei capi della Curva Nord rimasti fermi al «Baretto» perché come soldati sono stati inviati i più «giovani», insieme agli ultrà di Varese e Nizza.

     

    Un' unica regia. E l' esplosione fisica di un amalgama di gemellaggi, odio contro i napoletani, appartenenza all' estrema destra. Soprattutto al movimento «LealtAzione», nel quale militano due dei tre arrestati dopo gli scontri di mercoledì (oggi gli interrogatori). Sono i 31enni Simone Tira e Francesco Baj, figura emergente nel direttivo del gruppo neofascista, e il 21enne Luca Da Ros. La preparazione della battaglia è iniziata poco prima delle 18, a oltre due ore da Inter-Napoli.

     

    ORE 18.00: I CAPI AL BARETTO

    DANIELE BELARDINELLI DANIELE BELARDINELLI

    La partita è storicamente considerata a rischio. La Questura lo sa bene e si ricorda un precedente di quasi quattro anni fa. Quarto di finale di Tim Cup a Napoli: un centinaio di nerazzurri fermati con bastoni e coltelli. Il dispositivo di ordine pubblico del questore Marcello Cardona prevede una stretta sorveglianza dei capi della Curva Nord. Già dal pomeriggio. Il principale punto d' osservazione è il «Baretto», che sorge dietro lo stadio ed è il tradizionale ritrovo della tifoseria organizzata interista.

     

    Agenti in borghese controllano il locale e la dirigenza dei gruppi «Ultras 1975», «Boys San», «Viking» e «Irriducibili». Le 18. Freddo, nebbia e una grande calma. Calma apparente, calma traditrice. Alle 18.30 si aprono i cancelli del Meazza. Il «Baretto» è pieno.

    Qualcuno si allontana verso lo stadio e altri restano, i bicchieri di birra in mano. Nulla lascia presagire l' imminente rovesciamento dello scenario.

     

    ORE 19.00: L’ARRIVO DEI VAN

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    Ventiquattro ore prima della partita, la Questura di Napoli invia un fonogramma ai colleghi milanesi. Si parla di circa 150 tifosi della «Curva A», il settore più agguerrito del San Paolo, in arrivo su furgoncini noleggiati. Gli ultras non viaggiano in un unico gruppo, come avveniva negli anni Ottanta. I furgoncini si radunano all' ingresso della città, dopo il casello di Melegnano, e alle 19 sono segnalati dalle telecamere in movimento sulla Tangenziale Ovest. Imboccano l' uscita di San Siro. A metà di via Novara la volante «Meazza 1», come da procedura, riceve l' ordine di andare incontro al convoglio e scortarlo al parcheggio degli ospiti. Le 19.20. La pattuglia arriva all' incrocio con via Sant' Elena, vede un muro di fumogeni e avvisa la centrale.

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    ORE 19.23: L’ASSALTO E LA TRAGEDIA

    Un residente ha così messo a verbale: «Ho sentito dei rumori e mi sono affacciato. Ho visto una quarantina di persone armate di bastoni e spranghe metalliche. Avevano cappucci o passamontagna. Alle 19.23, mentre ero al telefono con il 113, il gruppo partiva di corsa verso via Novara lanciando petardi e oggetti».

     

    Le 19.23. L' ora e i minuti dell' offensiva. Cento-centoventi ultrà dell' Inter, dei «Blood Honour» del Varese e del Nizza, invadono via Novara. L' obiettivo è bloccare i napoletani. Imprigionarli in una tenaglia. Ha verbalizzato un secondo residente: «Dopo qualche minuto il gruppo ripiegava verso il parco del Fanciullo. Tre o quattro persone trasportavano a braccia un individuo con i pantaloni strappati urlando "Ha le gambe rotte". Il ferito veniva caricato su un' auto che partiva a forte velocità. A guidare il gruppo c' erano due persone che impartivano ordini in italiano e in francese». Quel ferito è il 39enne Daniele Dede Belardinelli, uno dei capi dei «Blood honour».

     

    striscione tifosi lazio per belardinelli striscione tifosi lazio per belardinelli

    Secondo la Digos, è stato investito nel momento dell' irruzione del commando nella doppia corsia di via Novara, in direzione del Meazza. Nei filmati recuperati dagli investigatori, si vede una macchina scura qualche decina di metri più avanti rispetto ai napoletani, che improvvisamente (forse a forte velocità) scarta da una corsia all' altra e passa con le ruote sopra Belardinelli. Altre testimonianze sostengono che la macchina si sarebbe fermata per poi ripartire. Ma manca una versione limpida. E mancano numeri per rintracciare il veicolo del pirata. Sono gli stessi ultrà napoletani a segnalare agli interisti che Dede è a terra: «C' è uno dei vostri, non si muove, sembra morto».

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    ORE 4.30: LA MORTE DELL’ULTRÀ

    Le 19.29. La Questura sposta verso l' incrocio delle violenze quaranta uomini del reparto Mobile. Gli agenti trovano la colonna di pullmini semidistrutti che avanza. I napoletani non collaborano; i loro feriti (quattro, tutti poco gravi) non vogliono le cure del 118 per non farsi identificare. Alle 20.15, una station wagon raggiunge il pronto soccorso dell' ospedale San Carlo, a tre chilometri da via Novara. Sui sedili anteriori ci sono due ragazzi; tra quelli posteriori e il bagagliaio c' è Belardinelli, il bacino polverizzato.

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    Sembra sia ancora cosciente. Ai soccorritori, i ragazzi danno un nome falso e la data di nascita sbagliata: il nome è quello di un altro ultrà già colpito da Daspo. Forse un errore, forse un depistaggio per evitare collegamenti con la battaglia. Appena i lettighieri estraggono il corpo dalla macchina, i due scappano. Alle 4.30 Belardinelli muore. Dopo gli scontri, molti dei soldati del commando vanno tranquillamente in curva a vedere la partita.

     

    2 – IL CODICE TRASVERSALE DEGLI ULTRÀ CURVE A LUTTO PER IL " CADUTO DEDE"

    Matteo Pinci per “la Repubblica”

     

    Daniele Belardinelli Daniele Belardinelli

    La legge degli ultrà ha una regola: accettare la " sconfitta". Chi cade in guerra, durante gli scontri, è un eroe e come tale va ricordato. Per questo da due giorni il tifo organizzato dell' Inter è in lutto: Il volto di Daniele Belardinelli, l' ultrà morto durante gli scontri prima di Inter- Napoli, accompagnato da un "ciao fratello" è tutto ciò che resta del sito della Curva Nord di San Siro. Niente comunicati, niente accuse, nessun grido di rabbia né proteste per la trasferta vietata che impedirà di ricordarlo.

     

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    Lo faranno, paradossalmente, i "rivali". La giornata di campionato che qualcuno temeva diventasse una lunghissima scia di quella notte da incubo, si trasformerà in tutti gli stadi d' Italia in una commemorazione del compagno caduto. Una rappresentazione dell' ideologia comune attraverso il ricordo di "uno di noi", come già la vittima viene ricordata sui profili di tanti gruppi storici. Non solo quelli nerazzurri.

     

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    Una diffusissima solidarietà ai tifosi interisti - anche se Belardinelli era membro del gruppo "Blood Honour" del Varese calcio - che arriverà in particolare da tifoserie amiche, a partire da quella laziale. Sui social, i gruppi ultrà di tutto il Paese hanno già iniziato le commemorazioni e " deposto le armi": gli interisti hanno persino rinunciato a comunicati o prese di posizione contro le chiusure di San Siro o il divieto di trasferta decisi per gli ululati razzisti: nulla, solo una silenziosa presa di coscienza.

     

    daniele belardinelli daniele belardinelli

    E a lutto sarà anche la curva dei tifosi del Napoli: proprio durante l' agguato ai napoletani in trasferta Belardinelli è rimasto ucciso dal suv che lo ha centrato, eppure per la filosofia ultrà quella morte è una morte di tutti. Allo stadio, sotto gli occhi di Kalidou Koulibaly che nonostante la squalifica prenderà posto in un San Paolo pronto ad accoglierlo colorato da maschere con il suo volto in segno di vicinanza per i cori ricevuti a Milano, andrà in scena la dimostrazione solidale tra tifoserie rivali. In realtà, c' è anche chi avrebbe meditato un gesto: a Roma, tra qualche gruppetto, stava germogliando l' idea di una sorta di "vendetta" contro Napoli per la morte di Belardinelli. Un sentimento però isolato che non ha trovato adesioni.

     

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    Gli incroci tra le questure di Roma, Bergamo e Torino, ossia dove agiscono alcuni tra i gruppi più caldi d' Italia, non hanno dato riscontro fino a ieri di elementi che facciano pensare a " vendette" particolari. Resta però vigile l' attenzione delle forze dell' ordine per la cosiddetta " ordinaria follia". Una concentrazione particolare sarà riservata sull' asse Parma- Reggio Emilia. I 1500 tifosi dell' Atalanta in trasferta al Mapei Stadium, potrebbero incrociare i 3mila romanisti - con cui i rapporti sono tesissimi - attesi a Parma.

     

    DANIELE BELARDINELLI DANIELE BELARDINELLI

    Dove troveranno, per giunta, la tifoseria di casa, gemellata con quella dell' Hellas Verona: impossibile escludere infiltrazioni, anche in ragione degli incidenti di un anno fa a Verona tra le due parti.

     

    Se gli ultrà interisti hanno scelto un profilo basso, tanti altri tifosi nerazzurri urlano di rabbia: « Non possiamo pagare tutti per quattro scemi», l' idea di molti frequentatori abituali di Curva Nord, tutta venduta in abbonamento.

     

    L' Inter per ora non annuncia ricorso per ovvi motivi di opportunità. Ma medita di farlo, in ogni caso sta valutando la cosa: anche perché a ottobre per un episodio simile, la Juventus se la cavò con la chiusura per un turno della curva più un altro turno congelato dalla condizionale.

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