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    L'ITALIA FA ACQUA DA TUTTE LE PARTI - IL RAZIONAMENTO NON BASTA PER FERMARE LA CRISI IDRICA: IN UN CAPOLUOGO SU TRE SI REGISTRANO PERDITE TOTALI SUPERIORI AL 45% - LE SITUAZIONI PEGGIORI SONO A SIRACUSA (67,6% DI PERDITA), BELLUNO (68,1%), LATINA (70,1%) E CHIETI (71,7%) - OLTRE A SPRECARE L'ACQUA POTABILE NELLE TUBATURE, NON RIUSCIAMO NEANCHE A COLLEZIONARE LA MAGGIOR PARTE DELL'ACQUA PIOVANA, CHE POTREBBE ESSERE PREZIOSA PER L'AGRICOLTURA...


     
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    Francesco Grignetti per “la Stampa”

     

    Se i ghiacciai si sciolgono o se non nevica, c'è poco da fare: è colpa del cambiamento climatico e occorre un'inversione di tendenza a livello globale. L'Italia, però, ci mette del suo nel farsi del male da sola.

     

    È del tutto inutile convogliare milioni di litri di acqua potabile se gli acquedotti sono un colabrodo. È addirittura drammatica, infatti, l'ultima fotografia scattata dall'Istat. «Nel 2020 sono andati persi 41 metri cubi al giorno per ciascun km di rete nei capoluoghi di provincia o città metropolitane, il 36,2% dell'acqua immessa», scrivono. Attenzione alle statistiche, però, che non raccontano a fondo il dramma di alcuni acquedotti, in particolare i peggiori venti, dove il governo accorrerà con un commissario straordinario.

     

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    In un capoluogo su tre si registrano infatti perdite totali superiori al 45% dell'acqua immessa. In certi casi, si perdono addirittura i due terzi dell'acqua immessa. Le situazioni peggiori sono a Siracusa (67,6% di perdita), Belluno (68,1%), Latina (70,1%) e Chieti (71,7%). Impressionanti le perdite anche degli acquedotti di Potenza, Cagliari, Campobasso e L'Aquila, dove ci sono record negativi in metri cubi giornalieri persi per ogni km di rete.

     

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    Tanto sforzo per nulla. «La rete di distribuzione dei Comuni capoluogo - scrive l'Istat - si sviluppa su oltre 57mila chilometri di rete. I gestori hanno complessivamente immesso in rete 2,4 miliardi di metri cubi di acqua (370 litri per abitante al giorno) ed erogato 1,5 miliardi di metri cubi per usi autorizzati agli utenti finali, pari a 236 litri per abitante al giorno». Il resto, la differenza tra acqua captata e acqua consegnata, è quanto si perde.

     

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    Questi i dati riferiti a 109 città capoluogo, che per volumi di acqua rappresentano il 33% circa dei volumi complessivamente distribuiti sul territorio nazionale. Rispetto al 2018, però, le portate si sono ridotte di oltre il 4%. L'acqua potabile, insomma, sta diventando un bene sempre più prezioso. E i nostri acquedotti la sprecano inesorabilmente. Nel 2020 si calcola che siano andati dispersi 0,9 miliardi di metri cubi.

     

    All'opposto, ci sono Comuni molto più attenti al bene comune, con perdite idriche inferiori al 25%. Questi i sette migliori: Macerata (soltanto il 9,8% di perdita), Pavia (11,8%), Como (12,2%), Biella (12,8%), Milano (13,5%), Livorno (13,5%) e Pordenone (14,3%).

     

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    L'attenzione del Governo ovviamente va alle performance peggiori. Quei nove Comuni, ad esempio, tre del Centro e sei del Mezzogiorno, dove si registrano perdite superiori ai 100 metri cubi giornalieri per chilometro di rete, più del 50% dell'acqua immessa in termini percentuali. E non c'è da meravigliarsi se ben 11 Comuni capoluogo, localizzati tutti nel Mezzogiorno, nel 2020 hanno dovuto razionare l'acqua potabile. «Ciò a seguito della forte obsolescenza dell'infrastruttura idrica, dei problemi di qualità dell'acqua per il consumo umano e dei sempre più frequenti episodi di riduzione della portata delle fonti di approvvigionamento».

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    È un bollettino della vergogna, il razionamento dell'acqua. Uno scandalo di cui poco si parla a livello nazionale: a Enna, Pescara, Cosenza e Reggio Calabria, l'acqua va e viene; le misure restrittive interessano circa 227mila residenti. A Catania la distribuzione dell'acqua è stata ridotta per fascia oraria per sei giorni nel mese di luglio. Ad Avellino e Palermo l'erogazione è stata sospesa nell'arco dell'anno, rispettivamente per 11 e 183 giorni, soprattutto nelle ore notturne, per consentire il riempimento delle vasche di alimentazione della rete.

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    A Caltanissetta, un quinto dei residenti è stato sottoposto a una riduzione o sospensione nell'erogazione per complessivi 211 giorni. A Ragusa si è fatto ricorso a turni di erogazione o sospensione dell'acqua per 75 giorni in alcune zone della città, interessando il 13,9% dei residenti. Le situazioni più critiche si registrano ad Agrigento e Trapani. Ad osservare sgomenti la triste fine di tanta acqua potabile raccolta in montagna, sono proprio i Comuni montani. Quelli che l'acqua la producono.

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    Parliamo di 3.800 Comuni che magari contano poco in termini di popolazione, ma sono fondamentali per la gestione del territorio. A rappresentarli è l'Uncem, Unione nazionale Comuni montani. «Occorre subito efficientare - hanno scritto al governo - le reti idriche. Servono 5 miliardi di euro in 5 anni. Il Paese deve investire e mettere "in rete le reti" comunali che in moltissime casi non sono in relazione per effetto di "campanilismi" da vincere».

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    Anche se meno di prima, a un certo punto le piogge arrivano. Ma noi lasciamo che l'acqua se ne vada via senza immagazzinarla nemmeno per l'agricoltura. Coldiretti e dell'Associazione nazionale delle bonifiche premono da anni perché si finanzi un piano di creare diecimila laghetti senza cemento, solo con terra e pietre. Chissà se stavolta sarà la volta buona -

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