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Alessandro Pasini per il “Corriere della Sera”
Come se nulla fosse successo. Dalla corsa di Valencia, l’8 novembre 2015, a ieri abbiamo straparlato di tutto: biscotti, vendette, contratti, nuove gomme e elettronica che avrebbero potuto riscrivere gerarchie e equilibri. Sembrava l’alba di una rivoluzione, invece il re rimane saldo sul trono, sempre favorito numero 1, anzi 99, per il bis mondiale.
Era dal 2009, con Stoner, che un pilota non vinceva l’ultima gara della vecchia stagione e la prima di quella nuova. Jorge Lorenzo si è tolto lo sfizio correndo nel deserto alla sua maniera: cauto in avvio mentre le Ducati ringhiavano, chirurgico quando ha passato Dovizioso al 9° dei 22 giri, inesorabile nell’allungo progressivo verso il traguardo. Martello e burro, la forza del ritmo e la grazia delle traiettorie: un copione noto per colui che si è autodefinito lo Zidane della motocicletta.
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E poiché, proprio come il francese, Jorge a volte va sopra le righe, appena sceso di sella (e poi sul podio mentre qualcuno in tribuna lanciava dei «buu» a lui e Marquez) ha fatto un gesto come a dire: tappatevi la bocca. A chi si riferiva? Rossi? La Yamaha? Il mondo? «Un gesto vale più di mille parole — ha spiegato —. Oggi ha parlato la pista. Ognuno ci rifletta».
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Meglio pensare ad altro, per esempio al fantastico Dovizioso secondo come l’anno scorso. Lui, al contrario di Lorenzo, aveva finito il 2015 con il morale sotto le gomme. Ma, ha raccontato, la nuova Desmosedici «ha un motore che fa davvero paura» e lui l’ha domata da maestro: «Questo mi rende ancora più felice del secondo posto». Andrea ha condotto la gara fra il 6° e il 9° giro, appena dopo avere superato il socio Iannone, poi inciampato via su un cordolo.
Ma, anche quando Lorenzo lo ha superato, Dovi ci ha sperato sempre. Il suo problema sono state «le gomme finite» che comunque non gli hanno impedito di regolare da fenomeno Marquez, replicando al suo sorpasso all’ultima curva e riuscendo a entrargli davanti in rettilineo per la volata. Trattandosi del regno della Rossa, che tocca comoda i 350 km/h, lì nessuno poteva più insidiarlo e così è arrivato il risultato su cui Andrea proverà a fondare la stagione delle rivincite.
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Dietro Marquez terzo, ad appena un decimo, ecco infine Valentino, quarto sull’asfalto dove un anno fa aveva trionfato. Stavolta è andato a strappi, intermittente come un neon rotto: ora veloce, ora lento, quarto, quinto, quarto, mai meglio, mai esplosivo, sempre trattenuto da qualcosa di poco chiaro che lo ha lasciato, quasi contronatura, ai margini della lotta e dello show.
jorge lorenzo e valentino rossi alla presentazione del team yamaha
Il rendimento delle Michelin era un mistero per tutti — lui, come Marquez, montava la dura contro la morbida dei primi due — ma è solo questa la spiegazione? Rossi se lo augura: «Forse la morbida ha tenuto meglio e mi piacerebbe rifare la gara con la dura. Speriamo sia quello, sennò c’è da lavorare...».
Già, perché sentire Valentino dire che «mi è mancato il guizzo, ero attaccato al gancio» fa un po’ impressione, anche se poi precisa: «Sono battuto ma vispo, il distacco da Lorenzo non è enorme». A proposito, e il gesto di Lorenzo? «Ma no che non era diretto a me...». E ha riso. In Argentina la prossima puntata.
lorenzo dovizioso marquez jorge lorenzo e valentino rossi