C. Zap. Per il Corriere della Sera
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Esaurita la fase del deposito dei simboli e con la progressiva presentazione dei programmi da parte di partiti e coalizioni, si entra in una settimana calda per la definizione delle candidature che vanno depositate tra domenica e lunedì prossimi. Ma per un attimo nella campagna elettorale è spuntato il nome di Draghi: ieri sulla bacheca del Viminale è comparso il simbolo «Italiani con Draghi.
Rinascimento». Palazzo Chigi ha fatto sapere che non c'è alcun avallo da parte del premier e il simbolo potrebbe essere annullato.
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Si parte subito con due appuntamenti di rilievo. Per questa mattina, incurante della festa di Ferragosto, il segretario del Pd Enrico Letta ha convocato la direzione per il vaglio definitivo dei nomi che sono arrivati a Roma dalle federazioni regionali e dai territori. I nodi da sciogliere sono parecchi. Prima bisogna scremare le candidature (i posti sono molti meno rispetto al 2018 e ci sono equilibri di coalizione da rispettare che richiedono ai dem considerevoli sacrifici) e poi individuare le collocazioni giuste per ciascuno. Letta deve tenere conto dei desiderata dei big del partito ma allo stesso tempo deve trovare il modo di far eleggere anche volti nuovi e personalità della società civile. Nella certezza che, anche per la complessità dei meccanismi del Rosatellum, i collegi davvero blindati non sono tantissimi. Ed è praticamente sicuro che sarà una direzione che lascerà sulla strada qualche deluso.
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Domani un passaggio altrettanto delicato attende il Movimento 5 Stelle che chiama al votato per le Parlamentarie i suoi attivisti. Qui si tratta di capire come sarà presa la novità dell'ultima ora introdotta dal presidente Giuseppe ContE con la sua richiesta di esprimersi anche su un suo listino composto da 18 nomi di aspiranti a un posto «sicuro».
Tra questi c'è lo stesso premier che sarà in corsa per il collegio Camera Lazio 1. Si vota dalle 10 alle 22. Dall'esito ci si attendono nuove polemiche nel già agitato mondo a 5 Stelle.
Ma la frenesia è anche di tutti gli altri partiti che si schiereranno al via a partire dalla prossima settimana. Per tutti i giorni della definizione delle liste (tu dentro, tu fuori) sono i più complicati e spesso i più laceranti. Stavolta lo è ancora di più perché il taglio dei parlamentari (ci saranno solo 400 deputati e 200 senatori) ha ristretto il collo dell'imbuto da cui devono passare gli aspiranti parlamentari.
BERLUSCONI SALVINI MELONI - MEME
In attesa di conoscere i nomi, si discute di programmi e di progetti da mettere all'ordine del giorno del nuovo Parlamento. Uno dei temi che più ha diviso in passato e continuerà ad alimentare una forte contrapposizione è il reddito di cittadinanza. E se il Movimento 5 Stelle, che ne è il padre, conferma nel suo programma che vuole difendere l'assegno per i più deboli, dall'altra parte dello schieramento il capogruppo di Fratelli d'Italia al Senato Luca Ciriani dice che «va cancellato». Tra i due estremi ci sono le posizioni degli altri partiti che chiedono correzioni e limiti.
Ma anche l'uscita «presidenzialista» di Silvio Berlusconi continua ad alimentare interventi. Il fondatore di Forza Italia ancora ieri ha smentito che il suo desiderio di introdurre l'elezione diretta del presidente della Repubblica fosse «un atto di sfiducia nei confronti di Mattarella» e che quel ruolo non rientra nelle sue aspirazioni: «È assolutamente fuori dalla mia testa. Le mie parole sono state fraintese e questo mi ha indignato».
SILVIO BERLUSCONI - GIORGIA MELONI - MATTEO SALVINI
In soccorso dell'alleato si schiera il segretario della Lega Matteo Salvini: «Una Repubblica presidenziale e federale secondo me è indice di modernità e serietà». E non è da meno la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni: «Anni e anni al governo senza vincere un'elezione: per questo alla sinistra fa così paura il presidenzialismo. Noi, invece, non temiamo il giudizio degli italiani e vogliamo restituire forza alla volontà popolare».
A metà si ferma il presidente della Liguria Giovanni Toti: «Credo non serva solo il presidenzialismo. Molte sono le cose che dovremmo cambiare in questo Paese. L'elezione del presidente è la più simbolica». Contrario il deputato M5S Mario Perantoni: «Il presidenzialismo è assolutamente improponibile per l`Italia».
BERLUSCONI SALVINI MELONI