Filippo Ceccarelli per “la Repubblica” - Estratti
giorgia meloni.
Tra le forme di suicidio politico che la vita pubblica italiana offre ai premier smaniosi, il referendum costituzionale modello Erdogan rientra nel novero delle più efficaci. Non c’è due senza tre, dice infatti la statistica a proposito dei quesiti bocciati dall’elettorato; ma l’adagio dell’ineluttabilità reca in sé anche un granello di magia che il trust di sottosegretari, psicologi e guru della comunicazione al servizio di Giorgia Meloni, appassionata di fantasy e seguacissima di Tolkien, farebbe bene a non prendere sottogamba.
CALDEROLI BERLUSCONI
Ignota è ancora la data della consultazione, forse la seconda metà del 2025, più probabilmente il 2026 e perciò beato chi ci ha un occhio, come si dice a Roma per intendere una data assai lontana. Ma per ogni eventuale risonanza cabalistica i precedenti referendum, rispettivamente sulla riforma Berlusconi-Calderoli e sulla riforma Renzi, si sono tenuti nel 2006 e nel 2016. I
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Siamo, come è ovvio, assai distanti dalla razionalità che di solito, anche se non sempre, governa lo svolgersi della vita politica e istituzionale. Ma sempre un po’ giocando sul filo del pensiero magico, nel primo caso la sconfitta venne in qualche modo anticipata da significativi eventi che potevano essere interpretati come presagi.
BERLUSCONI CALDEROLI
E dunque a maggio del 2006, un mese dopo le elezioni che avevano visto il sostanziale pareggio fra Berlusconi e Prodi nella città politica fu notata la presenza di uno sciame di api da miele che infine si installò sul davanzale di una finestra al pianoterra di Palazzo Chigi, dietro alla quale si preparava la rassegna stampa per il premier. Lo sciame venne poi preso in carico dalla Protezione civile che lo depositò ad Ardea. Ma qualche settimana dopo una cornacchia azzoppata atterrò nel cortile dell’allora sede dei Ds, a via Sebino, dove fu soccorsa con successo; e a pochi giorni dal referendum venne chiuso il ristorante di Montecitorio per l’avvistamento di un topo.
giorgia meloni.
Ora ovviamente non si vuole esagerare col pensiero magico. Ma tornando agli umani si scopre che l’autore di quella riforma, Calderoli, dichiarò che sarebbe andato a votare per la sua riforma federalista con gli stessi pantaloni corti indossati nel momento in cui con altri supposti “saggi” l’aveva ideata nella baita di Lorenzago, in Cadore. La ragione, spiegò, è che, bermuda o knickerbocker che fossero, «portavano fortuna». Ma la fortuna quella volta non aiutò l’audace e spericolato leghista.
OBAMA CAMERON HOLLANDE RENZI merkel12
Né dieci anni dopo aiutò Matteo Renzi che aveva forzato la mano alla Camere cambiando l’assetto costituzionale e sfidando le opposizioni nell’ordalia referendaria. Si disse allora che aveva troppo personalizzato il quesito, e poi, dopo la sconfitta, che aveva scavato con le sue stesse mani la buca nella quale era caduto. Ma anche nel 2016, riguardando le cronache, viene fuori che una maggiore prudenza l’avrebbe probabilmente consigliato a un diverso e meno spavaldo atteggiamento. A maggio, pochi giorni dopo il proclama del teatro Nicolini – «ero con Obama, Cameron, Merkel e Hollande: ho detto che abbiamo avuto 63 governi in 70 anni, si sono messi a ridere e io non voglio che si rida dell’Italia, per questo vogliamo fare le riforme» – proprio a Firenze si aprì una gigantesca voragine dalle parti di Ponte vecchio.
MATTEO RENZI AL TAVOLO CON BARROSO VAN ROMPUY HARPER HOLLANDE CAMERON OBAMA MERKEL E SHINZO ABE
A settembre, durante una gita a un vertice in Cina un grande pesce era saltato sulla barca dei Grandi e Renzi, cercando di ributtarlo in acqua, era scivolato. A una settimana dal voto, infine, un improvviso blackout aveva tolto l’elettricità alla Leopolda, proprio quando il presidente del Consiglio stava per prendere la parola: «È un castigo divino» aveva scherzato – ma chi scherza paga, e i cocci sono suoi.
giorgia meloni