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    ''LA PUBBLICITÀ, LA POLITICA, LO SPORT, PERSINO LA CULTURA, SONO UN INFINITO VIDEO PORNO IN STREAMING''. FILIPPO BOLOGNA, REGISTA DI ''COSA FAI A CAPODANNO?'' (VIDEO), SUGLI AMPLESSI DI OGGI: DOPO ORE SU WHATSAPP A FARE SEXTING O SU INSTAGRAM A METTERE A PUNTO LA NARRAZIONE PIÙ ACCATTIVANTE DI SÉ SI ARRIVA (FORSE) AL FATIDICO MOMENTO DELLA PENETRAZIONE CON LA MALINCONIA DEL POST-COITO. SIAMO VENUTI PRIMA DI VENIRE, I PRELIMINARI SOSTITUISCONO L'ORGASMO E…


     
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    Clip da ''Cosa fai a Capodanno?'' di Filippo Bologna

     

     

     

    Testo di Filippo Bologna, regista e sceneggiatore di ''Cosa fai a Capodanno?''

     

    Di cosa parliamo quando parliamo di sesso? Questo mi chiedevo mentre scrivevo la sceneggiatura di Cosa fai a capodanno? Chissà, mi dicevo, che quello non sia uno dei pochi momenti in cui parliamo veramente d'altro. Perché di sesso parliamo tutti e in continuazione, soprattutto quando non ne parliamo. La società somiglia sempre più a un ininterrotto discorso sul sesso.

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    La pubblicità, la politica, lo sport, persino la cultura, sono un infinito video porno in streaming che si blocca e riparte a seconda della velocità della connessione.

     

    Quello che viene da chiedersi rispetto ai miliardi di terabyte di XXX che occupano le nostre menti trasformate in cloud è: quanto di questo sesso digitato, visualizzato e scaricato è consumato? Nella società liquida e globalizzata compresa tra il #me2 e YouPorn, si scopa più di venti, trenta, cinquanta anni fa? E se sì, siamo sicuri che si goda di più?

     

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    Dopo aver passato ore su Whatsapp e Telegram a fare sexting o su FaceBook e Instagram a mettere a punto la narrazione più accattivante di sé si arriva - quando si arriva - al fatidico momento della penetrazione con la malinconia del post-coito. Siamo venuti prima di venire, i preliminari sostituiscono l'orgasmo e dell'eccitazione è rimasto un debole segnale, una galleria dove non prende nemmeno il (punto) 3G e c'è il rischio di restare soli con noi stessi. L'immaginazione intanto è stata trasformata in uno scaffale da supermercato, per ogni parafilia, dalle più banali alle più estreme, c'è una categoria (ogni perverso ha scoperto di non essere solo al mondo): Mi scusi le tettone? In fondo a destra. Neri superdotati? Al piano di sopra.

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    I motori di ricerca smistano il nostro desiderio come commessi servizievoli. Già, ma che desiderio? Desiderio di niente, che muove tutto. Quello che ci spinge continuamente a cambiare casa, macchina, telefonino, vestiti, moglie e amante con la stessa disinvoltura, quello che fa crescere il PIL e ingrossare le nostre mutande. Ma al fondo, in questa compulsiva ricerca di vuoti da colmare (buchi da riempire) rimane una perenne insoddisfazione, un'angoscia che non si estingue ma si alimenta col possesso. Tutto sembra dirci: "Tu credi di godere qui dove sei, ma il godimento vero è là. Vai a prendertelo!" E una volta conquistato, ecco scoprire quel che sapevamo già: il vestito non mi sta più così bene, la tipa non è così figa, la batteria dura meno di quel che dicevano.

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    Di tutto ciò, la serata in cui tra mutandine rosse e champagne comprato all'ultimo al Carrefour H24, il Capodanno mi è sembrato la sintesi perfetta tra capitalismo e pornografia. La serata in cui il divertimento è forzato e la trasgressione prevista (quindi omologazione), la serata in cui ci si pente sempre di aver accettato quell'invito, pensando che da qualche altra parte ci sia una festa più divertente...

     

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    O per lo meno questo è quello che pensano i miei personaggi finiti in uno sperduto chalet di montagna con l'intenzione di festeggiare l'anno nuovo con un'ammucchiata. Trasversalità e universalità del sesso, unico ponte tra le macerie delle classi sociali.

     

    Una tonnara in cui un ladro e una coatta, un  grillino e una radical chic, una figlia di papà e un politico della Prima Repubblica - gente che se non si insulta sui social, da anni non ha più niente da dirsi - potrebbero finalmente comunicare accoppiandosi, ammesso che ne siano capaci.

    Come in un meraviglioso film di Bunuel che non ricorda quasi più nessuno, in cui dei borghesi erano così inetti da non riuscire nemmeno a organizzare una cena, quaranta anni dopo il rischio è che l'orgia possa saltare perché ognuno scopa con se stesso e nessuno ha più bisogno dell'altro.

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    Nel tormentone da uomo medio del Capodanno, anzi del  Cosa fai a Capodanno? ci siamo tutti noi. Noi che ci amiamo troppo o troppo poco per amare gli altri, che amiamo gli animali ma non gli esseri umani, che crediamo agli yeti e agli alieni, che mettiamo le mutandine rosse e non sappiamo mettere le catene alla macchina, che facciamo i colloqui di lavoro, che ci siamo iscritti al prossimo appello, che abbiamo un sogno nel cassetto, anzi, nel mobiletto, che ci facciamo gli auguri e brindiamo all'ignoto. Noi che non sappiamo cosa, ma lo dobbiamo avere. Ad ogni costo.

     

     

     

     

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