DARIO NARDELLA
Simone Di Meo per Dagospia
Altro che generazione Telemaco, altro che riscoperta della storia e delle identità patrie annunciata dal Premier. A Firenze, nel Comune guidato da renzianissimo Dario Nardella, da oggi sono vietate le ricerche genealogiche. Il servizio Anagrafe, per decisione del dirigente Iacopo Giannesi, ha infatti sospeso, perché non “previsto dalla normativa anagrafica”, qualsiasi tipo di attività documentale su avi e radici familiari.
Una tesi fortemente contestata da Stefano Guelfi Camaiani, direttore della Biblioteca storico-araldica-genealogica Guelfi Camaiani, fondata nel 1877 dal progenitore Guelfo Guelfi Camaiani e considerata uno degli istituti di araldica e genealogia più famosi d’Italia.
Caimani promette battaglia e annuncia ricorsi e denunce alla magistratura contro l'Amministrazione comunale che impedirebbe, a suo dire, in maniera unilaterale e immotivata l'esercizio del “diritto di ogni cittadino – spiega lo studioso – di poter appurare quale sia la sua ascendenza, quali le radici, quale la sua 'storia' familiare”.
GUELFI CAMAIANI
La temperatura lungo l'Arno si è improvvisamente alzata, e non solo per le belle giornate di queste settimane. L'archivio anagrafico del Comune di Firenze è il più antico e meglio conservato del Paese. Sbarrarne l'accesso a ricercatori e non solo (si pensi, ad esempio, a una contesa legale su un'eredità che si può risolvere solo ricorrendo a un'indagine parentale) potrebbe, secondo Guelfi Caimani, svuotare completamente di significato la scienza genealogica “perché ritenuta inutile o ingombrante”.
E rendere l'Italia un paese meno ricco dal punto di vista storico, a differenza di altre nazioni estere dove la ricerca genealogica è addirittura considerata un affare per le casse dello Stato. Il servizio Anagrafe in ogni caso è irremovibile: d'ora in poi ogni istanza dovrà essere motivata e sarà sottoposta al vaglio (assai severo) del dirigente.
STUDIO ARALDICO
Ma esiste davvero questa norma che impedisce a un cittadino la ricerca dei propri antenati? Secondo il direttore della biblioteca Guelfi Camaiani, no. “Non mi è stato possibile, nell’ambito del Comune di Firenze, ritrovare la normativa richiamata dal dottor Giannesi nella sua risposta – specifica ancora lo storico –. Del resto, occupandomi della materia a tempo pieno, ero certo della legittimità della richiesta inoltrata dalla mia segreteria, rispetto alla quale nessun altro Comune italiano si era espresso, ad oggi, nei termini perentoriamente usati dal dirigente in questione”.
E cita il regolamento dello stato civile e dal relativo massimario per l’ufficiale di stato civile, aggiornato nel 2012, che impone per legge agli ufficiali di stato civile l’obbligo di evadere le legittime richieste previo pagamento, ovviamente, di bollo e diritti di segreteria.
ARALDICA
Un esempio, quello di Firenze, che rischia di essere emulato anche nel resto d'Italia con ricadute inimmaginabili sull'intera disciplina e sulla memoria del nostro Paese. Con buona pace di quel Telemaco che, citato da Matteo Renzi nel discorso inaugurale del semestre italiano in Ue, oggi non potrebbe nemmeno scoprire di chi è figlio.