Paola Di Caro per il “Corriere della Sera”
BERLUSCONI MELONI SALVINI
«Se ne portiamo uno solo al ballottaggio è qualcosa, se ci vanno in due è un ottimo risultato, se arriviamo a tre è un trionfo». I calcoli in Forza Italia sono facili in quello che potrebbe rivelarsi invece come uno dei voti amministrativi più difficili per la coalizione di centrodestra, che rischia di uscire spaccata dalle urne.
Sì perché nelle grandi città si gioca una partita delicatissima, sulla quale per ora Silvio Berlusconi ha una certezza - «A Milano Parisi andrà al ballottaggio» - e una convinzione, confessata ai suoi interlocutori: «Viste le condizioni date, non potevamo fare di più. A Roma ho dovuto prendere un' impuntatura educativa, perché Meloni e Salvini dovevano capire che non potevano comportarsi così. Non hanno avuto una sola parola di generosità, mi hanno strattonato senza rispetto».
BERLUSCONI SALVINI MELONI BY BENNY
Al contrario di Marchini, il cui atteggiamento ha conquistato Berlusconi, che anche per questo ha deciso di chiudere la campagna elettorale a Roma e non a Milano da Parisi, con il quale i rapporti sono buoni ma non è scattata l'empatia che invece lo lega all'imprenditore capitolino.
Poi certo, Roma è talmente strategica in questa tornata elettorale che il Cavaliere - che stamattina voterà al seggio nel Liceo Visconti, a pochi passi da Palazzo Grazioli - ha voluto accarezzarla, esserci e mostrare vicinanza. Perché se il candidato che sicuramente andrà al ballottaggio è Parisi e il secondo che potrebbe farcela è Lettieri a Napoli - «e sarebbe davvero un bel successo far fuori a Milano i grillini e a Napoli il Pd», dice Deborah Bergamini -, la vittoria clamorosa sarebbe portare Marchini al secondo turno.
BERLUSCONI MARCHINI
Vittoria in chiave esterna perché «lui è l'unico che al ballottaggio può vincere contro la Raggi», dice Antonio Tajani, ma anche interna, visto che darebbe ragione all' azzardo di Berlusconi di aver imboccato la via centrista rispetto a quella del centrodestra unito, seppure a rimorchio della Meloni e di Salvini.
Se però non succederà, e se FI dovesse andare male anche nei voti di lista, è chiaro che «bisognerà aprire una riflessione», dicono in coro molti big, da Toti a Gasparri, da Romani a Matteoli. Perché un centrodestra che voglia davvero sfidare Renzi anche al referendum di ottobre, togliendo dalla testa degli italiani che dopo il premier c'è solo il diluvio, non potrà presentarsi all' appuntamento spaccato, rissoso, con leader che hanno ancora conti da saldare.
SALVINI MELONI PIVETTI
Lo stesso Berlusconi ammetteva ieri in un' intervista al Giornale che con Meloni non è detto che tutto si risolva: «Dipende da lei. Giorgia, forse mal consigliata, ha fatto tutto da sola. Ha fatto da sola una scelta che non può portare ad alcun risultato». E la leader di FdI non è meno dura quando fa sapere che sull'ipotetico programma unitario già scritto di cui parla, Berlusconi sta «facendo tutto da solo, io non ne so niente».
BERLUSCONI MARCHINI MATTEO SALVINI GIORGIA MELONI
Se si aggiunge la freddezza di Salvini, le stoccate reciproche, la decisione di non presentarsi mai assieme su nessun palco in questa chiusura di campagna elettorale, si capisce come riprendere il cammino non sarà affatto facile. Tanto più se i mugugni di mezza FI si tradurranno in richieste di contare: «Serve una cabina di regia in cui si torna a ragionare assieme», avverte Gasparri. Da domani, ci sarà da lavorare.