Estratto dell’articolo di Maria Teresa Meli per “Sette – Corriere della Sera”
giovanni diamanti filippo sensi
Filippo Sensi, classe 1968, senatore del Pd, giornalista e blogger per vocazione, politico per professione (o viceversa?), non è noto al grosso pubblico. Eppure questo quasi cinquantaseienne, dall’aria gentile ma dall’animo tosto, è stato più volte nella sua vita nella stanza dei bottoni.
Giovanissimo, nell’ufficio stampa dell’allora sindaco di Roma Francesco Rutelli, il primo cittadino capitolino che ormai anche i suoi vecchi nemici, ovvero i tassisti, rimpiangono. Poi con Matteo Renzi, al Partito democratico e a palazzo Chigi, come portavoce, uomo immagine e fidato consigliere, infine con Paolo Gentiloni, nello stesso ruolo e nello stesso edificio.
renzi filippo sensi
Perciò non c’è politico (o giornalista) che non lo conosca. Il grande pubblico invece non sa molto di lui. Colpa della sua naturale ritrosia, che, però, non gli impedisce di prendere posizioni nette e appassionate che, ogni tanto, gli attirano gli strali del cosiddetto popolo della sinistra, ma che, più spesso, gli procurano i ringraziamenti della cosiddetta gente comune.
Del resto, conoscere Sensi non è facile, a prescindere dalla sua tendenza a non mettersi in mostra (dovuta al fatto che, al contrario di tanti suoi colleghi, non si prende mai troppo sul serio). Infatti esistono tanti Sensi. C’è il Sensi fotografo, che immortala le immagini delle aule del Parlamento vuote quando sono in corso discussioni su provvedimenti importanti.
FILIPPO SENSI PRIMA DOPO
C’è il Sensi ritrattista che pubblica sui social vignette satiriche sull’avversario politico di turno. Era molto attivo soprattutto durante il Conte versione giallo-verde (non è che il personaggio gli stia più simpatico nell’attuale versione, tant’è che in alcuni post su X lo chiama “coso”, senza attribuirgli un nome e un cognome).
C’è poi il Sensi abile stratega della comunicazione che ha contribuito all’ascesa di Renzi. Ascesa che gli è costata svariati chili in più di quelli che già aveva in abbondanza. Li ha acquistati a furia di pizza e Coca Cola negli anni in cui l’allora premier si svegliava alle 5 del mattino e andava a letto alle 2 di notte.
filippo sensi
I chili in più se ne sono andati via con una dieta, che lui definisce «equilibrata», quando Renzi si è dimesso e Sensi ha cominciato a lavorare con Gentiloni, noto nei palazzi della Capitale come “er moviola”, politico intelligente e accorto che non ha bisogno di scalmanarsi per imporre la sua linea. E questa vita più tranquilla ha consentito a Filippo di passare dagli oltre 130 chili di allora al peso attuale, che è sotto i 90. Benché sia stata dura riuscirci, tanto che l’esponente dem non si vergognava di confessare agli amici: «Quando vedo le pubblicità del cibo dei gatti mi viene l’acquolina in bocca».
C’è anche Sensi blogger, che nell’autunno del 2011 fu autore di uno scoop internazionale che provocò le dimissioni dell’allora ministro della Difesa britannico Liam Fox, che aveva non appropriate frequentazioni con un lobbista. Il suo nickname è famoso nel mondo dei social: Nomfup, acronimo di “Not my fucking problem” , frase pronunciata dal protagonista di una serie tv britannica dedicata al mondo degli spin doctor.
filippo sensi marianna madia foto di bacco
Infine c’è il “nuovo” Sensi, quello eletto deputato nel 2018 (dal 2023, invece, siede al Senato), il Sensi che non porta più sui giornali e in tv la voce altrui ma parla per sé. E come parla. Già, perché tanto era freddo nella sua vita precedente di uomo ombra (e immagine) di Rutelli, Renzi e Gentiloni, costretto a districarsi tra politici bizzosi o riservati e giornalisti ansiosi di riempire di notizie i loro carnieri, quanto adesso è passionale, come testimoniano i suoi interventi in Parlamento e sui social, o le sue battaglie. […]
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[…] Il disagio dei giovani è un tema che lo tocca e lo coinvolge. Così un giorno del 2020, senza pudori falsi o sinceri, Sensi prende la parola nell’aula di Montecitorio, tenendo un discorso sul fat shaming che commuove anche i deputati più coriacei. Racconta di sé, bambino, prima, e poi ragazzo grassoccio, delle prese in giro, degli appellativi con cui veniva chiamato (“cicciabomba”, “trippone”, “palla di lardo”).
Racconta di quella volta che un coetaneo gli gridò dietro: «Sensi mi fai senso». E del fatto che ricordi ancora quell’insulto «come fosse adesso». Lo scopo non è provocare qualche lacrimuccia: alla Camera si esamina la proposta di legge sul bullismo e lui ci tiene molto a illustrare un ordine del giorno, a sua firma, sul bodyshaming. […]
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Ed è sempre della scorsa legislatura un’altra sua battaglia, quella sul “bonus psicologo”, iniziata dopo la pandemia, quando è stata istituita questa misura grazie anche all’insistenza con cui Sensi ha posto l’accento sulla necessità di una misura del genere soprattutto per i ragazzi che avevano vissuto in modo traumatico l’isolamento del Covid. […]
Dal disagio dei tanti che sono sopravvissuti alla pandemia come reduci di guerra, ai conflitti veri e propri che fanno sanguinare il mondo. «Io non lascio Israele a se stessa, non lascio Israele alla destra», ha scritto su un post poco tempo fa, attirandosi insulti e critiche della sinistra filopalestinese. E c’è un altro, tragico conflitto, che sembra non finire mai che Sensi segue col fiato sospeso. Sin dall’inizio dell’invasione russa, il senatore dem sta con l’Ucraina senza se e senza ma. E combatte ogni giorno perché la linea del Pd, che ogni tanto sembra ondivaga, resti sul solco tracciato da Enrico Letta durante il governo Draghi. […]
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