Adriano Seu per gazzetta.it
L’onda lunga del Superclasico abortito continua a espellere rifiuti e detriti gettando nuove ombre su quanto accaduto a Buenos Aires nel fine settimana. L’ultima notizia riguarda un procedimento disciplinare aperto ieri sera dalla Conmebol nei confronti del River Plate, ufficialmente indagato per appurare eventuali responsabilità dopo gli incidenti che hanno portato alla sospensione della sfida.
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Un atto puramente formale, ha spiegato la Conmebol, generato automaticamente dal reclamo presentato domenica dal Boca. Questo nuovo colpo di scena, tuttavia, non impedirà alla Conmebol di fissare una nuova data in cui disputare la partita, nonostante il club xeneize abbia chiesto la squalifica del River e la conseguente vittoria a tavolino.
Ciò vuol dire che oggi i vertici federali stabiliranno quando giocare il Superclasico della discordia (presumibilmente tra il 5 e il 9 dicembre), ma nei prossimi giorni il verdetto della commissione disciplinare potrebbe ancora stravolgere tutto annullando definitivamente la partita.
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ATTACCHI E CONTRATTACCHI — Il River ha 24 ore di tempo per presentare una relazione che lo sollevi dalle responsabilità che invece il Boca gli attribuisce. Secondo fonti federali, il procedimento disciplinare potrebbe portare solo a una multa o a una squalifica per le competizioni future, senza incidere sulla finale rinviata per ben due volte l’ultimo fine settimana. Con una lettera pubblicata ieri in tarda serata, il presidente della Conmebol Alejandro Dominguez ha infatti ribadito “la ferma volontà di far disputare questa partita, perché il calcio si deve decidere in campo”.
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Una posizione bizzarra, perché il reclamo del Boca pende come una spada di Damocle e potrebbe stravolgere gli scenari. La scelta più logica sarebbe stata attendere la decisione della commissione disciplinare per evitare l’ennesimo eventuale dietrofront. Ma il tempo stringe e l’incombente Mondiale per Club (con debutto per il campione del Sud America previsto il 18 dicembre) mette una forte pressione. Fatto sta che il Boca non cambia di un millimetro la propria posizione: non intende giocare la partita e ritiene di dover ottenere la vittoria a tavolino, esattamente come accadde nel 2015 a ruoli invertiti (quando gli xeneizes vennero squalificati in seguito a un attacco con gas urticante sferrato negli spogliatoi contro i giocatori del River).
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RETROSCENA E SOSPETTI — La situazione è intricata e oggi i presidenti di River, Boca e Conmebol si riuniranno nella sede della federazione sudamericana in Paraguay per cercare di venirne a capo. Ma le posizioni restano distanti e al momento è impossibile prevedere come andrà a finire.
A prescindere da quanto verrà deciso oggi, tutto dipenderà comunque dal parere della commissione disciplinare che dovrà arrivare entro martedì prossimo. Nel frattempo, emergono nuovi retroscena sulle ragioni che hanno portato allo scandalo andato in scena in mondovisione tra sabato e domenica: ieri sera si è dimesso il ministro della Sicurezza di Buenos Aires, Martín Ocampo, riconoscendo l’esistenza di gravi falle nel sistema di sicurezza organizzato sabato, con la presenza di “zone franche” che hanno consentito agli ultràs del River di mettere in atto un’autentica imboscata contro il pullman del Boca.
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Il capo di Gabinetto Marcos Peña ha poi tirato apertamente in ballo la mafia del bagarinaggio gestito dagli ultràs: alla radice di tutto vi sarebbe il blitz effettuato dalla polizia venerdì scorso nelle abitazioni di alcuni capi ultràs del River, in cui sono stati sequestrati circa 300 biglietti e 7 milioni di pesos in contanti (circa 160 mila euro) con conseguente arresto di tre leader della “barra” millonaria. “Quando provi a colpire la mafia, questa reagisce”, ha affermato Peña. E a rimetterci, una volta di più, è il calcio, che continua ad alimentare i traffici illeciti.
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