Anna Guaita per “il Messaggero”
PETE TOWNSHEND
È un ritornello comune in tutte le famiglie. I genitori che pregano i figli di abbassare il volume della musica. E i figli che non obbediscono. Interpellati in un sondaggio, i giovani in Europa hanno risposto che la musica va ascoltata al massimo perché «ci si può immergere», «perché dà la carica», o semplicemente con un «ma è musica, che male può fare?». In realtà, se la musica può essere armonica e esaltante, è pur sempre rumore, e può fare un bel po' di male.
Chissà cosa penserebbero tanti giovani che tengono gli auricolari ben ficcati dentro le orecchie, con il suono al massimo, se potessero avvicinarsi ai loro idoli sul palcoscenico e vedessero che la maggior parte dei divi rock indossa saggiamente degli auricolari per diminuire l' impatto della musica che loro stessi suonano.
eric clapton gibson l 5
Sono degli auricolari disegnati appositamente per ciascuno di loro, sia per la conformazione delle loro orecchie e del loro udito, sia perché non siano troppo visibili. E' un trend salutare che ha preso piede man mano che i grandi divi del rock si sono andati rendendo conto che non ci sentivano più bene.
LA CARRIERA
PETE TOWNSHEND 2
E stiamo parlando di grandi divi: da Sting a Eric Clapton, da Pete Townshend a Neil Young. Il problema colpisce perfino dive come Barbra Streisand, che ha ammesso di soffrire sin da quando era giovane di tinnitus, cioè un ronzio continuo causato dall' eccessiva esposizione agli altoparlanti.
Un grande come Phil Collins ha addirittura deciso di abbandonare la carriera, nel 2011, quando si è accorto che il suo udito non era più quello di una volta.
Di tinnitus o sordità soffrono musicisti di ogni estrazione, dunque. E la causa del problema è stranoto: rimanere immersi per lunghi periodi in situazioni in cui la musica superi gli 85 decibel, cioè il rumore di una strada trafficata, alla lunga diminuisce la capacità uditiva o causa tinnitus, sia esso un ronzio, un crepitio, un unico lungo suono, come il biiiiiip che perseguita Will.i.am, il rapper fondatore dei Black Eyed Peas.
phil collins
Ma 85 decibel è un livello ben lontano da quello urlatissimo dei concerti rock. Sin dagli anni Settanta, alcune band hanno registrato record assordanti, sempre intorno ai 115 decibel. Pete Townshend e Roger Daltrey dei Who soffrono tutti e due di una diminuzione dell' udito. Ebbene, per tre decenni il loro gruppo ha detenuto il record del concerto più rumoroso-
Nel 1976 a Londra, il gruppo inglese entrò nel Guinness Book of World Records con 126 decibel registrati a 32 metri dagli speaker. Solo nel 2009 i Kiss sono andati ben oltre con 136. Ma stiamo davvero parlando di livelli che secondo i Cdc, i Centri per la prevenzione delle malattie, negli Usa, non possono che causare danni, sia ai musicisti che agli spettatori.
metallica torino-2
E comunque non c' è nulla di glamorous in un eroe rock che soffra di terribili emicranie perché ha vissuto troppi anni attaccato agli speaker che lo assordavano, come capita a Chris Martin di Coldplay o a Moby di Electronica. O che abbiano perso parte dell' udito, come James Hetfield e Lars Ulrich dei Metallica, o Ozzy Osbourne, il leggendario lead dei Black Sabbath.
Un' altra leggenda, George Martin, il produttore degli album dei Beatles, aveva totalmente perso l' udito quando si ritirò nel 1998, e dovette imparare a leggere le labbra per poter conversare.
il produttore george martin
L' ISTITUTO
Negli Stati Uniti è nato apposta un istituto, con l' aiuto proprio dei Who e dei Metallica, allo scopo di aiutare sia musicisti rock già cresciuti e affermati, sia i giovani che si avviano alla professione o semplicemente amino ascoltare musica con la cuffia.
Lo Hear (Hearing Education and Awareness for Rockers) è guidato da Kathy Peck, lei stessa una ex musicista Rock. Pek confessa che la preoccupazione principale dell' ente non a scopo di lucro è di informare i giovani «che credono di essere invincibili» e non capiscono che «quell' eccitazione che ricavano dalla musica può essere una grande emozione ma anche un danno all' udito».
E allo stesso tempo, Peck ammette che il problema non è solo dei giovani: «Ci sono molti sessantenni che suonano, che vanno ai concerti, che ascoltano con le cuffie, a livelli eccessivi. A loro diciamo: non è mai troppo tardi, proteggete il vostro udito!».