Alberto Mattioli per La Stampa
Il Rossini Opera Festival
Il Rossini Opera Festival numero 38 si è chiuso martedì con lo Stabat Mater e un bilancio confortante: 15.850 biglietti staccati, un milione e 60 mila euro d' incasso, indotto conseguente.
Gli stranieri, al solito, sono la maggioranza: 70%, provenienti da 41 Paesi fra i quali da segnalare il debutto di rossinisti della Georgia e della Nuova Caledonia. Insomma, il Rof si conferma il festival italiano più importante, più internazionale, più stimolante.
E questo, sapevamcelo.
ALBERTO MATTIOLI
Più interlocutorio, magari, il bilancio artistico. Tre opere, al solito. La nuova produzione, Le siège de Corinthe , come già riferito, era nel complesso buona musicalmente, ma inguardabile a causa di una regia insensata della Fura dels Baus. Le altre due erano riprese.
Il Rossini Opera Festival
La pietra del paragone, un vecchio Pizzi rinfrescato (in tutti i sensi, erano tutti sempre a mollo in piscina), al solito molto chic ma stavolta pure divertente, assai godibile anche grazie all' efficiente direzione di Daniele Rustioni. Uno più bravo dell' altro il tenore e i due buffi, rispettivamente Maxim Mironov, Davide Luciano e Paolo Bordogna, ma purtroppo meglio da vedere che da ascoltare la coppia protagonista, Aya Wakizono e Gianluca Margheri.
Meglio ancora è andato Torvaldo e Dorliska , dove Mario Martone coglieva il tono giusto della pièce à sauvetage semiseria ma già romantica e Francesco Lanzillotta si rivelava un direttore rossiniano da seguire e risentire, anche perché non gli è toccata l' Osn Rai, preziosa new entry del Festival, ma la più modesta Sinfonica Rossini.
Il Rossini Opera Festival
Compagnia, poi, di buon livello, con Salome Jicia e Dmitry Korchak a fare gli innamorati cantando bene ma senza emozionare troppo, la sapiente maschera buffa di Carlo Lepore e il bravissimo Nicola Alaimo a dare spessore vocalistico e teatrale al Duca d' Ordow, malvagio a 24 carati che si rivela uno Scarpia con le colorature.
Detto questo, l' annata 2017 dà l' impressione di un Festival un po' in cerca d' identità.
L' esemplare collaborazione con la Fondazione Rossini, certo, va avanti e quest' estate ha prodotto l' edizione critica del Siège , con parecchia musica mai sentita.
Il Rossini Opera Festival
Però ormai le opere di Rossini sono state tutte ritrovate e quasi tutte «ripulite», sicché l' interesse non è fatalmente più su «cosa» si fa, ma sul «come». In questi decenni, il Rof ha cambiato le modalità esecutive e l' immagine stessa di Rossini imponendole al mondo, dunque ha vinto la sua battaglia e compiuto la sua missione. Il rischio è quello di sedersi sugli allori senza continuare a innovare e a rinnovare. Un festival che non rischia non è un festival, è la lezione di Salisburgo.
Per esempio, sul fronte delle regie. Certo, il problema riguarda tutto il teatro d' opera di oggi, ma forse anche più quello rossiniano, così astratto e allegorico: pochi registi riescono a dare un significato drammaturgico a forme musicali che apparentemente non ne hanno alcuno.
Adelaide Il Rossini Opera Festival -1
È abbastanza significativo che la nuova produzione di quest' edizione sia stata un fiasco e abbia invece funzionato l' usato sicuro. Ma non credo che la restaurazione sia la risposta, come farebbero pensare le scelte per il Rof 2018, con un nuovo Barbiere commissionato a Pizzi e Ricciardo e Zoraide a un tassidermista come Marshall Pynkoski (il terzo titolo è Adina e la regista Rosetta Cucchi).
Di più. Forse è arrivato il momento di sperimentare anche sul fronte musicale. Provare, per esempio, qualche orchestra con strumenti «originali», perché il livello raggiunto dai migliori esponenti della movida «filologica» non rende più utopistico come un tempo affidare loro Rossini.
ROSSINI 4
Il Rossini Opera Festival 1
E, azzardiamo perché si tratta di un terreno minato, anche il canto potrebbe rischiare altre vie. Il Rossini reinventato dai mostri sacri della Renaissance non è il Rossini «autentico» e nemmeno l' unico possibile. È semplicemente uno dei tanti modi di cantare Rossini che la Storia ci ha consegnato.
Il Rof ha codificato l' ortodossia rossiniana, sarebbe un peccato si limitasse a custodirla senza provare a rinnovarla.
Con prudenza, senza rotture troppo brusche, senza rimandare deluso in Nuova Caledonia quel signore che ha fatto tanta strada, lo si aspetta alla prova più difficile per le persone, figuriamoci per le istituzioni: rimettersi in gioco.