Marco Molendini per Dagospia
roberto benigni
Sanremo sta diventando come San Gennaro, ogni anno fa il miracolo di ascolti e non si capisce perché. E' un miracolo nazionale, senza uguali nel globo terracqueo (chissà nelle altre galassie), dura da sette decenni, ha avuto alti e bassi, ora con il più anonimo e antico dei conduttori (anche nel nome latineggiante, Amadeus) e in epoca di frammentazione estrema, di piattaforme, social, etc, etc, rievoca un passato lontano di trionfi: quello del monopolio televisivo.
La cosa più incredibile è che ogni edizione è preceduta dal pistolotto sul festival della canzone, quando a Sanremo le canzoni hanno un posto marginale, anzi praticamente non ci sono più, al massimo c'è qualche tentativo di farle risuonare (la bolla che produce fenomeni a getto continuo prima a poi si sgonfierà). All'Ariston a dominare sono i monologhi. Chi viene invitato e non fa il monologo non è nessuno.
E tutti vogliono farlo, a costo, come è successo alla Ferragni, di mettere repentaglio l'aureola di influencer del pensiero moderno. Chiara, con la sua bocca a cuore, ha servito un catalogo di luoghi comuni che magari sui social riescono a calamitare like, ma dal vivo, pronunciati come fa lei con un birignao lombardo, finiscono per suonare inutili più del vuoto. I monologhi bisogna lasciarli fare a chi li si fare come Roberto Benigni, tornato il Benigni dei tempi belli: ha lasciato da parte le esegesi linguistiche e ha sparato un intervento sulla Costituzione (con il placet quirinalizio del presidente Mattarella), destinato a far rizzare i capelli ai partiti di governo.
MEME SULL ABITO DI CHIARA FERRAGNI A SANREMO
Tutto il resto è glassa e canditi per un panettone postnatalizio dove un pugno di giovanotti e giovanotte senza passato, per lo più coi capelli ossigenati, anelli e tatuaggi impensati (Achille Lauro che fa scuola), si veste nei modi più diversi per presentare canzoni (canzoni?) tutte uguali e, se qualcuno stona, poca importa. E' la crisi della musica italiana: non è in grado più di produrre melodie (non ci sono più note libere e la melodia è passata di moda), è preda di un analfabetismo ritmico (basterebbe sentire come vengono accompagnati trap, rap e compagnia oltreoceano) e, allora, si rifugia in una predica dove immancabilmente si parte con una rosario di parole lamentose biascicate (spesso dimenticabili o incomprensibili) e poi si va in crescendo verso un finale che dovrebbe attirare le orecchie anche di chi non ha voglia di ascoltare.
CHIARA FERRAGNI AMADEUS GIANNI MORANDI
Per questo, assomigliandosi tutti, quei giovanotti e quelle giovanotte provano a stupire in altro modo, con l'abbigliamento, inventando nomi improbabili (gIANMARIA, Ariete, Coma_Cose, Colla Zio), maltrattando i capelli, inscenando rabbie da Orlando Furioso contro i fiori del palco, il primo a esserne stupito è apparso proprio il Blanco furioso che farfuglia scuse con Amadeus che farfuglia domande per capire cosa sia successo (e l'avevamo visto tutti tranne lui).
Così, mentre Anna Oxa ulula al vento, si fa largo Elodie con la sua presenza di femmina alfa e una certa autorevolezza interpretativa, sfrutta la scia della sua fama Marco Mengoni imbustato in una tuta fetish che sembra comprata nelle bancarelle di via Sannio, evitano di finire nel mucchio anonimo i Cugini di campagna, vestiti come ai tempi d'oro, coi lombi affaticati dal tempo ingrato (più vecchi loro o i Pooh?).
fiorello viva rai 2 viva sanremo
Tutto ciò spalmato su cinque ore difficili ma a cui riesce difficile sottrarsi. Siamo malati noi italiani? E' probabile, guardando il plebiscito di ascolti. Ha avuto un barlume di lucidità Fiorello quando, intervenendo a fine serata, ha minacciato io mi fermo qui, sto morendo di sonno. Aveva ragione, Rosario: chi glielo fa fare? Anche se poi, vai a vedere i dati e ti accorgi che alle due di notte erano in due milioni e passa a guardarlo. Possibile?
fiorello viva rai 2 viva sanremo gianni morandi chiara ferragni amadeus e fiorello sanremo 2023 fiorello amadeus viva rai 2 viva sanremo