Da Circo Massimo - Radio Capital
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Lo zabaione della nonna, l'hip hop nelle cuffie, i romanzi rosa sul comodino, il sesso prima delle partite, il razzismo da ignorare. E il fantastico mondiale in Giappone. Miriam Sylla, la schiacciatrice della nazionale italiana di volley, si racconta a Massimo Giannini e Jean Paul Bellotto a Circo Massimo, su Radio Capital. Parla dei genitori, originaria della Costa d'Avorio, e di Maria e Paolo, i "nonni" palermitani: "Maria vide mio padre per strada, d'inverno, lo invitò a salire. Lui cominciò a fare le pulizie in casa loro, poi arrivò mia madre e presero casa. E nacqui io. Mio padre mi cominciò a portare con lui a lavoro, e stavo con Maria e Paolo", racconta la giocatrice dell'Imoco Volley, "Mi hanno cresciuta a pane e zabaione. Sono andata in Sicilia tutte le estati fino ai 14 anni, tornavo ingrassata di dieci chili, mia nonna mi faceva mangiare di tutto!". Un debole per il cibo che non nasconde, insieme a quello per la musica, ("mi piace movimentata, soprattutto hip hop e raggaeton"), per i libri ("leggo tanto, soprattutto romanzi rosa o gialli") e per il fidanzato Ludovico:
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"Studia, ma prima giocava a pallavolo, era bravino". Si discute sempre se il sesso prima delle partite faccia bene o no: "In generale le donne dicono di sì", risponde Sylla. Che ricorda come l'amore per la pallavolo sia nato quasi per caso: "Mia cugina mi chiese di accompagnarla agli allenamenti di pallavolo, mi chiesero di provare perché mi vedevano alta. Da piccola volevo fare la ballerina classica, ma non avevo il fisico: ero già molto alta e avevo anche un bel po' di pancia! Mia nonna complottava", dice la ventitrenne, che definisce la pallavolo "una catena, uno sport in cui da sola non fai niente".
E uno sport senza etichette, senza razzismo: "Nella pallavolo non etichetti una persona per dov'è nato, cos'ha fatto, i genitori. Lo vedi come un giocatore. Ha la maglia, è italiano, punto". Ma gli episodi di razzismo "sono capitati, certo. Ma è come una persona che ti manda a quel paese dalla macchina, è uno stupido e basta", dice la giocatrice italiana, "Ora non mi interessa, a meno che non vengano a dirmelo davanti. Sono dell'idea che tutti possano fare quello che vogliono e pensarla in maniera diversa, basta che non mi vengono a rompere le scatole. Ci rimango male solo se questa persona è vicina a me". Da bambina, gli insulti non mancavano: "Mi innervosivo di più e ci rimanevo male, pensavo 'cavolo, vanno al mare per abbronzarsi e poi mi insultano'".
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Adesso è andata oltre, ma quando le si chiede se trova la situazione peggiorata, non ha dubbi: "Nell'ultimo periodo, sì". Uno è capitato anche a suo padre: gira nella Hyundai Tucson che proprio Miriam gli ha regalato, e al TG Zero di Radio Capital ha raccontato che c'è chi gli chiede con sospetto come ha fatto ad avere quell'auto, quasi accusandolo di essere un ladro: "Quando me l'ha raccontato", dice Miriam sorridendo, "ci ho riso, non ci sono neanche rimasta male. Gli ho detto 'goditi la tua macchina, papi'". Nessuna polemica nemmeno con l'acqua Uliveto, rea d'aver "nascosto" Paola Egonu dietro una bottiglia in uno spot: "Sinceramente, anche quando me l'hanno detto, mi sono chiesta se mi dovevo arrabbiare. È una pubblicità, se mette me o una mia compagna di squadra è uguale", spiega la schiacciatrice, "Io neanche c'ero in quella foto, ero infortunata. Non urlo al razzismo per queste cose. La bottiglia dovevano metterla sopra a qualcuno, la metteranno dove capita. Non mi ha minimamente toccato". Pochi giorni fa, Miriam aveva detto che Salvini, davanti alle loro vittorie, "faceva i salti di gioia": è sembrato uno sfottò ma, spiega, "non ero ironica, io credo che abbia fatto davvero i salti di gioia. Noi siamo l'esempio di integrazione. Cioè, meglio di così...".
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Quell'esempio di integrazione è arrivato fino a una sorprendente finale ai mondiali in Giappone: "Non ci aspettavamo di arrivare fino in fondo", ammette Miriam, "C'è l'amarezza per non aver vinto, ma quando siamo atterrate in Italia ci siamo rese conto che abbiamo fatto veramente una grande cosa. Era come un film. Siamo molto contente ed emozionate". Dal Giappone si porta dietro "gli abbracci, gli sguardi, le lacrime, le strette di mano, le litigate". Perché di litigate ce ne sono, eccome: "Io litigo quasi con tutti, ho un carattere del cavolo. Però sono così, dopo cinque minuti si passa. Anzi, per diventare proprio amica di una persona ci devo prima litigare, sennò non è un'amicizia vera". Fra le amiche con cui ha discusso c'è Paola Egonu: "Abbiamo fatto una litigata grossa, mi ha detto una cosa che non mi è piaciuta durante l'allenamento, prima del mondiale. Poi dopo, in disparte, siamo esplose e abbiamo discusso. Probabilmente era proprio dovuta alla tensione della vigilia". Ma il gruppo azzurro è fatto soprattutto di sorrisi: "Abbiamo costruito il nostro sogno un mattoncino alla volta, con molta tranquillità e serenità", dice Sylla, "Il sorriso è una delle nostre caratteristiche. Non è che sorridi a cavolo se sbagli o stai perdendo. Ma girava, ce lo trasmettevamo a vicenda. Era bello".
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