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Testo di Boris Johnson pubblicato da “Libero Quotidiano”
Se c’è una cosa che mi manda in bestia è quando qualcuno tira fuori la storia della superiorità morale. Ad esempio, quei predicozzi col ditino alzato che sentiamo in questi giorni contro l’Inghilterra e il modo in cui fronteggiamo la grande emergenza europea dell’immigrazione. Sembra che la Gran Bretagna sia stata malvagia,meschina,in errore e, soprattutto, egoista. Per Sir Bob Geldof siamo “fottutamente vergognosi”. I giornali tedeschi ci hanno definiti “fannulloni d’Europa” per il nostro rifiuto di accettare il sistema di ripartizione per quote dei migranti deciso da Bruxelles.
Domenica l’ex presidente della Commissione europea Romano Prodi è saltato fuori a dire che la nostra malavoglia a essere all’altezza del nostro “dovere morale” - cioè accettare le quote - sarà punito nei prossimi colloqui sulla riforma della Ue. Beh,amici, non voglio essere volgare ma mi sento proprio di mandare a quel paese tutti questi denigratori della Gran Bretagna.
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Tutti quanti in questo Paese sono rimasti straziati dalle immagini delle spiagge turche; ognuno è in pena per quelli che stanno fuggendo miseria e torture in Siria, o le cui case sono state ridotte a rovine. Ho letto la storia incredibile di un uomo che si è trascinato sulle stampelle per centinaia di miglia - ferito come era in due diversi bombardamenti - fino in Ungheria. Quelle persone meritano la nostra ammirazione, il nostro aiuto, la nostra generosità e noi dovremmo fare ogni cosa ragionevolmente in nostro potere per accogliere i rifugiati. Ma a tutti quelli che dicono che la Gran Bretagna è stata troppo cauta, voglio elencare i seguenti punti a nostra difesa.
Primo, il Regno Unito è di gran lunga il primo Paese europeo per gli aiuti umanitari alla Siria; ho visto di persona quello che i nostri ragazzi del Dipartimento per lo sviluppo internazionale stanno facendo aiutando chi fugge dall’Isis, nei campi dell’Iraq settentrionale: noi inglesi possiamo andarne fieri.
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Il secondo punto è che il Regno Unito è statoforse l’unico Paese europeo a voler anche solo parlare di una azione militare sul campo a protezione dei siriani - in quel precario momento in cui la leadership dei ribelli non era ancora finita nelle mani dei fanatici. Dovete ringraziare Miliband e i laburisti se l’opportunità è stata sprecata [...].
In terzo luogo, a difesa della Gran Bretagna bisogna dire che questo è stato un fallimento collettivo dell’Europa e c’è un aspetto chiave della questione da cui si può capire come la risposta confusa di alcune capitali europee abbia peggiorato le cose. È una cosa dura da dire, ma bisogna accettare il fatto che non tutti quelli che stanno cercando di raggiungere l’Europa sono necessariamente dei rifugiati, non nel senso stretto del termine almeno.
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Guardate quella folla che marcia dalla stazione di Budapest. Sembra composta quasi del tutto da uomini giovani e forti, gente certo in cerca di un futuro migliore, ma non è crudele far notare che molti di loro stanno approdando in Europa come migranti economici. Dobbiamo perciò essere molto cauti circa i segnali che mandiamo al mondo.
Viviamo in un’epoca di comunicazioni istantanee sui social media, di rapidi e diffusi cambiamenti della psicologia di massa, ed è anche troppo facile vedere come un generoso messaggio di apertura e accoglienza ai rifugiati possa essere male interpretato da milioni di personeche vivono nellenazioni relativamente più povere che circondano il Vecchio continente - cioè come un invito a levare le tende e entrare in Europa.
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C’è un reale pericolo di innescare ulteriori flussi migratori. Dobbiamo riflettere bene sull’impatto potenziale di tali movimenti di persone,specialmente se dovessero accelerare - non solo nei Paesi di arrivo ma anche in quelli di origine. È senza dubbio vero che negli ultimi anni Germania, Italia e svariati altri Paesi occidentali hanno visto una decisa caduta del loro tasso di natalità. [...]
Accettando grandi numeri di giovani e forti e migranti, agiscono non solo spinti dalla compassione - che non può essere certo negata - ma anche da una logica economica. Non si può invece dire che la Gran Bretagna sia nella stessa posizione. Stiamo vivendo un boom di nascite.Le nostre scuole scoppiano - almeno a Londra - e le richieste crescono di contino.
La popolazione della capitale inglese è cresciuta di 122mila unità solo lo scorso anno. Sono forse l’unico politico inglese degli ultimi anni ad aver sostenuto che l’immigrazione può essere una cosa meravigliosa; e credo che Londra sia la parte più dinamica e produttiva di tutta l’Unione europea in parte proprio perché il 40% della sua popolazione è nata all’estero.
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Però, nel l’affrontare la pressione che ci fronteggia - mancanza dicase,aumento di senzatetto da altri Paesi europei - dovrebbe senza dubbio essere consentito a noi, in Gran Bretagna, di decidere quanti nuovi arrivi accettare - e non a qualche “quotaburocrate” di Bruxelles.
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Per concludere, dobbiamo farci delle domande a lungo termine su alcuni di questi Paesi in crisi, sull’impatto che avrà la partenza dei loro talenti migliori, divisi fra tante nazioni europee. Certo, dovremmo aiutare quelli che non hanno realistiche speranze di tornare a casa, ma sarebbe anche sensato migliorare le condizioni nei campi profughi per quelli che un giorno dovranno tornare in Siria per ricostruire il Paese e offrire un futuro alla Siria.
Per dare a questi siriani quella speranza di un ritorno è sempre più evidente che dobbiamo fare di più. È tempo ancora una volta di sollecitare l’azione militare, far sì che Washington si accorga di un problema che non si sta risolvendo,anzi peggiora. Se i generali pensano che i bombardamenti aerei - o qualunque altro intervento - possa funzionare contro l’Isis,allora bisogna ascoltarli. Solo se fossero più pronti ad aiutare così la Siria, potrei accettare che i nostri amici europei ci facessero di nuovo la morale.
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