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    IL SINDACO PIACIONE NEI GUAI PER I MESSAGGINI - MATTIA PALAZZI DEL PD, SINDACO DI MANTOVA, INDAGATO PER CONCUSSIONE: AVREBBE CHIESTO SESSO IN CAMBIO DI FONDI PUBBLICI PER UNA ASSOCIAZIONE - MA LA PRESUNTA MOLESTATA NEGA TUTTO: 'MACCHÈ FONDI, ERA SOLO IL PATROCINIO GRATUITO DEL COMUNE. SE EMERGERANNO FALSITÀ SU DI LUI LO DIFENDERÒ'


     
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    1. «FAVORI SESSUALI IN CAMBIO DI FONDI» L' INCHIESTA SUL SINDACO SCUOTE MANTOVA

    Elena Tebano per il ''Corriere della Sera''

     

    Ha colto di sorpresa tutti, a Mantova, l' indagine per concussione della Procura della Repubblica nei confronti del primo cittadino pd Mattia Palazzi. A cominciare dal sindaco, che ieri ha lasciato la sua scrivania in via Roma e si è preso «due giorni di stacco» perché troppo «provato» da accuse definite «senza fondamento» e «lontanissime dalla sua etica».

     

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    Poi la città, che ha reagito incredula, e infine persino la presunta vittima della concussione, che ha scoperto dell' inchiesta mercoledì mattina quando i carabinieri del nucleo investigativo sono arrivati a casa sua per sequestrarle il cellulare alla ricerca della prova del reato: messaggi via WhatsApp. Non è stata lei infatti a denunciarlo - ed è una delle stranezze di questa vicenda -, ma una terza persona, che indiscrezioni vogliono vicina agli avversari politici di Palazzi.

     

    Sulla base dell' esposto, gli inquirenti guidati dal sostituto procuratore Donatella Pianezzi accusano il sindaco trentanovenne, che non è sposato ma ha una compagna, di aver abusato del suo ruolo per cercare di ottenere favori sessuali. La presunta vittima, la vicepresidente di un' associazione culturale cittadina, gli si era rivolta per avere il patrocinio del Comune a un evento da lei organizzato, poi ottenuto a titolo gratuito.

    La donna (che chiede di rimanere anonima) è stata ascoltata in Procura come persona informata sui fatti.

     

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    Ieri si è chiusa nel silenzio, ma il giorno prima - ed è un' altra stranezza di questa storia che scuote la placida tranquillità della provincia mantovana - aveva dichiarato alla Gazzetta di Mantova , la prima a dare notizia dell' indagine, di non aver «mai mosso nulla» contro il sindaco. «Anzi - ha aggiunto - se emergeranno falsità sul suo conto lo difenderò».

     

    Parole che però secondo la presidente dell' associazione di cui fa parte sarebbero state «travisate». Perché - dice - «quello che è emerso finora è solo la punta dell' iceberg, i messaggi del sindaco ci sono e sono pesanti: una cosa molto grave da parte di una persona che ha un ruolo e un' autorità». Lei li ha visti, ma non vuole svelarne il contenuto: «C' è un' indagine in corso. Ma proprio per quello che era successo abbiamo deciso di non usare il patrocinio che ci aveva dato il Comune», chiarisce.«Adesso penso che avrei fatto meglio a denunciare io tutta la vicenda».

     

    Neppure lei e la presunta vittima sanno come è arrivata all' attenzione degli inquirenti: «I messaggi però a un certo punto avevano iniziato a circolare in città: qualcuno che li ha letti deve aver deciso di fare l' esposto», ipotizza.

    La Procura in ogni caso lo ha preso sul serio: mercoledì mattina Mattia Palazzi ha ricevuto un avviso di garanzia e un decreto di perquisizione che ha portato al sequestro del suo telefono cellulare.

     

    «Lo scambio di messaggi è avvenuto, i due si conoscevano, ma il sindaco esclude di aver forzato in alcun modo la signora ad avere rapporti sessuali, che peraltro non ci sono mai stati - ribatte l' avvocato di Palazzi, Paolo Gianolio -. Il mio assistito non ha mai fatto leva sulla sua autorità per ottenere favori di quel tipo. Se c' è stato qualcosa è stato più una sorta di provocazione nei suoi confronti. I messaggi - conclude - io non li ho visti, perché sono rimasti sul cellulare sequestrato dai carabinieri. Ma le accuse mosse al sindaco sono lontanissime dal suo modo di essere e dalla sua etica: nei prossimi giorni chiederemo di essere ascoltati dai magistrati per chiarire tutto» .

    (ha collaborato Sabrina Pinardi)

    MATTIA PALAZZI MATTIA PALAZZI

     

     

    2. RAFFICA DI SMS AL VAGLIO, MARTEDÌ IL SINDACO PALAZZI DAL PM

    Estratto dall'articolo di Gabriele De Stefani e Rossella Canadè per 'La Gazzetta di Mantova' http://gazzettadimantova.gelocal.it/

     

    Telefonini, tablet, computer: gli strumenti tecnologici del sindaco, della vicepresidente e della presidente dell’associazione sono già al vaglio degli inquirenti, che cercano prove delle pressioni che Palazzi avrebbe esercitato abusando del suo ruolo pubblico. Qualcosa, pur nell’assoluto riserbo di procura e carabinieri, filtra: i messaggi e le fotografie che i due si sono scambiati via WhatsApp e Facebook sono numerosi e vanno al di là delle comunicazioni istituzionali. Il sequestro del telefono, invece, si spiega anche con le difficoltà tecniche che gli inquirenti hanno nel “bucare” l’impenetrabile app di messaggistica.

     

    Se la circostanza di per sé rientra nella sfera privata della vita di Palazzi, i contorni dell’interesse pubblico si delineano sotto diversi profili. In primis perché l’ipotesi dell’accusa è che quei messaggi contengano indebite pressioni: ad esempio in uno, che compare nel mandato che i carabinieri hanno consegnato alle parti dopo i sequestri, si legge un riferimento esplicito del sindaco al supporto che lui può dare alle associazioni e si chiude con un generico “Cerca di attenerti alle regole!”, che può assumere un peso solo se inserito in un particolare contesto, ancora tutto da dimostrare. Una battuta magari infelice, una piccola vanteria o invece un modo per mettere pressione?

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    C’è poi - uscendo dalle dinamiche da codice penale ed entrando in quelle della credibilità e dell’opportunità politica - l’aspetto della distanza con quanto dichiarato giovedì da Palazzi: il sindaco aveva parlato di «alcuni incontri nel mio ufficio per parlare dell’associazione e di qualche scambio di messaggi», parlando di una conoscenza superficiale. In realtà il quadro che emerge è quello di una corrispondenza molto più intensa e non limitata all’attività istituzionale. È plausibile che Palazzi parlando con la Gazzetta abbia coperto parte della verità mentre invocava trasparenza perché umanamente in uno stato di comprensibile difficoltà, tanto da lasciare la città per qualche giorno per cercare di allentare la pressione.

     

    «Sì, magari qualche battuta e qualche ammiccamento ci sono stati – dice la vicepresidente al centro dell’inchiesta, a sua volta correggendo il tiro rispetto al giorno prima – ci siamo scambiati molti messaggi, ma mai ho percepito pressioni indebite da parte di Mattia, altrimenti lo avrei denunciato. Io sono stata sentita dal magistrato solo come persona informata dei fatti, ma ho deciso di affidarmi comunque ad un avvocato che possa tutelarmi se necessario».

     

     

     

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