Carlo Bertini per “la Stampa”
conte letta
«Bene la discussione interna ai partiti, ma il limite deve essere la tenuta del governo e le alleanze internazionali»: sono questi i termini, declinati in vario modo dal leader e dai vari big, con cui il Pd di Enrico Letta porrà due paletti a Giuseppe Conte nel plenum della Direzione. Avvertendolo che se verrà superato un paletto, togliendo la fiducia al governo ad esempio, verrebbero meno i presupposti per un'alleanza. Il sospetto dei dem è che a ottobre Conte voglia far cadere il governo.
La certezza è che non stia facendo nulla per preservare l'alleanza, avendo pure detto che non si sente vincolato. Con la recessione alle porte e una guerra aperta, Letta a questo punto ha bisogno di mettere le cose in chiaro. Specie di fronte ad un partito in subbuglio, come dimostrano le uscite dei dirigenti meno teneri con i grillini - come l'ex capogruppo Andrea Marcucci vicino a Renzi, o come Alessandro Alfieri, coordinatore della corrente del ministro della Difesa, Lorenzo Guerini.
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«Un anno fa - questo un passaggio del discorso del leader Pd - abbiamo detto: il governo Draghi è il nostro governo. Lo abbiamo dimostrato nei fatti e ci ha rigenerati. Lo diciamo ancora più forte oggi. È vero: spesso è faticoso, ma mai come ora servono coesione e serietà». Questo perché «la recessione è un rischio concreto, dietro l'angolo». L'allarme lanciato da Letta è proprio il rischio crisi economica: «Le altre forze politiche vogliono il conflitto sociale? Noi no. E al governo chiediamo, dopo il passo avanti con il decreto Aiuti, tre parole: lavoro, lavoro, lavoro».
Detto questo, per Letta «il Pd ha riguadagnato centralità, forza e generosità.
GIUSEPPE CONTE CON ENRICO LETTA
Stiamo lavorando a una coalizione larga e sono molto convinto che questo lavoro porterà i suoi frutti soprattutto in vista delle politiche». Il segretario dem certo rivendicherà le alleanze raggiunte nel 70% dei comuni che vanno al voto il 12 giugno. Data che comporta però pure un'insidia, i referendum sulla giustizia, sui quali il Pd non è compatto.
Ma Letta schiera il partito su cinque no. Motivando così la decisione: abrogare tutta la Severino (che va modificata per tutelare i sindaci onesti) consentirebbe anche ai mafiosi di candidarsi - questa la spiegazione. Togliere la possibilità di comminare misure cautelari per il rischio di reiterazione del reato darebbe ad esempio a uno stalker libertà di azione. Gli altri quesiti sono assorbiti dalla riforma approvata alla Camera e ora al Senato, che la Lega vorrebbe si votasse dopo il referendum: il voto dell'avvocatura sul Csm e niente più firme per le candidature dei magistrati, mentre la Camera ha trovato una mediazione su un solo passaggio di funzione: il referendum vuole azzerarli, come antipasto della separazione carriere.
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