Silvia Turin per www.corriere.it
Il Giappone ha appena autorizzato i test basati sulla saliva per il nuovo coronavirus, un modo per aumentare gli screening di massa e ridurre il rischio per gli operatori.
CORONAVIRUS - TAMPONE
L’adozione in Giappone
«Diminuiremo notevolmente gli oneri che derivano dalle misure di prevenzione nelle strutture per la raccolta di campioni», ha detto martedì il Ministro della Sanità ai giornalisti. Il Giappone è molto indietro rispetto alle altre nazioni industrializzate in termini di numero di tamponi effettuati.
Al 1 giugno aveva condotto 2.31 tamponi per 1.000 persone, molto al di sotto dei 64.67 dell’Italia e dei 51.17 degli Usa. Il ministero ha quindi approvato due dozzine di test diversi su saliva. Martedì a Tokyo sono state segnalate più di 30 nuove infezioni e per la prima volta il numero di i casi quotidiani ha superato i 30 in 19 giorni. L’ultimo cluster di infezione è in un ospedale, il Musashino Central Hospital.
Test su saliva, di cosa si tratta
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Il test sulla saliva è di tipo “molecolare”, basato sulla stessa tecnologia che serve per i tamponi e produce gli stessi risultati, solo che il campione non viene prelevato con un bastoncino dal naso o dalla gola, ma raccogliendo la saliva in una provetta. Questo rende l’esecuzione più sicura anche per gli operatori: addirittura negli Usa la Food and Drug Administration (FDA) ha approvato un test di raccolta della saliva a domicilio. Si sputa in un imbuto, la saliva scivola in un liquido di conservazione e una volta che il liquido diventa blu, il campione viene spedito in un pacchetto sigillato a un laboratorio, dove viene analizzato.
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Anche più sensibile
Secondo uno studio dell’Università di Yale (non ancora pubblicato) i campioni di saliva sono “un’alternativa interessante”: un test minimamente invasivo, meno rischioso per gli operatori sanitari e soprattutto sembra anche più “sensibile” dei tamponi. Nel test effettuato dagli studiosi, la saliva ha prodotto una maggiore sensibilità di rilevazione nel corso dell’infezione.
CORONAVIRUS - COME SI ESEGUE UN TAMPONE
In un caso, il tampone di un operatore sanitario è risultato negativo per due giorni prima di diventare positivo il terzo, invece la saliva aveva da subito rilevato il virus. In una ricerca separata, il team dell’Università di Yale ha detto che la saliva avrebbe potuto rilevare il virus in persone solo lievemente malate, mentre un tampone rinofaringeo non avrebbe potuto. I risultati sono però disponibili entro 72 ore, quindi 3 giorni. Adesso invece i tamponi hanno risultati più veloci e c’è sempre il problema dei reagenti, visto che la diagnostica si basa sullo stesso principio.
Abbassare il rischio per gli operatori e avere un test ugualmente affidabile (se non maggiormente) è l’obiettivo comune: anche in Europa presto sarà disponibile un test rapido in grado di diagnosticare dalla saliva, in una sola ora, la positività al nuovo coronavirus. Non è paragonabile però in tutto e per tutto al tampone “classico”. Ogni volta che si legge la parola “rapido”, infatti, bisogna pensare a un test comunque meno sensibile e quindi meno affidabile (come il tipo test di gravidanza). Il nome del test rapido salivare sarà “EasyCov”. La produzione su larga scala è già iniziata. Prevede la raccolta di meno di 1 millilitro di saliva sotto la lingua del paziente. Si prevede che otterrà il marchio CE nella prima metà di giugno, dopodiché sarà prodotto in Francia da Firalis. Il costo del test dovrebbe aggirarsi intorno ai 20 euro. La commercializzazione sarà gestita da Skillcell.
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In Italia anche i test basati su antigene
Anche in Italia ci sono da tempo tamponi “rapidi” anche se basati su campione rino-faringeo. Sono strumenti utilizzati dalla “prima linea” in fase di emergenza perché hanno consentito di abbattere il tempo di risposta da 6-7 ore a 60 minuti e viaggiano su macchine di piccole dimensioni che esaminano 8 campioni per volta. È un kit per le strutture di triage. I test sono affidati alle Regioni che in alcuni casi hanno deciso di utilizzarli.
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Poi ci sono i test rapidi su saliva non basati su analisi molecolare (quindi come quella dei tamponi) ma su “antigene”. Sono stati studiati e sperimentati In Italia anche dall’Università dell’Insubria in collaborazione con l’Asst dei Sette Laghi. Si cerca il virus con l’anticorpo specifico per la proteina spike che è quella che è presente (a punta) sulla superficie del patogeno e c’è un reagente che colora la presenza del virus creando una striscia, come nel test di gravidanza. Il test sta attendendo le autorizzazioni per un uso più diffuso dopo una sperimentazione su 137 pazienti.