rachele ferrario
Rachele Ferrario per Dagospia
Il Surrealismo non è morto. “Lo stato d’animo surrealista, il comportamento surrealista, è eterno”. Ha ragione André Breton, quando scrive queste parole a Parigi nel 1934 a dieci anni dalla nascita dell’ultima avanguardia, la più sovversiva, senz’altro quella che riconosce più spazio d’azione alle donne.
Come? In un gioco di specchi e con l’androginia che azzera il conflitto, il dualismo maschio-femmina. Dorothea Tanning, americana dell’Illinois, nel suo Il gioco magico dei fiori, 1941 inscena l’apparizione onirica di un efebo capace di partorire dal proprio corpo fiori bellissimi. Nella stanza senza soffitto la luce illumina e proietta un’ombra, l’altro lato del corpo, che nasconde un mistero: l’inconscio e il mostruoso.
Giorgio de Chirico Peggy Guggenheim Venezia 2022
L’ombra inquieta e interroga: chi è veramente? Maschio o femmina? Chi sono? E scardina il luogo comune della donna indifesa, della donna oggetto di desiderio, destinata a perpetuare lo schema dell’eroe venuto a salvarla. L’androgino fiorato ricorda la fluidità e le icone della moda di oggi e gli artisti del Pop Surrealism della West Coast americana; ma la stanza senza soffitto rimanda a quella di de Chirico, genio del XX secolo, che i futuristi avrebbero voluto tra le loro fila senza mai riuscirci. Il suo “Il cervello del bambino” fin dal 1914 anticipa il sentire del secolo e da sola vale l’opera la visita fino a Venezia.
Per il padre del surrealismo Breton, il dipinto rappresentava un caso di androginia e trasformazione di genere. Il titolo dato da de Chirico allude a un bambino, ma ritrae un uomo con gli occhi chiusi, le ciglia, i baffi accentuati, il collo tarchiato e per lo stesso Breton richiama la teoria sui sogni di Freud e la magia.
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Il surrealismo è “eterno” ed è oggi anche attualissimo. E non solo per via delle presenze femminili. Le donne intercettano il potenziale surrealista nei temi della mitologia e dell’occulto. Max Ernst provoca, apre una strada, vuole scardinare. Dipinge l’antipapa nei panni di una femmina. La donna è stata strega, chimera, sfinge, sacerdotessa, dea, femme fatale, figura erotica e sessuale.
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E allora le surrealiste da Leonor Fini a Remedios Varo cominciano a prendersi quello spazio e a evocare il magico e l’ineffabile. Nessuna di loro vuole più rappresentare donne sottomesse. S’ispirano al mondo delle fiabe celtiche come Leonora Carrington, o a quelle della natura, simbolo di una violenza sessuale che può essere tutta femminile come il girasole-specchio della Tanning, che gioca sull’idea di seduzione come identità femminile, ma è un evidente rimando sessuale.
Accade talvolta che le surrealiste giochino in coppia. Max Ernst e Leonora Carrington ai tempi del loro amore, durato appena tre anni, si ritraggono a vicenda, in quadri allegorici, esplorano il mondo dell’occulto e dell’alchimia (la sapienza antica di trasformare la materia e immagine dell’umore malinconico dell’artista).
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Tra le tele più visionarie della mostra sono quelle di Kurt Seligmann, forse perché riprendono lo stile di certi artisti orientali di oggi che rimandano al surrealismo.
Nel 1929 André Breton nel dodicesimo Manifesto scrive: “Toccherà all’innocenza, alla collera di qualche uomo del futuro sceverare nel surrealismo ciò che non può essere ancora vivo, restituirlo, a costo di uno splendido saccheggio, al fine che gli è proprio".
Dorothea Tanning Peggy Guggenheim Venezia 2022 ANDRE BRETON
Un’indagine tra i pittori oggi forse confermerebbe le sue parole. Il fatto che il surrealismo continui a rinnovarsi dall’Europa, agli Stati Uniti al Messico è una conferma che la lezione rivoluzionaria dell’avanguardia di Dalì e di Magritte, e nata in origine da un’intuizione di Guillaume Apollinaire, fra tradizione e arte popolare perpetua il bisogno eterno degli esseri umani di rappresentare coi simboli e di pensarsi come altro da sé: maghi, stregoni, indovini. Figure mostruose di una mitologia contemporanea.
Surrealismo e magia. La modernità incantata, Collezione Peggy Guggenheim, Venezia fino al 26 settembre 2022 (dal 22 ottobre al 29 gennaio 2023, Museum Barberini, Postdam).
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