1 - IL MISSILE COREANO CHE SFIDA GLI USA E TRUMP CI RIPENSA “NOI CON TOKYO”
Federico Rampini per "la Repubblica"
LANCIO DI UN MISSILE DA PARTE DELLA COREA DEL NORD
Il duro apprendistato che impone la realtà sta piegando Donald Trump? Almeno in politica estera, parrebbe di sì. L’ultima lezione arriva dalla Corea del Nord. Che nell’evidente intento di saggiare il nuovo presidente americano, ha lanciato un missile balistico di medio raggio: dopo una traiettoria di quasi 500 km, è andato a inabissarsi nel Mar del Giappone, in un’area vicina a due alleati strategici degli Stati Uniti, la Corea del Sud e lo stesso Giappone.
E il lancio è avvenuto, guarda caso, proprio mentre Trump stava ospitando il premier nipponico Shinzo Abe nel suo resort di lusso a Mar-a-Lago in Florida. Non c’è stato un pericolo reale, né per gli alleati né tanto meno per l’America, tant’è che il North American Aerospace Defense Command (Norad) ha comunicato subito: «Nessuna minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti».
SHINZO ABE E TRUMP
E tuttavia a qualcosa quel lancio è servito. Ha costretto Trump a cambiare i suoi programmi, improvvisando con Abe una dichiarazione congiunta alla stampa, nella tarda serata di sabato in Florida. «Tutti devono capire – ha detto il presidente – che l’America difende il Giappone, suo grande alleato, al cento per cento».
Con questa frase si è spinto ancora un po’ più avanti rispetto a quanto aveva detto il giorno prima nella conferenza stampa bilaterale con lo stesso Abe: «Difenderci dal programma nucleare e missilistico della Corea del Nord è una priorità molto, molto alta».
SHINZO ABE E TRUMP
La dichiarazione successiva al lancio è ancora più esplicita, laddove chiarisce che l’America non intende difendere solo se stessa, ma anche il Giappone, senza riserve e senza indugi. L’affermazione sarebbe stata ovvia in bocca a Barack Obama, e a tutti i presidenti precedenti dalla fine della Seconda guerra mondiale.
Ma Trump in campagna elettorale aveva detto cose diverse. Nei confronti di Giappone e Corea del Sud aveva usato argomentazioni simili a quelle rivolte agli europei: l’America è stufa di spendere per la vostra difesa, dovete pensarci voi. In parallelo con la presa di distanza dagli impegni del Patto Atlantico, in campagna elettorale Trump si era mostrato riluttante ad assumere l’eredità dei suoi predecessori anche per quanto riguarda la sicurezza nell’Asia-Pacifico.
KIM JONG UN
Anche quello sembrava uno strappo clamoroso, dalle conseguenze destabilizzanti. È bastato un test missilistico abbastanza “ordinario” da parte di Pyongyang, e Trump è rientrato nell’alveo della tradizione (come del resto si intuiva dai toni usati pochi giorni prima dal suo segretario alla Difesa, generale Mattis, in missione in Estremo Oriente).
Anche Giappone e Corea si aggiungono alla lista dei dossier sui quali Trump annuncia “avevo scherzato”: l’altro precedente clamoroso è la telefonata di due giorni prima con Xi Jinping, nella quale il presidente americano ha rassicurato il suo omologo cinese sul rispetto del principio per cui esiste “una sola Cina”, quella rappresentata dal governo comunista di Pechino.
KIM JONG UN
2 - LA NORD COREA LANCIA LA SFIDA A TRUMP
Estratto dell’articolo di Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
[...] Il vettore di medio raggio, un Musudan, ha viaggiato per circa 500 chilometri, prima di esplodere. Poco dopo i due leader sono apparsi davanti alle telecamere, per condannare il test. «Il lancio appena fatto dalla Corea del Nord - ha detto Abe - è una violazione intollerabile delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell' Onu, che Pyongyang deve rispettare. La difesa da questi atti è una priorità».
kim jong un 13
[...] Il missile lanciato era di medio raggio, ma Kim ha l'ambizione di costruire un vettore intercontinentale, capace di colpire gli Usa e l' Europa trasportando le testate nucleari già realizzate. Trump non ha specificato come intende reagire, ma il test lo obbliga a farlo in una maniera diversa e più efficace rispetto a Obama.
Le amministrazioni precedenti avevano puntato sulle sanzioni Onu e la pressione della Cina. Non è bastato, e per quanto sia probabile un' altra condanna del Palazzo di Vetro, il nuovo presidente non può fermarsi qui. Secondo Harry Kazianis, Director of Defense Studies al Center for the National Interest di Washington, le opzioni sono tre: «Accelerare la consegna delle difese anti missile Thaad a Seul e Tokyo; spingere la Cina ad essere più attiva per fermare Kim, nonostante il timore di un' ondata di rifugiati; aumentare lo schieramento di truppe nella regione, inviando i bombardieri invisibili B-2 in Corea del Sud».
KIM JONG UN ASSISTE AL LANCIO DI MISSILI
Scott Snyder, direttore del Program on US-Korea Policy al Council on Foreign Relation, pensa che «la replica alla provocazione dovrebbe essere finalizzata a chiarire che il regime rischia la sua stessa sopravvivenza, se non cambierà corso», quindi non escludere l' intervento militare. Proprio per questo Joseph Cirincione, presidente del Ploughshares Fund, ritiene che ci sia anche spazio per trattare: «Pyongyang vuole la garanzia di non essere attaccata e la fine delle sanzioni; Washington vuole che congeli il programma nucleare e missilistico, e lo stop alla proliferazione. Su questa base, considerando che Trump aveva detto di essere disposto a parlare con Kim, e si vanta di essere un deal maker, ci potrebbe anche essere un' intesa».