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    RAPPER NON PORTA PENA - IL TRIBUNALE DI MILANO HA RIFIUTATO LA RICHIESTA DI SORVEGLIANZA SPECIALE PER QUATTRO ANNI NEI CONFRONTI DI BABY GANG, NOME D'ARTE DEL 21ENNE ZACCARIA MOUHIB - PER I GIUDICI IL NON PUÒ ESSERE DEFINITO "SOCIALMENTE PERICOLOSO" E I TESTI DELLE SUE CANZONI "SONO COPERTE DAL DIRITTO FONDAMENTALE DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO" - NONOSTANTE I PRECEDENTI PENALI "MOUHIB RIMANE UN LEADER DI SPICCO NEL PANORAMA DELLA GANGSTA RAP MILANESE ED INCARNA IL PERSONAGGIO ARTISTICO CHE…"


     
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    IL RAPPER BABY GANG IL RAPPER BABY GANG

    Monica Serra per “la Stampa”

     

    «Entro in banca vesto nero completo/ Arma in testa finirai al cimitero/ Capobanda capobranco arma contro il direttore/ Forse è meglio che stai calmo sto mirando dritto al cuore». Di certo non si può negare che i testi di Baby Gang, al secolo Zaccaria Mouhib, siano «intessuti di marginalità sociale, droga, vita violenta, esibizionismo, sessualità esplicita».

     

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    E che i video pieni di armi, auto di lusso, soldi facili delle canzoni di questo rapper ventunenne, emergente nella scena milanese ma già di successo, seguitissimo sui social (800 mila follower) e «sotto contratto da parte di una major musicale» con guadagni milionari, rischino di insinuare nei ragazzi che lo ascoltano modelli di vita quantomeno «non auspicabili», per usare le parole dei giudici. Ma tutto quel che Baby Gang dice nelle canzoni «è coperto dal diritto fondamentale di manifestazione del pensiero».

     

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    A metterlo nero su bianco è il collegio della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Milano, nel provvedimento con cui rigetta l'ultima richiesta di misura di sorveglianza speciale per quattro anni proposta dalla Questura di Milano, dopo che lo stesso esito aveva avuto la richiesta avanzata dai colleghi di Sondrio. Il passaggio sulla libertà di espressione nel decreto è solo incidentale: per i giudici il rapper simbolo della Seven 700 del quartiere San Siro di Milano (anche se vive a Sondrio), non può essere definito «socialmente pericoloso».

     

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    Anche perché «il suo certificato penale riporta l'unico precedente per fatti commessi cinque anni fa», quando aveva quindici anni; e anche l'ultima accusa che gli viene mossa - una presunta resistenza a pubblico ufficiale nell'aprile scorso, quando venne fermato per un controllo con un amico - si è già risolta per direttissima con una sentenza che «ha stabilito l'insussistenza del fatto». Ma la questione resta comunque rilevante.

     

    Anche perché riporta alla memoria il dibattito (mai del tutto risolto) sulla violenza predicata da alcuni generi musicali, soprattutto gangsta rap, l'arte e la libertà di esprimersi e manifestare il proprio pensiero, emerso - con le dovute proporzioni e differenze - già negli anni Ottanta e Novanta negli Stati Uniti.

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    Quando però, tra i rapper di tutt' altro calibro si era sviluppata una singolare gara a chi più volte aveva partecipato a crimini violenti, con personaggi come 50 Cent che arrivava a vantarsi del fatto che i suoi nemici gli avevano sparato per ben nove volte, e altri come Notorious Big e Tupac Shakur, che sono stati ammazzati in sparatorie tra gang diventando icone sacre per l'intero movimento hip hop.

     

     A Milano, tra Daspo ed episodi come la sassaiola davanti alla discoteca Old Fashion, il problema è diventato soprattutto di ordine pubblico, a partire dalla maxi rissa esplosa in pieno lockdown contro la polizia mentre in 300 giravano il video di una canzone in piazzale Selinunte.

     

    ANNUNCIO DEL VIDEO DI BABY GANG GIRATO IN CARCERE ANNUNCIO DEL VIDEO DI BABY GANG GIRATO IN CARCERE

    Tornando al provvedimento di Baby Gang, in cui perde di rilevanza anche il fatto che il ventunenne sia riuscito a girare col cellulare parte del suo nuovo video in una cella del carcere di San Vittore dov' era detenuto (non risulta che abbia usato quel cellulare «per scopi che avrebbero potuto mettere a rischio la sicurezza dell'istituto penitenziario»), i giudici spiegano che «l'organo proponente pone espressamente l'accento sui contenuti di questa offerta musicale e sulla circostanza che «Zaccaria Mouhib rimane un leader di spicco nel panorama della gangsta rap milanese ed incarna il personaggio artistico che si pone in posizioni più radicali e violente rispetto agli altri rapper».

     

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     Ma è evidente che sino a quando mancheranno elementi concreti di riconducibilità di questi contesti a fatti delittuosi, apprezzabili nella loro obiettività, non potranno essere questi gli elementi fondanti di una sorveglianza speciale». Anche per questo, si legge ancora nel decreto, le sue canzoni sono coperte «dal diritto fondamentale di manifestazione del pensiero e possono essere accostate a una misura di prevenzione personale solo se connessa alla consumazione abituale di delitti». Di cui, in questo caso, per il Tribunale milanese Misure di prevenzione mancherebbero «gli estremi».

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