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    IL “MAGO” VALE – IL TRIONFO DEL “DOTTOR ROSSI” MANDA FUORI GIRI NON SOLO RENZI MA ANCHE BRAD PITT: “DAREI TUTTO PER ESSERE COME VALENTINO. E’ UN MAGO” – LA METAMORFOSI DI ROSSI: DALLA MORTE DELL’AMICO SIMONCELLI E’ RINATO PIU’ FORTE DI PRIMA


     
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    1. “A 36 ANNI CONTINUO A CRESCERE”

    Massimo Calandri per “la Repubblica”

     

    «E con questo sono 23, i circuiti dove ho vinto nella mia carriera».

    Però Silverstone vale doppio.

    «Con l’asciutto Lorenzo mi sarebbe finito davanti, era la sua pista. Invece s’è ribaltato tutto. A Barcellona mi era arrivato ad un punto, ma ho ripreso il largo. A Brno mi ha raggiunto, ora è di nuovo a 12 punti. Niente male».

    Psicologicamente per Jorge è una mazzata.

    «No. Di testa rimane fortissimo ( tira un pugno sul tavolo). Diciamo che questa vittoria è importante soprattutto perché Marquez ora è molto lontano. Un pericolo di meno».

    Quarta vittoria dell’anno.

    «Il doppio del 2014, ed era già il doppio del 2013. Vuol dire che continuo a crescere, a 36 anni. Ma se voglio il decimo titolo, devo prendermi altri gran premi».

     

     

    Misano, ad esempio.

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    «Siamo a casa mia. Però bisognerà trovare la concentrazione giusta e non sarà facile, con tutti quei tifosi».

    Qual è il segreto di Valentino?

    «La passione. L’emozione che ti prende 5 minuti prima di montare in sella. Nello specifico, in Inghilterra la differenza l’hanno fatta la qualità della Yamaha e il lavoro del mio team».

     

    Venerdì sembrava un disastro annunciato.

    «Invece abbiamo trovato le soluzioni. Durante il warm up siamo riusciti a raggiungere un bilanciamento e una velocità perfette. Ogni frenata era un’iniezione di fiducia. Poi ha smesso di piovere: pensavo di ripartire da zero, ma all’ultimo è arrivato il temporale e mi sono spaventato, perché avevamo le gomme slick. Per fortuna ce le hanno fatte cambiare. Destino».

    Una gara epica.

    «Difficile, dura. Lunga, e che freddo. Come andare da Tavullia fino in Austria, avete presente?».

    Con la pioggia ci vuole coraggio.

    «Erano forse 10 anni che non vincevo sul bagnato. Al mattino quando mi sono svegliato e pioveva, non sapevo se essere contento o meno. Ma ero molto concentrato: uno di quei giorni che ti senti proprio bene. La moto era scorrevole, mi sono divertito ».

    Per poco Petrucci non tenta il sorpasso.

    «Danilo è un amico ed è molto simpatico, ma se ci provava poteva dire addio agli allenamenti al Ranch (ride). Non riuscivo a staccare Marquez, poi non l’ho più sentito e sullo schermo ho visto la caduta.

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    Mi sono un po’ rilassato, credevo che Petrucci fosse più lontano. Ho pensato: non prenderà dei rischi. Invece no. Ho guidato ‘dolce’, non potevo commettere errori. Un po’ di paura, confesso. Fino a quando ho capito che era fatta. Che fatica. Tutti voglio vincere. Ma io più di tutti».

     

    2. METAMORFOSI VALENTINO DALLA PERDITA DELL’AMICO È RINATO PIÙ FORTE DI PRIMA

    Gabriele Romagnoli per “la Repubblica”

     

    Non perché vince, ma per il modo in cui lo (ri)fa. Non perché sia imbattibile, ma proprio perché è stato battuto, è rimasto indietro, ha mangiato e sputato la polvere, ha recuperato fino a non vedere più nessuno davanti. Non perché sia perfetto, ma perché ha sbagliato e ha capito che doveva riscattarsi di fronte a se stesso, prima che a chiunque, uno, nessuno, centomila, lo amasse.

     

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    Infine e soprattutto: non per il talento, ma per la disciplina che ha messo nell’andare a raccoglierlo in fondo alla clessidra degli anni, fosse ancora una goccia, curarla ed estrarla, una perla di luce, da far splendere come un simbolo di possibilità. Per tutto questo Valentino Rossi oggi rappresenta molto più di quel che è stato, molto più del campione che brillava in un falò di gioventù. È l’uomo maturo capace di ritrovare la serietà che da bambini si metteva nei giochi.

     

    È l’essere ferito dalla consapevolezza della fine oltre la curva e per questo in grado di affrontarla senza cadere. È una felice anomalia italiana: per l’impegno che profonde in ogni giorno feriale, assicurandosi e assicurandoci che arriverà la festa; per il rispetto assoluto e l’ironia complice con cui tratta gli avversari; per il felice paradosso di essere vecchio a metà della vita e allora rottamatevi questo, ma prima provate a prenderlo, se ci riuscite.

     

    Con la vittoria surf sul circuito di Silverstone Valentino Rossi ha aggiunto un capitolo a una storia che si sta scrivendo da sola per forza di volontà e destino. Ha dentro, come tutte le grandi narrazioni, la dote di essere ineluttabile. Comincia il 23 ottobre 2011 in Malesia quando praticamente ai piedi di Valentino Rossi muore il suo amico fraterno Marco Simoncelli. Non c’è punto più basso nella sua esistenza: è a fondo gruppo, con una moto inadeguata frutto di una scelta sbagliata, con un’immagine pubblica scalfita dalle accuse di evasione fiscale. Finito, dicono. E ora questo dolore, questa perdita. Che cosa ti resta? Niente. E tutto.

     

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    Valentino impiegherà mesi e tormenti per fare un gesto semplice: andare a trovare i genitori di Marco nella loro casa su due piani, dove trasportano ogni sera di sopra e ogni mattina di sotto quel che resta del figlio. E ora non aspettatevi la retorica: l’amico fantasma caricato sul sedile, vieni che andiamo a rivincere insieme. Quelli che abbiamo perso sono pesi che abbiamo dentro, ma come lo sono polmoni e cuore: organi (ri)vitali. Valentino Rossi è tornato, non più leggero, e ha fatto un gesto nobile: ha chinato la testa. È ripartito da quel che aveva ancora, dalla smisurata fortuna di averlo ancora.

     

    Il peggior torto che gli si possa fare sarebbe considerarlo un supereroe come quelli dei fumetti, pow! Zam! Costume numero 46 e un’altra impresa è fatta. O vedere soltanto l’allegria del dopo corsa e lasciarsene pigramente contagiare, che ci vuole? Fatica ci vuole, una fatica immensa.

     

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    Non cercate Valentino Rossi in un locale di Londra a festeggiare, non invitatelo a Milano per un evento: è già nel suo ranch ad allenarsi con una torma di ragazzi che ha la metà dei suoi anni. Finge di insegnare e invece impara da loro: gli scarti che fa fare l’entusiasmo, il coraggio della felicità, il punto massimo fino a cui può abbassarsi la moto in piega. E di conseguenza, la forza necessaria per rialzarla. Quindi non chiedetegli un’intervista: è in palestra. E domani invece? Sarà in palestra. Non si arriva primi per acclamazione, nessuna serie di successi determina immunità alcuna e non c’è anagrafe o biografia che valgano il momento.

     

    La riuscita è una prova discontinua, nel senso che la vera grandezza sta nel riaffiorare dal retrovisore con la cicatrice, la condanna, tutto quel che hai perso, tutto quel che hai vinto. Finalmente pronto per la parte. Nei campioni bambini c’è un lato oscuro, un capriccio irrisolto, a volte la desinenza ferale che ha travolto, ad esempio, Pistorius. Se vanno oltre, fino a diventare uomini, possono affrancarsene. L’ineluttabile destino sportivo di Valentino Rossi ha un appuntamento preciso: quattro anni dopo in Malesia. Tutto quel che si può scriverne adesso è: provate a prenderlo.

     

    3. IL TRIONFO DEL “DOTTOR ROSSI” A SILVERSTONE MANDA FUORI GIRI NON SOLO RENZI MA ANCHE BRAD PITT: “DAREI TUTTO PER ESSERE COME VALENTINO. E’ UN MAGO”

    Francesco Persili per “Dagospia”

     

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    «Chi vorresti essere? Darei tutto per essere come Valentino Rossi. È un vero mago». Il mago della pioggia. Anche l’attore Brad Pitt ha il cuore fuori giri per il pesarese protagonista a Silverstone di una gara da Oscar sul bagnato. Vale vince davanti alle Ducati di Petrucci e Dovizioso e allunga in classifica sul rivale Jorge Lorenzo (quarto) ora distanziato di 12 punti mentre la caduta di Marquez mette il campione del mondo della Moto GP fuori dai giochi iridati.

     

    Dopo la tripletta di Bolt ai mondiali di atletica, arriva il trionfo numero 112 di un altro fenomeno della velocità. Più che born to run, born to win. Dove finisce l’asfalto, inizia un’epoca. La sua. A 36 anni, con 9 mondiali vinti, Rossi va a caccia della Decima e per questo si gode il successo di Silverstone: «E’ stata una gara durissima. Come andare a piedi da Tavullia in Austria. Questi punti presi a Lorenzo valgono doppio perché con la pista asciutta sarebbe stato difficile da battere».

     

    Al Dottore non arrivano “gli omaggi” social solo del premier Renzi (Valentino semplicemente strepitoso, a Silverstone è trionfo Italia). “Uuuuuuihhhhh” è il grido di gioia di Jovanotti su Instagram accompagnato dagli hashtag #sento un formicolio e #tuttoacceso (come la canzone-sigla della Moto GP su Sky).

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    «Vederlo guidare è qualcosa di musicale», aveva scritto qualche anno fa sull’Unità Jova, che in Rossi ha sempre visto una specie di Michael Jackson delle due ruote. Thriller, hai presente? Attesa e tensione, brivido ed eccitazione. Quella che aveva ispirato a Lucio Dalla “Due dita sotto il cielo” dedicata alle gesta del pilota di Tavullia. La stessa che spinge ora ad esultare su Twitter Cesare Cremonini («Con il cuore. Gara storica») e il dj Ringo: «Bella gara rock».

     

    Tutti pazzi per Valentino. Anche la tennista Flavia Pennetta cinguetta la sua gioia per il capolavoro del Dottore e per il podio azzurro: «Valentino unico. Rossi, Petrucci, Dovizioso, mamma mia ragazzi che bel risveglio».

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    Mentre l’Italia lo celebra, il “mago” Rossi già pensa al prossimo GP che si correrà a casa sua, a Misano, vicino a quelle strade in cui ha imparato presto ad andare in moto, ad andare in fuga, ad andare, e basta. Perché anche se si è lasciato nove volte indietro il mondo, Vale non ha perso lo spirito di quel ragazzo che correva con gli amici per le strade della Riviera e dava la paga a tutti. Ora come allora conta solo seguire il battito del cuore, aprire il gas. E via andare. A caccia della Decima.

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