sofia goggia vince la terza coppa del mondo di discesa 8
Flavio Vanetti per il Corriere della Sera
La sua terza Coppa del Mondo di discesa Sofia Goggia l'ha vinta da «sbalengata», termine «che certifica lo stato d'animo di chi è agitato e ha un mix di emozioni che fanno deviare dall'obiettivo». Alla libera delle finali di Courchevel-Meribel, dove doveva respingere il tentativo estremo di Corinne Suter di sorpassarla, è arrivata proprio così, a dispetto dei 75 punti di vantaggio: «Una brutta ultima prova, mentre Corinne era stata magistrale. Ho avvertito la tensione, martedì sera ho ritrovato l'equilibrio e ora dico che la pressione è il succo dello sport: c'è chi la regge e chi si fa schiacciare da essa. Io ho resistito».
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Sui social ha pubblicato una foto in cui stringe a sé il globo di cristallo: «Ti coccolo, mia terza bambina». Tre Coppe del Mondo di specialità come Federica Brignone, una in più di Isolde Kostner, la «liberista» eccellente che ha preceduto il fulmine di Bergamo. Tutto è bene quel che finisce bene, anzi quello che nemmeno comincia. Quando Sofia è andata al cancelletto, con il pettorale n. 5, il trofeo - sequel di quelli del 2018 e del 2021 - era infatti già suo: Suter, scesa con il 3, era terza, quindi bocciata prima dall'aritmetica che le concedeva chance solo con un primo o un secondo posto.
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Lei non sapeva di essere una regina confermata e ha provato a mettere in pista quello che oggi può dare, «perché il fuoco lo fai con la legna che hai». Dodicesimo posto, non un capolavoro («Non mi riconosco nella Goggia post-infortunio: ho dominato fino a gennaio, ma poi ho dovuto lottare fino all'ultimo, imparando a costruire anche da zero») nel giorno della vittoria numero 74 di Mikaela Shiffrin, felice anche perché il fidanzato, il norvegese Kilde, s' è preso la coppa della libera pur dando addio a quella generale, ormai nelle mani dello svizzero Odermatt (per inciso, sempre in discesa, l'Italia è terza con Paris).
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La metafora di Sofia è un treno che va a 200 orari: «Tutte noi siamo lanciate. Ma il mio convoglio s'è fermato all'improvviso: ho dovuto aggiustarlo, riavviarlo e riacciuffare le altre. Da Cortina in poi è stato logorante». È così la stagione delle delizie e delle croci («Quando dominavo sciavo in un certo modo; poi ho dovuto adottare un altro stile») ed è anche il tempo del bilancio. Vale di più l'argento olimpico o questo trofeo? «Per l'impresa in sé dico la medaglia: mi ha spinto oltre i limiti. Ma la coppa mi rammenta che, prima di farmi male, in libera ero imbattuta dal 2020».
Un'annata da sei successi, un secondo e un terzo posto, giudicata «con un 7 in pagella» (voto stretto, professoressa), si chiude con un fisico da riportare a lucido - niente superG oggi - e con riflessioni da fare «per capire come gestire meglio alcune situazioni». La terza «coppetta» finirà in libreria, dove Sofia aveva creato lo spazio per qualcosa di superiore: «Sì, avevo fatto un pensiero al trofeo assoluto. Ci riproverò. Che cosa mi manca per scavalcare Shiffrin, che si appresta a battere Vlhova pur avendo vinto meno del solito? La continuità, ma anche una tecnica più solida per compensare i momenti in cui la forma cala».
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È un orizzonte da mettere nel mirino, nonostante tutto: «Non so se la stagione mi ha regalato più sicurezza, però alle sofferenze ha aggiunto le energie mentali per recuperare: ora sono in debito di forze. Magari sarò più sicura a posteriori: ho fatto cose grandissime in condizioni pessime e questo mi ricorderà chi sono».
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