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    IL TWEET DEL CIGNO? - RASA AL SUOLO LA DIRIGENZA, JACK DORSEY TENTERÀ DISPERATAMENTE DI RENDERLO PIÙ SOCIAL. ORA È UNO STRUMENTO PER EMERGENZE O UNA PARROCCHIETTA DI POLITICI, ATTORI E GIORNALISTI - AMMANITI: ''NON LO USO, MEGLIO FACEBOOK'' - BIZZARRI: ''SE LO CHIUDONO E' COLPA MIA, PORTO SVENTURA''


     
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    1. VIA 5 MANAGER, TWITTER PERDE LA TESTA - CRESCE POCO, NON SFONDA TRA I GIOVANI CHE GLI PREFERISCONO ALTRI SOCIAL

    Jaime D’Alessandro per “la Repubblica

    jack dorsey twitter jack dorsey twitter

     

    Quattro, tutti assieme. Twitter perde la testa, o quantomeno perde quattro figure chiave che stavano lavorando al suo rilancio. E invece il fondatore Jack Dorsey, che ha ripreso in mano le redini a giugno, ha deciso che bisognava cambiare rotta. E così Alex Roetter, Brian Schipper, Katie Stanton e Kevin Weil, che dirigevano la parte tecnica, risorse umane, media e prodotto, hanno gettato la spugna. In apparenza volontariamente. A loro si aggiunge Jason Toff, manager di Vine, il servizio video di Twitter, che ora andrà a lavorare per Google.

     

    DORSEY article B E DC x DORSEY article B E DC x

    Non funziona, è sconosciuto agli adolescenti e cresce poco. Nell’ultimo anno è stato superato da Instagram, che ormai è oltre i 400 milioni di utenti, mentre app come We-Chat e WhatsApp hanno raggiunto ripetitivamente i 650 e 900 milioni di persone. Twitter? È ad “appena” 316 milioni. «Non è un segreto che ci siano dei problemi», commenta Vivian Schiller, ex direttore delle news diTwitter dove ha lavorato per un anno chiamata dal precedente amministratore delegato Dick Costolo.

     

    dick costolo jack dorsey evan williams biz stone dick costolo jack dorsey evan williams biz stone

    Era arrivata dopo aver ricoperto la carica di chief digital officer della Nbc News, quella di direttore della Npr e vicepresidente di Discovery Times Channel. Ma anche lei è durata poco. «Dorsey sta tentando nuove strade iniziando dall’immaginare di togliere il limite dei 140 caratteri. È in una posizione davvero difficile: Twitter ha un bacino di utenti fedele che non vuole alcun cambiamento, ma per raggiungere una popolarità maggiore come richiedono gli investitori deve cambiare per forza».

    jack dorsey in classe jack dorsey in classe

     

    Coniugare quel che apparentemente non può essere coniugato, la filosofia del passato con una strategia completamente diversa per il futuro. Il punto è che nessuno capisce bene a cosa stia mirando Dorsey, considerando i tanti segnali contraddittori. Come il licenziare 336 dipendenti ad ottobre regalando poi a tutti gli altri un terzo delle sue azioni pari a 200 milioni di dollari.

    Twitter CEO Dick Costolo Chairman and co founder Jack Dorsey and co founders Evan Williams and Biz Stone left to right applaud as they watch the the New York Stock Exchange opening bell ring on Nov Twitter CEO Dick Costolo Chairman and co founder Jack Dorsey and co founders Evan Williams and Biz Stone left to right applaud as they watch the the New York Stock Exchange opening bell ring on Nov

     

    «Nell’ultimo anno Twitter ha perso molto. Non genera viralità, non incide nelle relazioni, non è più un faro com’era prima», racconta Stefano Epifani, professore alla Sapienza di Roma dove insegna Social Media Management. «Ha raggiunto la sua fama massima con la primavera araba. Ma non costruisci la tua popolarità solo sulle emergenze e sui 140 caratteri pubblicati da politici, star del cinema o giornalisti che non fanno altro che parlare fra di loro».

     

    Insomma, strano a dirsi, ma il peccato di Twitter è l’esser poco sociale. E pensare che è stato lui a diffondere l’uso dell’hashtag nel 2007, quell’etichetta tematica preceduta dal simbolo “#” che è poi diventata a sua volta messaggio. Ma da innovatore Dorsey & Co. si sono ritrovati nelle retrovie non dettando più l’agenda, e finendo per ricopiare quella degli altri.

     

     

    2. AMMANITI: “NON LO USO È ADATTO SOLO AI POLITICI”

    Jaime D’Alessandro per “la Repubblica

    jack dorsey jack dorsey

     

    Niccolò Ammaniti, scrittore che frequenta la tecnologia da tanto, con Twitter non è mai andato d’accordo. E non si sorprende della crisi che sta investendo il social network.

    «Non l’ho mai davvero capito. A volte ti ritrovi in conversazioni delle quali è impossibile capire il capo o la coda, un flusso senza fine. Se non ci sei dentro costantemente ti sfugge il senso».

     

    Eppure molti suoi colleghi lo usano.

    niccolo ammaniti reportage dall india 2 niccolo ammaniti reportage dall india 2

    «Twitter è utile e terribile ad un tempo. Prima non avevi nessun feedback dai lettori dopo aver pubblicato un libro. Dovevi aspettare i dati di vendita, affidarti alle tue sensazioni durante una presentazione. Ora avviene in tempo reale, anche quando qualcuno quel libro nemmeno lo ha finito. Ho provato a seguire quel che dicevano sul mio ultimo romanzo e mi è venuta l’angoscia. La maggior parte sono giudizi netti: fa schifo, è bellissimo. Meglio lasciar perdere. È più adatto ai politici. Per loro va bene. Anzi, va meglio: Twitter è perfetto per comunicare un’iniziativa, qualche proposta di legge, qualche provvedimento preso».

    NICOLO AMMANNITI NICOLO AMMANNITI

     

    Preferisce Facebook.

    «Facebook è diverso. Capisci il carattere delle persone, il loro modo di fare, le passioni. Più spesso capisci come vorrebbero apparire che è ancora più interessante. Guardando quelle pagine puoi costruire una storia su quel che vedi e leggi. Spii e sei spiato ».

     

    Mai stato affascinato dalla brevità? Nemmeno all’inizio di Twitter?

    «No, mi trovo a disagio in 140 caratteri. Eppure se Twitter abbandonasse quella cifra stilistica non sarebbe più lo stesso. Ma non fa per me. Con così poche parole posso fare poco, sarebbe come voler costruire qualcosa con sei mattoncini di Lego. Più la frase si fa breve, più il messaggio conta. E invece a volte il bello è proprio quando il messaggio conta poco e il protagonista diventa il linguaggio».

     

     

    3. BIZZARRI: “TI COSTRINGE ALLA CHIAREZZA BASTA PROLISSI”

    LUCA BIZZARRI LUCA BIZZARRI luca bizzarri con una vera battaglia sul web luca bizzarri con una vera battaglia sul web

    Jaime D’Alessandro per “la Repubblica

     

    Un milione e duecentomila seguaci e non sentirli. Luca Bizzarri, comico e attore che compare quasi sempre in coppia con Paolo Kessisoglu, a Twitter è affezionato. Gli piace esattamente così com’è.

     

    «Se lo chiudono è colpa mia. Capita sempre: dove ho successo porto sventura».

     

    Lo vogliono cambiare. Ci stanno provando.

    «I 140 caratteri non si toccano. Quella è la chiave di volta. Ti costringono ad esser conciso. Ad esser chiaro. Si strillano fatti, o presunti tali, concetti e idee. Poi sta alle persone scegliere, selezionare. Se si passasse a 10mila caratteri diventerebbe impossibile usarlo. Il mondo è pieno di individui prolissi, che parlano troppo e inutilmente».

     

    Altri social network hanno una crescita maggiore e più presa sulle cosiddette nuove generazioni.

    «Possibile. Io però, se non ci fosse Twitter, non saprei cosa leggere quando ho la colite. È perfetto in quei momenti».

     

    luca bizzarri paolo kessisoglu boldrini giass luca bizzarri paolo kessisoglu boldrini giass

    Ci sono le riviste, volendo.

    «Perché? Mi perderei le sparate di Maurizio Gasparri (Bizzarri ha polemizzato a lungo con Gasparri su Twitter, ndr). Ma è vero: è un social network per pochi. A volte, durante le trasmissioni televisive, scoppiano discussioni infinite su Twitter che sembrano infiammare il paese. Fino a quando, il giorno dopo, scopri che il programma in questione ha avuto un indice di share basso ».

     

    Lei però ha oltre un milione di persone che la segue.

    «Persone che non sempre apprezzano quel che faccio. Ma è una delle cose belle di Twitter. Forse dovrebbero assumermi».

     

    Alcune posizioni di vicepresidente sono ufficialmente vacanti.

    LUCA BIZZARRI TWITTA ECCO PERCHE SERVILLO MANDA A FARE IN CULO I GIORNALISTI LUCA BIZZARRI TWITTA ECCO PERCHE SERVILLO MANDA A FARE IN CULO I GIORNALISTI

    «Se mi pagano bene lo faccio. Faccio tutto se mi pagano bene. A parte gli scherzi, non sono preoccupato. Se lo chiudessero leggerei più libri e amplierei il mio periodo di disintossicazione da digitale che attualmente è di almeno un giorno a settimana. Ma non corriamo questo pericolo. In Italia siamo talmente indietro che se Twitter sparisse ce ne accorgeremmo con dieci anni di ritardo ».

     

     

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