Gianluca Paolucci per www.lastampa.it
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Obolo di San Pietro, le donazioni dei fedeli di tutto il mondo alla Santa Sede, accanto ai soldi di dittatori, narcotrafficanti, evasori fiscali, trafficanti di esseri umani. C’è anche la Segreteria di Stato del Vaticano tra i “clienti speciali” di Credit Suisse svelati dall’inchiesta Suisse Secrets. Clienti per i quali non valgono le regole e i controlli standard e le cui procedure di gestione non seguono i canali standardizzati di una prudente attività bancaria.
giovanni angelo becciu
Grazie a questa investigazione è anche possibile ricostruire il ruolo della banca svizzera – che secondo gli accertamenti del Vaticano ha gestito fino al 77% dei fondi della Segreteria id Stato - nella vicenda del palazzo di Londra al centro dello scandalo dei fondi del vaticano.
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Un ruolo rimasto fuori dalle indagini e dal processo attualmente in corso in Vaticano, ma tutt’altro che secondario, che va al di là delle responsabilità di Enrico Crasso, il funzionario della banca svizzera gestore delle finanze della Segreteria di Stato.
Un po’ di storia: il conto a Credit Suisse viene aperto dal Vaticano nel 1930. Inizialmente, ad alimentarlo – lo spiega una nota dell’Apsa in risposta alle richieste di chiarimenti formulate per questa inchiesta – sono le “compensazioni” dello Stato italiano alla Santa Sede decise con i Patti lateranensi.
IL PALAZZO DEL VATICANO A SLOAN SQUARE - LONDRA
La stessa nota spiega come “il conto è utilizzato per la prudente gestione del patrimonio della Santa Sede (liquidità e investimenti) per perseguire la missione del Santo Padre”.
Secondo Wrm Group, la holding del finanziere Raffaele Mincione che gestiva i fondi Athena dove erano investiti i soldi del Vaticano, nei documenti del fondo Athena “l’investitore era Credit Suisse Ag e il titolare delle quote Credit Suisse London Nominees”, la fiduciaria londinese del gruppo bancario.
RAFFAELE MINCIONE
Inoltre, rispondendo alle richieste di chiarimenti formulate dai giornalisti del consorzio, Wrm ha spiegato che negli stessi documenti del fondo Athena è scritto che “Credit Suisse Ag conferma di aver adempiuto a tutti gli obblighi applicabili di due diligence (…) nessuno dei nostri clienti investiti nel fondo attraverso la fiduciaria è una persona politicamente esposta (Pep, ndr.), una persona o società con legami familiari o personali o di affari con Pep”.
ENRICO CRASSO
Solo che secondo la definizione di Pep, tanto Angelo Maria Becciu che Alberto Perlasca e Fabrizio Tirabassi, tutti con potere di firma nel conto di Credit Suisse, per quanto “a basso rischio” secondo la normativa europea in materia sono senz’altro Pep anche nell’esercizio delle loro funzioni per conto della Segreteria di Stato.
Indicazioni sul ruolo di Credit Suisse si trovano anche nei vari atti dell’indagine della Gendarmeria vaticana. Crasso, l’uomo che per conto di Credit Suisse ha tenuto i rapporti con la Segreteria fin dagli anni ‘90, spiega che furono due manager di Credit Suisse – Alessandro Noceti e A. N., entrambi poi usciti dalla banca – a introdurre nell’affare dei fondi della Santa Sede il finanziere Mincione, per trovare alternative all’investimento nel petrolio angolano voluto dal cardinale Becciu.
MONSIGNOR ANGELO BECCIU
[...] A Becciu e Tirabassi, ex funzionario della Segreteria, viene infatti contestato anche il “tentativo di bonifico” da una società di Jersey a una società delle Isole vergini britanniche riferibile allo stesso Noceti.
ALBERTO PERLASCA
Il bonifico viene bloccato, ma qualche giorno dopo, il 9 gennaio 2018, mentre Oltretevere la vicenda degli investimenti fatti con i fondi dell’Obolo è già arrivata fino al Papa, il bonifico va buon fine. A incassare è la Ruby Red, sede a Londra e anche questa secondo gli inquirenti riconducibile a Noceti.
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