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    “IL VELENO È IL TENTATIVO DI RESTARE AL POTERE A QUALUNQUE COSTO” – PARLA PYOTR VERZILOV, L'ATTIVISTA RUSSO CHE DUE ANNI FA È STATO AVVELENATO ED È STATO TRASFERITO A BERLINO PER ESSERE SALVATO: “CON ALEXEI HO SCHERZATO SUL MIO AVVELENAMENTO. L'IRONIA È L'UNICO MODO IN CUI PUOI AFFRONTARE TUTTO QUESTO, SENNÒ DIVENTI PAZZO. NON CI SENTIAMO CORAGGIOSI, IN RUSSIA QUESTA È LA NORMALITÀ” – DAL CIANURO ALL'OSSIBUTIRRATO DI SODIO: TUTTI I VELENI DELLA STORIA… - VIDEO


     
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    Alessandra Muglia per il "Corriere della Sera"

    pyotr verzilov e alexei navalny 1 pyotr verzilov e alexei navalny 1

     

    Due anni fa attirò l'attenzione del mondo interrompendo la finale dei Mondiali di calcio sotto gli occhi esterrefatti di Putin: Pyotr Verzilov, vestito da poliziotto, entrò con le sue Pussy Riot sul campo dello stadio di Mosca per protestare contro le persecuzioni politiche e chiedere il rilascio dei prigionieri. Era il 15 luglio. Dopo neanche due mesi gli toccò lo stesso incubo di Alexej Navalny: gli improvvisi e gravi sintomi di un sospetto avvelenamento e il trasferimento dalla Russia a Berlino, nell'ospedale Charité, lo stesso dove ora il principale oppositore russo sta lottando tra la vita e la morte.

     

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     Da sopravvissuto, questo «artista politico» 32enne segue ora con apprensione gli aggiornamenti sul decorso dell'amico. «Ma non posso dire ancora nulla sulla sua situazione» premette parlando al Corriere da Mosca, tra una call e l'altra. Del resto a sollecitare il suo trasporto - attraverso la fondazione «Cinema per la pace» - sono stati proprio lui e le attiviste della punk band femminile russa, compresa Nadia Tolokonnikova, ex moglie e madre di suo figlio, finita in prigione per due anni con altre due colleghe nel 2012 per aver intonato in una chiesa di Mosca Madonna liberaci da Putin .

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    «Tra noi dissidenti gli scambi sono frequenti, è una questione di sopravvivenza. Con Alexej ho scherzato tanto sul mio avvelenamento. L'ironia è l'unico modo in cui puoi affrontare tutto questo, sennò diventi pazzo».

     

    Com'è cambiata la sua vita dopo il risveglio dal coma?

    «L'avvelenamento non ha portato a un cambiamento del mio modo di vivere, in questi due anni ho continuato a fare le stesse cose di prima. Con le stesse conseguenze: arresti, intimidazioni. L'ultima la scorsa settimana: hanno aperto un fascicolo per irregolarità nel passaporto, per via della mia doppia nazionalità russa e canadese (ha passato parte della sua adolescenza in Canada, ndr ).

     

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    Ho subito 8 perquisizioni a casa per questo. A giugno ero stato prelevato da 20 poliziotti e poi interrogato per 13 ore di fila perché sospettato di sedizione durante le proteste dell'anno scorso contro l'esclusione di numerosi oppositori dalle elezioni comunali. Una volta fuori, un provocatore mi si è buttato addosso urlando e inveendo. Sono restato calmo ma lui mi ha accusato di aver imprecato in strada e sono finito in prigione per 15 giorni».

     

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    Quanto coraggio ci vuole per essere un dissidente oggi in Russia?

    «Non ci sentiamo particolarmente coraggiosi, in Russia questa è la normalità, viviamo in un regime oppressivo e cerchiamo di comportarci come persone oneste, cerchiamo di fare quello che riteniamo giusto. Non si tratta di un coraggio eccezionale: è molto diffuso, sono tantissime le persone che nonostante le minacce non si piegano, non accettano i soprusi, chiedono democrazia, elezioni libere, lo stato di diritto. Il sostegno a movimenti per la libertà come le Pussy Riot è forte: pensi che persino le guardie carcerarie mi hanno chiesto di firmare autografi. Il vento soffia da quella parte, da noi come in Bielorussia».

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    Lei è anche editore del sito MediaZona che si occupa di inchieste sul sistema giudiziario russo. È stata aperta un'indagine sul suo avvelenamento, ipotizzato da lei e dai medici dell'ospedale tedesco ma negato dalle autorità russe?

    «Purtroppo no. I tribunali sono stati inattivi su questo negli ultimi due anni: il mio avvelenamento è stato un grande evento mediatico internazionale, poi l'attenzione è scemata, e tutto si è fermato».

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    È vero che nel giorno in cui è stato avvelenato doveva ricevere un report sulla morte dei tre documentaristi russi uccisi nel luglio 2018 nella Repubblica Centrafricana?

    «Sì, uno di loro era un mio amico carissimo, stavano indagando sulle tele segrete tessute da Mosca per accaparrarsi il controllo delle miniere di diamanti. Pensi che avrei dovuto essere anch' io con loro. Ma dopo l'incursione allo stadio fui incarcerato e non potei partire».

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    Il veleno è un'arma politica?

    «È il tentativo di restare al potere a qualunque costo. Noi comunque continueremo a combattere la nostra battaglia».

     

    Eugenia Tognotti per "La Stampa"

     

    Tempo che vai, veleno che trovi. Dal cianuro all'ossibutirrato di sodio o «droga dello stupro», usata, pare, per eliminare Alexei Navalny. La storia del potere - motore degli eventi - è piena di veleni e di innumerevoli, ignote sostanze tossiche, usate per far «sloggiare del mondo», per usare la lapidaria, fulminante definizione di Ludovico Antonio Muratori - rivali, avversari e oppositori.

    ALEXEY NAVALNY ALEXEY NAVALNY

     

    Nel caso di Can Grande della Scala (1291-1329 ) lo scopo dei numerosi «nemici» , evocati da Dante, fu raggiunto con una somministrazione di una quantità letale di Digitalis purpurea, sotto forma di infuso o decotto. Poche le notizie sulle sostanze usate nella Roma dei veleni dove non si contano i casi di avvelenamento, spinti da intrighi, trame e lotte di potere. Il più noto è quello che porta alla morte del mite e sofferente imperatore Claudio, morto nel 54 d.C , in seguito all'ingestione di un micidiale piatto di funghi velenosi, servitogli dalla moglie Agrippina che voleva aprire la strada al figlio di primo letto, Nerone.

    lucrezia borgia lucrezia borgia

     

    Una zuppa di fagioli, arricchita di una ignota sostanza tossica - stando alle voci che parlarono subito di una «pozione velenosa» ("veneno sumto") - portò all'uscita di scena, nel 1385, del potente signore di Milano Bernabò Visconti, imprigionato dal nipote Gian Galeazzo che lo rinchiuse nel castello di Trezzo. Il veneficio è in primo piano nelle corti rinascimentali, dove era diffuso l'uso della cosiddetta «cantarella», una polvere simile allo zucchero, ottenuta cospargendo con arsenico le viscere di suini, essiccate e macinate.

     

    alexei navalny vladimir putin alexei navalny vladimir putin

    A farne uso, pare, la più affascinante «avvelenatrice» della storia , Lucrezia Borgia, figlia di Alessandro VI e sorella di Cesare Borgia, abilissima, pare, nel padroneggiare veleni. Sui venefici, in verità, non abbondano le prove, fornite solo in rarissimi casi, come quello di Can Grande della Scala, da esami paleopatologiche sui resti. Un sospetto, per dire, circonda la morte di papa Clemente XIV, che, dopo aver decretato la soppressione dei Gesuiti, si ammalò nella settimana di Pasqua del 1774.

     

    alexei navalny al bar dell'aeroporto dove sarebbe stato avvelenato alexei navalny al bar dell'aeroporto dove sarebbe stato avvelenato

    Alzatosi da tavola, fu colto da un misterioso male che, dopo un mese di agonia, lo uccise. L'autopsia trovò il cadavere con le labbra livide, la pelle orribilmente squamata, le ossa decomposte, le unghie e i capelli caduti. La vulgata storica vuole che a somministrargli il misterioso veleno fossero stati i gesuiti. Una «voce» che non ha mai trovato conferma. Come quelle che riguardano Papa Luciani.

     

    Resta solo una suggestione, anche la tesi, sostenuta da diversi gruppi di ricercatori, sulla base dell'analisi dei capelli, che l'arsenico - e non l'ulcera o un cancro allo stomaco- ebbe una parte nella morte di Napoleone Bonaparte, che continua a dividere inglesi e francesi, convinti, questi ultimi, che il governatore britannico e il conte Charles de Montholon, uno dei fedelissimi che seguì Bonaparte all'isola di Sant' Elena, ricorsero a quella sostanza per sbarazzarsi definitivamente dall'ingombrante ospite nella remota isoletta.

    grigori rasputin grigori rasputin

     

    Dall'arsenico al cianuro, utilizzato da alcuni nobili congiurati per liberare la Russia dalla malefica influenza del «monaco nero», Grigorij Rasputin. La sua demoniaca resistenza ebbe la meglio sul veleno. Portato con un pretesto nella casa del principe Jusupov, nella notte del 30 dicembre 1916, fu intrattenuto con pasticcini e vino Madera. Nonostante una robusta bevuta del forte vino liquoroso, in cui era stato versato senza risparmio un'abbondante dose, il fortissimo mugik siberiano resistette, oltre ogni aspettativa, all'effetto del veleno, tanto che i nobili congiurati, in preda al panico, presero la decisione di eliminarlo con un'altra arma, pensando che davvero fosse dotato di poteri paranormali.

    ALEXEY NAVALNY ALEXEY NAVALNY

     

    Nella lunga storia degli avvelenamenti da intrigo, da complotto, da cospirazione, da lotta di potere, e da tentativi di eliminazione di nemici e oppositori politici , sia in patria che all'estero, nuovi veleni sono comparsi sulla scena, dalla ricina, al polonio, alla diossina, una sostanza chimica molto tossica, quest' ultima, persino in quantità talmente insignificanti da non poter quasi essere individuate nel corpo umano.

     

    alexei navalny portato via in ambulanza alexei navalny portato via in ambulanza

    Un nuovo capitolo potrebbe aprirsi se verrà confermato l'avvelenamento di Navalny, il più fiero oppositore di Putin, che, durante il volo dalla Siberia a Mosca, avrebbe bevuto un tè, una bevanda che ha sostituito le pietanze e le zuppe al veleno. Uno strumento vecchio di secoli , mai passato di moda e continuamente «perfezionato» con sostanze sempre nuove, dal polonio radioattivo-210 al gelsemium, una rara tossina vegetale himalayana.

    alexei navalny con alcuni fan a tomsk, poco prima di sentirsi male alexei navalny con alcuni fan a tomsk, poco prima di sentirsi male

    alexei navalny 3 alexei navalny 3

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