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    FATE SAPERE AL POVERO SCHILLACI CHE IL VERO MINISTRO DELLA SALUTE È FRANCESCO VAIA – IL DIRETTORE GENERALE DELL'OSPEDALE “SPALLANZANI”, DI CUI GIORGIA MELONI SI FIDA CIECAMENTE, È IL CONSIGLIERE OMBRA DEL PREMIER SUL COVID – SOPRANNOMINATO “CAMALEONTE” PER LA CAPACITÀ DI MUOVERSI CON DESTREZZA TRA DESTRA E SINISTRA E DI SOPRAVVIVERE ANCHE AI GUAI GIUDIZIARI. NEL 2006 ERA FINITO AI DOMICILIARI PER UNA VICENDA DI TANGENTI, POI FINITA IN PRESCRIZIONE…


     
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    Paolo Russo per “La Stampa”

     

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    I bene informati dicono che Giorgia Meloni abbia risposto più volte al telefono a lui che non al professor Schillaci, passato dal rettorato di Tor Vergata a capo del ministero della Salute, per dimostrare che il faro resta sempre la scienza. Soprattutto quando non è di intralcio alla politica. Una regola che Francesco Vaia, direttore generale del super-ospedale romano Spallanzani, ha sempre seguito nella sua lunga e travagliata carriera. Tanto da farlo diventare oggi il vero consigliere ombra della premier.

     

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    Che di lui si fida, perché sa capire fino a che punto ci si può spingere nel segnare la discontinuità rispetto alla passata gestione della pandemia, senza però far insorgere il mondo scientifico. Anche perché dopo lo strappo sui migranti con l'Europa Giorgia non vuole consumarne un altro, finendo nella lista dei negazionisti. Che per Trump e Bolsonaro ha coinciso anche con quella dei perdenti.

     

    Per questo "Franceschiello", come lo aveva ribattezzato il suo assessore alla sanità laziale, Alessio d'Amato un secolo fa prima di nominarlo al vertice dello Spallanzani, una sparata come quella di Gemmato sull'assenza di prove circa l'utilità dei vaccini non l'avrebbe mai fatta o consigliata. Perché della campagna vaccinale è stato sempre promotore sin dalle prime punture.

     

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    E mentre gli stessi super esperti del ministero della Salute vanno suggerendo a Schillaci di toglierla del tutto la quarantena dei positivi, sulla falsa triga di quanto già fatto in Usa, Spagna e Regno Unito, lui alla Premier ha suggerito prudenza, ricordandole la figuraccia del dietro front sulle mascherine in ospedali e Rsa fatta dal governo dopo l'alto là di Mattarella e delle associazioni mediche. Per cui «lasciamo cinque giorni di isolamento a casa e poi liberi tutti senza dover fare il tampone».

     

    Una via di mezzo che sa di colpo al cerchio e uno alla botte.

    Quando alla fine si deciderà il da farsi su una delle ultime restrizioni rimaste dell'epoca pandemica si capirà da come andranno le cose qual è il peso specifico del super- consulente ombra di Palazzo Chigi. Che spiegando le ragioni della sua proposta sulla scorciatina alla quarantena dei positivi a La Stampa tiene a precisare: «Non dico mai nulla che non sia stato condiviso prima con i miei ricercatori».

     

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    Anche se il numero uno di questi, l'ex direttore scientifico dello Spallanzani, Giuseppe Ippolito, lo scorso anno ha fatto i bagagli per andarsi ad accomodare dietro la scrivania della direzione ricerca del Ministero dopo liti al limite della rissa con Franceschiello. Che diversamente da Francesco II di Borbone, ultimo re delle Due Sicilie, ha regnato per ben più di un anno. Vaia infatti il ruolo di direttore, prima delle Usi e poi delle Asl, lo ha mantenuto per oltre 15 anni, passando indenne ai cambi di colore delle giunte che via via si succedevano, prima nella sua Campania, poi nel Lazio.

     

    L'esordio al centro medico Usi 41 di Napoli, poi alla fine degli anni novanta prima la nomina a direttore sanitario del policlinico romano Umberto I e con il governatore di An Storace la direzione generale della asl Roma C. Vince il centrosinistra e con Marrazzo va alla direzione sanitaria della Roma D. Poi "Lady Asl" lo tira dentro lo scandalo delle tangenti che fioccano dalle parti delle cliniche romane. Dopo una fuga a Gaeta, non da Garibaldi ma dal Gip, Vaia finirà ai domiciliari prima che le accuse finiscano in prescrizione.

    alessio d'amato francesco vaia alessio d'amato francesco vaia

     

    «Camaleonte» lo definì l'allora consigliere Alessio D'Amato, che poi da assessore ne difenderà la nomina al vertice dello Spallanzani nonostante l'ex Franceschiello avesse superato i limiti di età per ricoprire l'incarico. Che sarà suo con una unanimità di consensi a destra come a sinistra che la dice lunga sulla sua capacità di districarsi tanto tra i camici che i colletti bianchi. Ed è forse proprio per questo che Giorgia Meloni si affida ai suoi consigli. Per ora nell'ombra, un domani chissà, alla luce del sole di una poltrona nel palazzo dei bottoni.

     

     

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