Estratto dell'articolo di Giuliano Guzzo per “La Verità”
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Se una parte del mondo cattolico segue con trasporto la canonizzazione che la cultura laica sta facendo a Michela Murgia, la scrittrice sarda da poco scomparsa - e che, pur professandosi cattolica, da tempo sposava istanze lontane dalle posizioni della Chiesa -, ci sono ancora pastori che non solo non ci stanno, ma mettono in guardia i fedeli da insidiose tendenze ideologiche.
Fra costoro, c’è monsignor Antonio Suetta, 60 anni, vescovo di Ventimiglia-Sanremo, il quale sul sito della sua diocesi nei giorni scorsi ha condiviso un videomessaggio proprio per smarcarsi da quanto sta avvenendo a seguito della morte della Murgia […]
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Eccellenza, che cosa ne pensa della beatificazione laica che la cultura mainstream sta facendo di Michela Murgia?
«Credo che questo sia coerente con l’andazzo del nostro tempo e con questa mentalità, come dire, scristianizzata, pervasiva e dilagante […]».
Forse anche i funerali religiosi della scrittrice avrebbero potuti essere più sobri?
«Certo. […] il funerale deve essere sempre sobrio perché, se noi non vogliamo cedere ad una mentalità mondana, dobbiamo ricordare che il rito delle esequie non è un atto commemorativo del defunto, ma è un momento di preghiera in suo suffragio. Dunque anche l’intervento omiletico deve riguardare i contenuti della fede circa quelle che sono le realtà definitive, quelle che il Catechismo chiama i “Novissimi”. Capisco poi, quando le circostanze lo consentono, che si possa dire anche una parola sul defunto».
In che modo?
roberto saviano ai funerali di michela murgia 1
«Raccogliendo una qualche testimonianza di vita che sia o esemplare o che offra lo spunto per una riflessione. Ma trasformare la celebrazione liturgica in un atto commemorativo del defunto, dal punto di vista liturgico è semplicemente fuori luogo.
Peggio ancora, dal mio punto di vista – ma non soltanto il mio punto di vista, bensì secondo quelle che sono le norme liturgiche della Chiesa Cattolica – peggio ancora, dicevo, è permettere, nel contesto di una celebrazione liturgica, o comunque in un contesto di prossimità, perché nello stesso luogo sacro, commemorazioni a persone che non hanno la dovuta preparazione, tale da consentire una parola che sia una espressione della fede stessa.
E quindi a me è parso che gli interventi che si sono succeduti non soltanto fossero inadeguati da questo punto di vista, ma fossero anche espressamente promotori di visioni della vita inconciliabili con la Parola di Dio, che in chiesa viene proclamata, e con la dottrina della Chiesa cattolica».
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A proposito di visioni della vita care alla scrittrice sarda, come rispondere, da cattolici, alla tesi pro famiglie queer?
«Per dare una risposta autenticamente cattolica, è sufficiente guardare al Catechismo della Chiesa cattolica – e quindi alla formulazione della famiglia della dottrina cristiana. Poi, in altri contesti, si può anche accettare di dialogare su determinati temi, perché da una parte il dialogo consente di comprendere meglio l’evoluzione del pensiero nelle sue origini e anche nei suoi effetti che ricadono sulla società, e, dall’altra, consente di illuminare l’interlocutore.
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mons antonio suetta
Ma certamente non è la liturgia il luogo dove fare questo dialogo o, peggio ancora, dei comizi. La liturgia è il contesto in cui si celebra il dialogo con Dio. È il luogo dove si riceve la grazia di Dio, che trasforma la vita; ed è da questi due aspetti, chiamiamoli verticali, che deriva la comunione spirituale tra i credenti, che poi anche nella vita quotidiana può manifestarsi in molti modi, come appunto il dialogo». […]
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