Roberta Amoruso per “il Messaggero”
rincaro petrolio
Dopo il venerdì nero, alle Borse tocca un lunedì in balia delle onde, tra nuovi folli record di gas e petrolio e l'ennesima impennata delle materie prime. Sullo sfondo i timori per il possibile embargo sulle importazioni di metano e greggio dalla Russia invocato dal presidente americano Biden. Poi gelato dalla Germania di Olaf Scholz che considera «essenziali» le importazioni da Mosca. Ma sotto i riflettori ci sono anche le speranze minime per il terzo round di negoziati tra Russia e Ucraina.
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Infine, l'apertura di Bruxelles a fissare un prezzo del gas, pur di uscire dalla morsa della speculazione. Un mix di fattori che hanno mandato i listini letteralmente sulle montagne russe per tutta la giornata. Poi in serata la sentenza arrivata da Mosca dopo che Biden insisteva sul divieto a comprare il greggio russo, almeno negli Usa. Anche senza l'Europa.
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L'esclusione del petrolio russo dai mercati internazionali porterebbe a «conseguenze catastrofiche», causando un balzo dei prezzi fino a 300 dollari al barile, ha fatto sapere minaccioso il vicepremier russo Aleksandr Novak, riposta l'agenzia Ria Novosti, definendo l'ipotesi «una provocazione». Un tema caldissimo, che ha suggerito a stretto giro di posta la precisazione dalla Casa Bianca: Biden «non ha ancora preso alcuna decisione in questo momento».
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Per Wall Street è il colpo finale, con il Dow Jones in calo di oltre il 2% e il Nasdaq a -3%. Ma ce nè'è anche per l'Europa che, secondo lo stesso Novak, sta spingendo la Russia verso un embargo delle consegne di gas attraverso il gasdotto Nord Stream 1. L'ennesima minaccia proprio mentre l'Ue prova a capire come rendersi completamente indipendente.
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LA GIORNATA
La giornata è iniziata in profondo rosso per tutti i listini Ue, dopo il tonfo degli indici asiatici arrivati ai minimi da 18 mesi. Milano che si è spinta fino a un calo di oltre il 6% sull'onda del petrolio, arrivato a toccare i 130 dollari per il Brent, ai massimi dal 2008, e del gas che sfiorava quota a 350 euro per megawattora ad Amsterdam. Per l'Italia vuol dire un prezzo dell'elettricità vicino a 590 euro a megawattora.
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E la benzina oltre 2 euro al litro. Un'impennata accompagnata dall'oro, volato oltre 2.000 dollari l'oncia, dal nickel cresciuto del 40% e dai nuovi record di alluminio, grano e mais. Poi è una arrivata un po' di luce sui negoziati. Così la mediazione turca tra Ucraina e Russia e il via al terzo round di incontri mentre i russi annunciavano il cessate il fuoco su sei corridoi umanitari, è riuscita riportare le Borse intorno alla parità. Ma è durata poco.
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L'apertura debole di Wall Street ha segnato una nuova inversione di rotta. Piazza Affari ha finito per perdere l'1,3%, Parigi l'1,1% e Francoforte l'1,9%. A fare le spese un po' in tutta Europa sono state soprattutto le banche. Segno che le Borse guardano all'esposizione al mercato russo, ma anche alla prevista stretta della politica monetaria da parte della Bce chiamata giovedì a valutare le pressioni sui prezzi.
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L'OMBRA DELLE RECESSIONE
Dietro tanta volatilità non c'è però solo il rincorrersi di notizie e timori dai vari fronti aperti dalla crisi Ucraina. I mercati scontato la nebbia all'orizzonte sulla crescita. Secondo Goldman Sachs, l'Europa può perdere anche 2,2 punti percentuali di Pil rinunciando al gas russo.
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Figuriamoci se dovesse fare a meno anche del petrolio. Più pessimista Credit Suisse, che vede il rischio di una «recessione tecnica» dell'Ue assumendo prezzi del petrolio in media a 160 dollari e livelli del gas in media a 250 euro a marzo-giugno. Rinunciare a tutta la fornitura di gas russo sottrarrebbe circa il 3% del Pil annuale.
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