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Ferruccio Pinotti per il ''Corriere della Sera''
Che non fosse iniziato tutto in Cina a dicembre lo sapevamo, ma ora uno studio pubblicato a novembre con prima firma il direttore dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, Giovanni Apolone, ci dice qualcosa di assolutamente inaspettato: a settembre 2019, il 14% del campione di volontari entrati in una ricerca sul cancro al polmone presentava anticorpi per il nuovo Coronavirus. In altre parole, il SARS-Cov-2 circolava in Italia già ben prima di febbraio, e probabilmente fin dall’estate 2019.
L’origine della ricerca
Tutto nasce nell’ambito dello screening per il tumore al polmone «Smile», che da settembre 2019 a marzo 2020 ha arruolato 959 volontari sani per sottoporli a Tac spirale ai polmoni e analisi del sangue. La notizia dell’epidemia cinese a gennaio e quindi l’arrivo in Italia a febbraio deve aver acceso una lampadina nei ricercatori dell’Istituto nazionale dei tumori, che insieme ai colleghi delle università di Milano e Siena hanno fatto il test sierologico a tutti i campioni di sangue conservati. Risultato: su 959 campioni, 111 sono risultati positivi all’immunoglobulina G (16 casi) o all’immunoglobulina M (97 casi). Di questi 111 positivi, 23 risalgono a settembre, 27 ottobre, 26 a novembre, 11 a dicembre, 30 gennaio e 21 febbraio. I positivi provengono da 13 regioni, la metà dalla Lombardia seguita da Piemonte, Lazio, Emilia-Romagna, Toscana, Veneto.
I dati sugli anticorpi neutralizzanti
Dei 111 casi (su 959 campioni), 6 sono risultati positivi anche agli anticorpi neutralizzanti il virus, 4 dei quali già a inizio ottobre. E forse questo dato è il più significativo. Una prevalenza di positivi maggiori del 10%, infatti non sembra accordarsi con i successivi studi sierologici, come quello nazionale Istat-ISS del 2,5% della popolazione. Come spiega Giovanni Apolone: «La prevalenza si riduce quando si guarda ai casi validati del test di neutralizzazione, pari a 6 positivi, di cui 4 in ottobre. Il dato rilevante è questo, non la proporzione di positivi, comunque suggestiva data la corrispondenza con le note prevalenze regionali».
Il virus in pista già l’estate scorsa e le malattie polmonari atipiche
Questi dati confermano i sospetti della circolazione del virus in Italia ben prima del 20 febbraio, probabilmente dall’estate 2019. «Già da novembre del 2019, molti medici di medicina generale hanno iniziato a segnalare la comparsa di gravi sintomi respiratori in persone anziane e fragili con bronchite bilaterale atipica, che è stata attribuita, in assenza di notizie sul nuovo virus, a forme aggressive di influenza stagionale», ricorda lo studio. Ebbene, ora lo possiamo affermare con più sicurezza: non era influenza, ma le prime avvisaglie di Covid, una nuova malattia di cui non si è accorto nessuno fino al tardivo allarme lanciato dalla Cina a fine dicembre.
Gli autori dello studio sono gli studiosi e ricercatori Giovanni Apolone, Emanuele Montopoli, Alessandro Manenti, Mattia Boeri, Federica Sabia, Inesa Hyeseni, Livia Mazzini, Donata Martinuzzi, Laura Cantone, Gianluca milanese, Stefano Sestini, Paola Suatoni, Alfonso Marchianò, Valentina Bollati, Gabriella Sozzi, Ugo Pastorino. Il titolo della ricerca è Unexpected detection of SARS-Cove2 antibodies in the pre-pandemic period in Italy, pubblicato su Tumori Journal, uscito l’11 novembre. 2020.
SCETTICISMO DEI COLLEGHI
Ma sia il biologo della Temple University di Philadelphia Enrico Bucci, sia l'immunologa dell'Università di Padova Antonella Viola affermano che quello che i ricercatori hanno trovato è solo la cross reattività del 10% della popolazione mondiale che incontra uno degli altri coronavirus del raffreddore e sviluppa una qualche protezione contro SarsCov2. Come peraltro già noto da uno studio americano pubblicato su Science. Inoltre il test usato a Milano per rintracciare anticorpi non è validato.
Scettico anche Massimo Galli, direttore delle Malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano. "Vediamo di avere delle conferme reali. È veramente difficile pensare che il virus sia così vecchio. Se lo fosse, bisogna chiedersi perché non ha creato molto prima focolai. Che si parli di questo virus in termini di così forte anticipazione uno la domanda se la pone. A Milano si dice più piano, più adagio", dice Galli.
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