Estratto dell'articolo di Sergio Arcobelli per “il Messaggero”
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Il volo eterno di Javier Sotomayor compie 30 anni. Il 27 luglio 1993, il gigante cubano realizzò a Salamanca, in Spagna, una delle imprese più straordinarie dell'atletica universale. Ovvero saltò 2,45 metri nel salto in alto stabilendo un record mondiale che resiste ancora oggi. «Sono pochi gli atleti che possono sentirsi orgogliosi di possedere un record mondiale per almeno trent'anni. E io sono uno dei pochi», racconta fiero Soto.
Javier, come si sente ad essere ancora il primatista mondiale (lo è anche al coperto con 2,43) dopo così tanto tempo?
«Ovviamente sono molto felice. E se penso che il mio primo record risale al 1988, dico che sono già passati 35 anni!».
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Come l'hanno accolta a Cuba al suo rientro?
Javier Sotomayor 45
«All'Avana sono sempre stato accolto bene, ma l'accoglienza migliore l'ho avuta a Limonar, nella provincia di Matanzas, dove sono nato e cresciuto».
Come festeggerà il trentesimo anniversario?
«Abbiamo organizzato ben tre feste: una il 24 luglio a Limonar, una il 27 al mio bar 2.45 a L'Avana e poi una a Varadero».
Ha mai pensato che quel 2.45 sarebbe rimasto imbattuto così a lungo?
«No, non lo avrei mai immaginato. Anche perché è stato minacciato più volte: nel 2013 e 2014 da Bondarenko e nel 2018 da Barshim. Ma non ce l'hanno fatta a battermi».
A proposito del qatariota. Fosse stato in uno tra Barshim e Tamberi avrebbe diviso la medaglia d'oro olimpica come hanno fatto a Tokyo?
«Rispetto a quando saltavo io, loro hanno potuto decidere se continuare o meno con lo spareggio e hanno deciso di condividere l'oro. Alla fine, quello che conta è essere entrati nella storia dei Giochi Olimpici come campioni. Io l'avrei fatto, comunque».
Javier Sotomayor
Secondo lei Tamberi può ripetersi a Parigi?
«Lui è un grande saltatore. Eravamo seduti vicini nella gara olimpica di Rio quando era infortunato. Se mantiene il suo livello da qui a Parigi, come sta facendo, può ripetersi».
E di Marcell Jacobs, alle prese con tanti infortuni, cosa dice?
«Capisco come si possa sentire. Tra il 1987 e il 1991 ho avuto in media due infortuni all'anno, che hanno richiesto diversi interventi chirurgici, tutti alla gamba sinistra, quella dello stacco. Lo stress fisico e mentale dell'alto livello può portare a questi problemi. Gli atleti giocano costantemente con il fuoco».
In questo 2023 ci ha lasciati Dick Fosbury.
«Con il suo stile rivoluzionario ha cambiato lo sport e se non fosse stato per lui a quest'ora non avrei potuto essere un primatista mondiale. Sarebbe stato impossibile saltare 2,45 metri con lo stile ventrale».
Javier Sotomayor
Ha mai pensato di entrare in politica come per esempio Sebastian Coe, il presidente della federatletica mondiale?
«Non ci ho mai pensato. Se un domani mi chiedessero di farlo, forse accetterei. Ma non è il mio sogno più grande».
Le manca Fidel Castro?
«Fidel è stata una persona che ha aiutato molto il nostro sport e i migliori risultati li abbiamo avuti in quel periodo. Non so esattamente quante medaglie olimpiche abbia vinto lo sport cubano, nel periodo in cui Fidel era presidente, ma era una persona che motivava molto gli atleti, li aiutava molto, e gli dobbiamo qualcosa per questo».
E Maradona?
«Eravamo amici e ho pianto quando ho saputo che Diego era morto. Quando è venuto a curarsi a Cuba siamo diventati amici, tanto è vero che mi ha invitato alla sua festa di addio al calcio. Gli avevo anche regalato un paio di scarpe di uno dei miei cinque record del mondo».
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Suo figlio Jaxier qualche mese fa ha vinto il campionato spagnolo under 18 di salto in alto.
«Sì, è successo a marzo proprio a Salamanca, una città che porto nel cuore. A mio figlio la prima cosa che ho insegnato è la disciplina, che serve per allenarsi bene ed essere forte».
Ci sarà un altro Sotomayor alle Olimpiadi?
«È troppo presto per dirlo, ma lavoriamo per quello».