DAGONOTA
RENZI E BOSCHI Tramonti toscani
Benvenuti nel dagoniano Infernet della politica.
Qui si narra dei poteri marciti e di una classe politica con le alucce spezzate simili a mosche impazzite finite intrappolata nella rete del Web. E si racconta del premier cazzaro Renzi che fa orecchie da mercante al ronzio fastidioso che tormenta le teste (vuote) del Califfato del Nazareno dopo il voto-frana delle ultime amministrative.
giornalismo stampato
Già, la furia iconoclastica del fondamentalista di Rignano sull’Arno nel giro di qualche anno non ha risparmiato nulla del pensiero, delle opere, dei simboli e degli uomini dell’ex Pci. Sabrillona Ferilli (ri)dixit, in tv ‘’diMartedì”. Ma chissà se non era esattamente questa la “missione” impossibile – desertificare (o disidentificare) il Pd uscito indenne dalla “rivoluzione” di Tangentopoli - che al tosco e fosco Matteo Renzi era stata affidata dai suoi padrini politici (Napolitano in primis).
Ferilli
E da quei “poteri invisibili” (lobby, logge massoniche e potentati occulti) che - a giudizio del filosofo Norberto Bobbio -, paradossalmente sono “visibili” in Italia, ma sempre poco esplorati dai media reticenti (o complici).
Così, manca solo un tassello (importante) a quel “Piano di rinascita democratica” ideato all’inizio degli anni Ottanta dal capo della P2, Licio Gelli. E fatto proprio dai nani e fratellini Renzi, Verdini, Boschi: lo sventramento della Carta costituzionale e nuova lex elettorale ad personam (Italicum).
BEPPE GRILLO COMPUTER
Tant’è che su quel cumulo di macerie politiche provocate dal capo dei fondamentalisti Renzi si sofferma, allarmato, pure l’ex direttore della Repubblica Ezio Mauro. Sì, proprio il quotidiano di Sorgenio De Benedetti, contiguo se non ispiratore dei jihadisti del Pd. Dimentico il nostro, ahimè, dall’aver beatificato ogni giorno San Matteo della Rottamazione e i suoi ministri, pallide comparse.
Nella presunzione che il suo giornale-partito - fondato dal sommo Eugenio Scalfari -, ancora una volta (e come nel passato), potesse influenzare o condizionare i suoi lettori-elettori. In fuga sia dalle urne sia dalle edicole. Fino a spingersi, Furbizio Mauro, a prefigurare che la vittoria alle comunali dei Cinque Stelle possa far nascere la Terza Repubblica.
grillo distrugge il computer
Mentre a leggere l’ottimo saggio di Nadia Urbinati e David Ragazzoni (“La vera Seconda Repubblica”, Cortina Editore), in realtà siamo fermi ancora nell’ordine istituzionale della Prima. “La Seconda Repubblica, più che una realtà è stata finora un’ideologia. Trasversale a tutte le forze politiche, che l’hanno impugnata ciascuna per scopi diversi…”, osservano puntuali gli autori.
Ma è da oltre due anni, a dispetto di Ezio Mauro e di tanti opinionisti à la carte, che il Movimento Cinque Stelle (M5S) rappresenta il secondo partito nell’Italia tripolare. E non bipolare come continuano a sognare i chierici della Seconda Repubblica alle vongole predicata sul Corrierone da Paolino Mieli.
Una forza politica nata sulla filosofia della Rete. Che tuttavia non rappresenta – come vuol farci credere il politologo di via Solferino, Angelo Panebianco -, soltanto l’anti-politica (o il populismo). Bensì qualcosa di nuovo e d’insolito. Si tratta di un movimento che attraverso la rete dà voce soprattutto a quella che il sociologo Ilvo Diamanti chiama “democrazia della sorveglianza”.
SABRINA FERILLI OSPITE DI FLORIS
Come rivela, senza un’ombra di dubbio, il voto di domenica nelle grandi città. Emblematica è la caduta del “Muro di Torino” dove il Pd governava da ventitré anni. L’ex roccaforte sabauda inespugnabile. Quella degli Agnelli, dei Marchionne, dei De Benedetti, degli Elkann, dei Bazoli della Compagnia di San Paolo, umiliata da un voto trasversale che fotografa nitidamente il declino dei poteri forti. E con essi il crollo delle barriere che, attraverso i media tradizionali e gli inciuci politici, li aveva protetti dai possibili assalti dei rivali.
raggi e appendino
La caduta degli steccati del potere sta così aprendo le porte a nuovi giocatori “simili a quelli – osserva con una metafora Moisés Naìm nel suo volume “La fine del potere” (Mondadori) – che hanno trasformato il mondo degli scacchi”. Per effetto, appunto, della rivoluzione digitale. Cioè, simulando al computer milioni di partite anche i “dilettanti” possono battere i Maestri della scacchiera.
L’industria dei media fa bene, allora, a essere in ansia per la scomparsa delle copie e soprattutto per la perdita del suo potere d’incidere sull’opinione pubblica. Meno vendite in edicola e nessuna capacità d’influenzare i mercati (compresa la politica e la finanza), in cui Internet sembra avere preso il sopravvento, rappresenta un rischio mortale per le tv (generaliste) e la carta stampata.
APPENDINO
Alla vigilia dall’apertura dei seggi per il secondo turno di voto, scandagliando tra piattaforme online (web e community), la società romana IsayData ha azzeccato tutti i candidati che avrebbero vinto ai ballottaggi: dall’ Appendino a Sala. Il che la dice lunga sulla spinta di cambiamento radicale, disordinata e non verticistica che stanno modificando gli accessi al potere politico e istituzionale.
Allora, parafrasando lo scrittore-eremita Guido Ceronetti sull’Oltretomba, il voto di domenica scorsa ci insegna che la scelta profonda degli italiani orfani dei partiti rischia di essere sempre per un Infernet (appassionato), piuttosto che per un paradiso renziano (promesso) fondamentalista e inerte.