Andrea Elefante per la Gazzetta dello Sport
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Non è mai tardi. Anche per chi un sacco di volte si è sentito dire che avrebbe potuto fare di più, ma ormai era tardi. Non è mai tardi, neanche per segnare quattro gol in Champions League. C' era già riuscita gente che si chiama Cristiano Ronaldo, Ibrahimovic, Van Basten, Lewandowski, Messi, Shevchenko (l' ultimo di una squadra italiana), Inzaghi, ma Josip Ilicic dev' essersi messo in testa un' idea meravigliosa: far ricredere un sacco di gente.
E per questo gli serviva il tempo di essere bollato come incostante, egoista cronico e quello di smentire tutti. Anche ad anni 32 e 41 giorni: e mai nessuno, nella storia della Champions, aveva calato il poker così avanti con gli anni. «E' vero - ha detto poi - più sono vecchio e più divento buono. E ora non mi voglio fermare: mi diverto, ci divertiamo».
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Fosse stato per lui, si sarebbe accontentato di portarsi a casa il pallone: dopo il terzo gol ha iniziato a mettere in fila un po' delle sue smorfie, quelle che fa quando chiede il cambio senza chiederlo. Quelle che Gasperini fa finta di non vedere, come ieri sera: forse sentiva che Josip ne aveva sul sinistro un altro, forse sapeva che serviva il suo sinistro per vincere anche questa partita. E Gasp voleva vincerla. Così, restando in campo, Ilicic ha «vinto» un primato che dà il senso della sua impennata negli ultimi due mesi e mezzo: nessuno nei cinque top campionati europei ha segnato quanto lui in questo 2020. Quattordici gol e 13 Cristiano Ronaldo, quello che in Champions ne ha timbrati ben più di cento, contro i suoi cinque.
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Tutti contro il Valencia, avversaria benedetta come il suo momento. Con i quattro di ieri sono 16 nelle ultime 12 partite e sono 21 stagionali con l' Atalanta, sempre più una sentenza. Soprattutto per il Valencia: ogni volta che ha provato a rialzare la testa, Ilicic gliel' ha fatta riabbassare. Come gli occhi a Diakhaby: «Ma non l' ho puntato apposta, non mi piace studiare i difensori avversari. Pensavo solo alle cose che dovevo fare: quando vedo uno spazio, vado lì. Sul primo rigore ho visto che aveva fatto una scivolata che non doveva fare e la seconda volta lo stesso: sapevo che la palla poteva schizzare e l' ha presa di mano. Poi tirare quei rigori non era facile: gli ultimi li avevo sbagliati».
E adesso? A cosa potranno pensare lui e l' Atalanta? «L' ho detto già dopo il 4-1 dell' andata: l' Atalanta non è più una sorpresa, e il nostro obiettivo è far vedere che meritiamo di essere dove siamo.
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E non fermarci mai, senza pensare a dove possiamo arrivare».
E lui può pensare al Pallone d' Oro? Glielo chiedono ma non capisce la domanda, o finge di non capirla. Accarezza il pallone di metallo che gli hanno dato come man of the match e dice: «Ma io penso solo alla squadra». E lo chiamavano anche egoista.
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