Giusy Franzese per “il Messaggero”
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A dirlo è facile: «Un punto di equilibrio si può trovare». Ma nel caso dell'ex Ilva ci vuole la perizia di un equilibrista esperto, e se sotto manca la rete di protezione il rischio è di sfracellarsi al suolo. È questa la posizione in cui si trova adesso il ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli. I suoi colleghi senatori pentastellati, con la soppressione della norma nel decreto imprese sul quale il governo ha posto la questione di fiducia (si voterà oggi), hanno imposto lo stop allo scudo penale per i manager di ArcelorMittal anche per quanto riguarda gli interventi strettamente legati all'attuazione del piano ambientale a Taranto.
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E adesso tocca a lui convincere il gruppo franco-indiano che il siderurgico di Taranto è comunque gestibile, che gli investimenti previsti (2,4 miliardi di euro) non sono buttati al vento, che i manager potranno attuare gli interventi del piano di risanamento ambientale (e contemporaneamente produrre acciaio) senza temere di trovarsi sotto indagine perché hanno violato chissà quale comma di quale legge. Patuanelli ha cercato di farlo già ieri pomeriggio quando, dopo il suo intervento in Aula al Senato, ha incontrato al Mise il nuovo amministratore delegato di ArcelorMittal Italia, Lucia Morselli. Un faccia a faccia durato oltre un'ora.
IL FACCIA A FACCIA
stefano patuanelli LUIGI DI MAIO STEFANO PATUANELLI
Patuanelli ha ribadito (lo aveva detto poco prima al Senato) che «il Paese non può avere un serio piano industriale senza produzione siderurgica». E visto che il sito di Taranto è il più grande stabilimento siderurgico europeo, non può essere chiuso. Salvarlo è un imperativo, anche se «bisogna tenere insieme la capacità produttiva, la capacità di dare risposte occupazionali e limpossibilità di continuare in una strada che ha ammalato una popolazione».
paola de micheli parla fitto fitto con stefano patuanelli
luigi di maio in imbarazzo davanti ad alessandro marescotti a taranto 1
L'ordine del giorno messo a punto dal Pd e Italia Viva e approvato dal Senato, indica come strada da percorrere «la progressiva decarbonizzazione», Patuanelli preferisce parlare di «ritecnologizzazione», parola un po' cacofonica per dire che bisogna rendere gli impianti più ecosostenibili (non necessariamente senza carbone). In aula Patuanelli ha assicurato: sarà un percorso «che faremo in accordo con chi gli impianti li gestisce, con chi produce, senza fare scelte unilaterali».
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La Morselli, durante il faccia a faccia, non si è mostrata nemmeno troppo sorpresa. Ha ricordato che in questo momento in Europa c'è sovrapproduzione di acciaio e ha, non si sa quanto provocatoriamente, detto: «Volete lo stop alla produzione a caldo? Sappiate che significa mandare a casa cinquemila persone».
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Detto ciò per l'azienda resta necessario trovare un paracadute che metta al sicuro da incursioni giudiziarie e legali i manager che attuano il piano ambientale. Al governo ArcelorMittal ha dato anche un termine per trovare una soluzione definitiva: due settimane, massimo tre. Dopo di che la prospettiva del fine avventura (con tanto di strascichi legali per danni) potrebbe essere più vicina.
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L'idea che si possa riproporre la stessa norma in un altro provvedimento non è percorribile. Non passerebbe il muro della pattuglia pugliese in Parlamento (non solo al Senato) dei Cinquestelle. «È una norma che non serve: nessuno è responsabile per le azioni di altri e se Arcelor realizza bene il suo piano non potrà essere accusata di nulla» ha sostenuto la deputata pentastellata Anna Macina. Resta in campo l'ipotesi di un accordo di programma che coinvolga più di quanto accade attualmente le istituzioni locali. Le opposizioni attaccano. Più Europa parla di «giustizialismo industriale».
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Matteo Salvini dà per scontato che adesso ArcelorMittal abbandonerà il campo: «Senza tutele è ovvio che se ne va». Uno scenario che a questo punto anche i sindacati e i lavoratori (compresi quelli di Genova) temono sempre più. Francesca Re David, Marco Bentivogli e Rocco Palombella, leader rispettivamente di Fiom, Fim-Cisl e Uilm, lo hanno messo nero su bianco nella missiva indirizzata a Patuanelli per ribadire la richiesta di un incontro urgente: «Nella migliore delle ipotesi ora c'è il rischio di una drastica riduzione dell'occupazione, nella peggiore il prologo ad un disimpegno a lasciare il nostro Paese».
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