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    IMMI-GRATI ALLA SILICON VALLEY – A CACCIA DI CERVELLONI-HI TECH I GIGANTI DELLA TECNOLOGIA FANNO APPROVARE LA RIFORMA DAL SENATO USA


     
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    Maurizio Molinari per "La Stampa"

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    La commissione Giustizia del Senato di Washington approva il testo della riforma dell'immigrazione e a vincere sono i giganti della Silicon Valley. La bozza di legge che a inizio giugno arriverà in aula del Senato contiene infatti un emendamento che consente alle roccaforti dell'hi-tech di assumere manodopera altamente qualificata dall'estero senza prima dover offrire tali posti di lavoro a cittadini americani.

    Colossi del peso di Facebook, Yahoo, Google, Aol, Microsoft e, per ultima, anche Laurene Powell Jobs, moglie del fondatore di Apple, da mesi esercitavano una pressione convergente sulla commissione per non ostacolare l'assunzione di giovani intelligenze dell'«Information Technology» provenienti dall'estero ma sul fronte opposto i repubblicani sostenevano la necessità di «non danneggiare i lavoratori americani» registrando una rara alleanza con le lobby dei sindacati.

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    A risolvere lo scontro a favore di Silicon Valley, dove hanno sede gran parte delle aziende hi-tech, è stato il senatore repubblicano dello Utah, Orrin Hatch, redigendo assieme a Chuck Schumer, democratico di New York, l'emendamento sui visti H-1B per dipendenti molto qualificati: prevede l'obbligo dell'offerta prioritaria dei posti disponibili agli americani solo a quelle aziende che hanno già il 15 per cento dei dipendenti titolari dei medesimi visti. In questa maniera il principio che privilegia i cittadini americani è salvo ma non si applica alle industrie leader dell'hi-tech, tutte ben al di sotto di tale quota.

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    Fra i primi a gioire è stato Steve Case, co-fondatore di Aol, parlando di «grande svolta» a favore dell'immigrazione in quanto «non vi saranno ostacoli all'arrivo in America delle migliori intelligenze presenti sul mercato globale» mentre sul fronte opposto Richard Trumka, presidente dei sindacati Afl-Cio, ha tuonato: «Il prossimo Sergey Brin, fondatore di Google, forse oggi siede in una classe americana ma potrebbe non trovare lavoro nell'hi-tech a causa dell'importazione di lavoratori temporanei dall'estero».

    Grazie all'emendamento pro-Silicon Valley Hatch ha votato, assieme ad altri due repubblicani, a favore della bozza unendosi ai 10 democratici per un risultato finale di 13 a 5 che promette bene in vista dell'aula. Non a caso Mitch McConnell, leader della minoranza repubblicana, fa sapere che «non vi saranno ostacoli al voto», dunque niente ostruzionismo né quorum di 60 voti ovvero approvazione quasi certa al Senato prima della dura battaglia alla Camera. Per questo il presidente americano, Barack Obama, plaude ad un testo «frutto di un compromesso bipartisan a favore del popolo americano».

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    Parte di tale compromesso è la marcia indietro dei democratici sulla clausola che garantiva pari benefici alle coppie gay. È stato Patrick Leahy, presidente democratico della commissione Giustizia, a ritirarla ammettendo «amarezza personale» ma anche consapevolezza che, se fosse stata aggiunta al testo lo avrebbe probabilmente condannato alla bocciatura. Per i gruppi gay si tratta di una cocente sconfitta.

     

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