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    “NON SONO UNA FURBETTA DEL CARTELLINO” – L’IMPIEGATA DEL CAMPIDOGLIO LICENZIATA PER ESSERE USCITA DALL’UFFICIO SENZA TIMBRARE SI DIFENDE: "STAVO MALE, SONO ANDATA AL BAR PER UNA CAMOMILLA, HO SCORDATO DI STRISCIARE IL BADGE. MI RIVOLGERO’ AL GIUDICE" - E’ IL PRIMO CASO IN COMUNE IN CUI VIENE APPLICATA LA LEGGE MADIA


     
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    FURBETTI CARTELLINO 2 FURBETTI CARTELLINO 2

    Lorenzo D'Albergo e Giovanna Vitale per la Repubblica - Roma

     

    NEL BENE o nel male, Roma è sempre un modello. Un laboratorio per la politica e, a quanto pare, anche il terreno più adatto per sperimentare gli effetti della legge Madia. Dopo il caso del dipendente del policlinico Umberto I pizzicato dai superiori e, lo scorso novembre, primo licenziato in Italia attraverso la procedura sprint prevista dalla normativa entrata in vigore a giugno, ecco il primo esempio tutto capitolino di "furbetto del cartellino". O meglio, ascoltando la sua difesa, di presunta "furbetta".

     

    Letizia Beato, 60 anni di cui 27 passati a lavorare per il Comune, è la prima dipendente capitolina a sperimentare gli effetti del decreto che porta il nome della ministra della Pubblica amministrazione. Per una camomilla al bar, ha perso il lavoro.

     

    FURBETTI CARTELLINO FURBETTI CARTELLINO

    La storia dell' impiegata, assegnata all' ufficio che si occupa di vigilare sulla sicurezza e la salute dei luoghi di lavoro del Campidoglio, inizia il 20 aprile. Letizia Beato arriva anche con un pizzico di anticipo rispetto all' orario di ingresso: alle 7.59 varca la soglia degli uffici di via della Greca e timbra il cartellino. La dipendente poggia la borsa sulla scrivania e accusa subito un dolore improvviso allo stomaco. Corre verso le macchinette, ha bisogno di una camomilla. Niente da fare, solo acqua o caffè nei distributori automatici. L' unica alternativa è il bar più vicino, quello che da via dei Cerchi si affaccia sul Circo Massimo. Una tazza bollente e poi via, in un rush continuo, di nuovo verso l' ufficio.

     

    Alle 8.08, però, Letizia Beato è in ambulanza, diretta verso il Fatebenefratelli in codice verde. «Dopo essere andata al bar - si legge nel provvedimento di licenziamento che riporta anche la versione dell' impiegata - nel rientrare in ufficio sono inciampata sul marciapiede e sono finita al pronto soccorso».

     

    Da quel momento al benservito del Comune sono passati solo pochi giorni: secondo il Campidoglio, «l' assenza della timbratura in uscita rientra nella fattispecie della falsa attestazione della presenza in servizio». Palazzo Senatorio a quel punto ha applicato il nuovo rito che comporta la sospensione e quindi il licenziamento entro 30 giorni dalla contestazione.

    Tutti gli atti, poi, sono stati inviati anche alla procura, che ora indaga per truffa.

     

    RENZI MADIA FURBETTI PUBBLICO IMPIEGO RENZI MADIA FURBETTI PUBBLICO IMPIEGO

    Un copione che presto interesserà anche un dipendente del municipio XII: il Comune nelle ultime settimane ha intensificato i controlli e a ore notificherà all' impiegato dell' ex circoscrizione un provvedimento disciplinare simile a quello che ha colpito la collega di via della Greca.

     

    L' avvocato Giuseppe Pio Torcicollo, è pronto a dare battaglia: «Il caso della signora Beato è stato assimilato a quelli dei dipendenti della pubblica amministrazione che puntualmente, magari ripresi dalle telecamere, lasciavano il posto di lavoro per sbrigare i propri affari. Per la mia assistita il licenziamento è scattato per un assenza di pochi minuti. L' ingiustizia è palese».

     

    Il ricorso al giudice del lavoro è scontato: «Ci siamo difesi in sede disciplinare - continua il legale - e abbiamo raccontato solo la verità. Ma la sincerità evidentemente non è di questo mondo. Hanno preso le nostre parole per una confessione. Un paradosso. Ma non ci arrendiamo: abbiamo raccolto tutti i precedenti da portare in nostra difesa». La battaglia, insomma, è ancora lunga.

     

     

    2. NON SONO UNA FURBETTA DEL CARTELLINO

    L.D'A. per la Repubblica - Roma

     

    madia madia

    «LE POSSO DIRE una cosa? Mi sono sentita tradita. Presenterò ricorso, sono indignata per il trattamento che mi hanno riservato». Letizia Beato è seduta davanti al suo legale e rimugina sulla mattina di quel 20 aprile, sulla camomilla che le è costata il posto di lavoro. «Ho 60 anni, da 27 lavoro per il Campidoglio e tra 3 andrò in pensione. Non ci sono parole per descrivere il modo in cui sono stata scaricata. Per pochi minuti poi...».


    Secondo il Comune, lei è una "furbetta del cartellino".
    «Rimango attonita. Questa è un' etichetta che non mi appartiene. Lo sanno i miei colleghi e i dirigenti con cui ho lavorato. Mi hanno tutti scritto e telefonato quando hanno saputo del licenziamento».

    Ammetterà che per evitare un provvedimento del genere avrebbe potuto semplicemente ritimbrare il cartellino. Perché non ha strisciato il badge prima di andare al bar?

    «Non mi sentivo bene, in quel momento non ci ho pensato. Volevo bere una camomilla e correre di nuovo al lavoro. Pensi che per sbrigarmi a tornare in ufficio sono anche caduta. A chiamare il 118 sono state delle colleghe. Mi hanno visto a terra e si sono preoccupate ».

    Ma non poteva utilizzare le macchinette automatiche invece di andare al bar?

    «Quelle che abbiamo al lavoro dispensano solo caffè o acqua. Io avevo bisogno di una camomilla. Se avessi potuto averne una tazza senza uscire, non sarei di certo scesa».

    Lo ha spiegato anche ai funzionari dell' ufficio per i provvedimenti disciplinari?

    campidoglio campidoglio

    «Sono stata sentita assieme al mio avvocato, poi è toccato anche alle mie colleghe, compresa quella che mi ha raggiunto al Fatebenefratelli per portarmi i documenti che avevo lasciato in ufficio. La mia colpa è stata quella di essere stata sincera, di aver raccontato la verità. Nel mio caso gli effetti del decreto Madia sono andati decisamente oltre».

    Il licenziamento le è stato comunicato mentre era in malattia. Che effetto le ha fatto?

    «Sono rimasta allibita. Quando sono caduta, mentre tornavo in ufficio, mi sono rotta spalla e omero... faccio ancora fisioterapia.
    Mai mi sarei aspettata che tutti i chiarimenti forniti in sede disciplinare avrebbero portato a questo finale. Ora, però, porterò tutto davanti al giudice».

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