Giorgio Gandola per La Verità
BEPPE GRILLO CON ENZO JANNACCI
«Vengo anch' io/ No tu no/ Ma perché?/ Perché no». C' è la Milano di Enzo Jannacci, stizzita e malinconica, dentro il centrodestra terremotato dalle decisioni del presidente della Repubblica. E c' è la consapevolezza di una fragilità uscita fatalmente allo scoperto nei giorni più sbagliati, per la natura dei suoi due leader riconosciuti, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, che hanno strategie diverse, obiettivi diversi, linguaggi diversi e pullover diversi.
Dopo la lunga notte delle trattative lasciate a metà, è il numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti, a provare a smuovere Berlusconi dal suo arrocco. E lo fa con parole che suonano definitive, anche se per predisposizione politica sarà l' ultimo ad arrendersi alle elezioni sotto l' ombrellone.
salvini berlusconi di maio
«Vogliamo trovare la soluzione per permettere la partenza di un governo politico e una forma di coinvolgimento di Forza Italia che sia compatibile con la presenza del M5s. Ci siamo presentati insieme a Berlusconi. Per questo motivo di coerenza, che magari va oltre gli interessi e la logica, teniamo fede all' impegno. Però chiediamo uno sforzo, una soluzione che permetta di rispondere agli italiani che ci chiedono un governo che rispetti il voto del 4 marzo». Traduzione: Silvio dacci l' ok per l' appoggio esterno.
Il tono è quasi supplichevole e dimostra quanto la Lega tenga a un esecutivo in grado di diventare subito operativo per affrontare i temi sul tavolo. Il Cavaliere però non sembra voler sentire la sirena. E le parole taglienti della risposta di Mariastella Gelmini, capogruppo azzurro alla Camera, evidenziano una dissonanza che va anche oltre la divergenza d' opinioni. «La proposta è irricevibile. Oggi chiedere a Forza Italia di dare l' appoggio esterno mi pare una domanda malposta che non può che avere una risposta negativa».
MATTEO SALVINI E MATTEO RENZI
Il calendario torna indietro di due mesi, è il giorno zero. I veti incrociati continuano. La differenza di visione stupisce perfino Matteo Renzi, che in una telefonata a Salvini domanda: «Ma davvero non riuscite a far fare a Berlusconi il passo indietro?». La risposta del leader leghista è caustica: «Visto che ci vai d' accordo molto più di me, prova a convincerlo tu». La situazione è delicata, vicina allo showdown, anche se nessuno vuole assumersi la responsabilità di rompere.
L' unico motivo deflagrante potrebbe essere un eventuale voto di fiducia dei berlusconiani al governo neutrale voluto da Mattarella. «In quel caso ci sarebbe un grande problema», minaccia Giorgetti. «La coalizione sarebbe finita». Ma a nessuno conviene arrivare a tanto è in questo caso la risposta della Gelmini è rassicurante: «Non credo ci siano le condizioni per votare un governo che non esprime il senso del voto degli italiani».
Eppure il fronte azzurro non è monolitico sulle posizioni del Cavaliere, come si evince dalle parole di Giovanni Toti, uno fra i più inclini - storicamente - a considerare una necessità l' avvicinamento al Carroccio: «Se ci sono i numeri per formare un governo dovremmo essere ragionevoli e valutarlo volta per volta. Se il programma fosse quello di Salvini, che abbiamo elaborato insieme, sarebbe diverso dal programma di Di Maio». Anche sulle scadenze elettorali le differenze sono sostanziali.
salvini al quirinale con giorgetti
Giorgetti spinge, come Salvini, per andare alle urne a luglio: «È da mesi che l' Italia non ha un governo come voluto dagli italiani. C' è il rischio che si arrivi a settembre, poi a ottobre, poi a novembre. Continueremo a provarci, non ci stancheremo». Per Forza Italia è invece preferibile votare in autunno, anche perché Berlusconi potrebbe ottenere una sentenza favorevole dalla Corte europea, tornare candidabile ed essere padrone del proprio destino politico.
La Lega non vuole attendere, Salvini non crede alla buona riuscita di un governo ponte, anzi lo teme come la peste. «Un governo neutrale per fare centinaia di nomine, assegnare centinaia di poltrone in enti e cda. Senza nessun consenso popolare sarebbe la suprema presa in giro. O governo politico, con onori e oneri, o voto subito». Il numero uno avanza anche qualche dubbio sulla genuinità delle decisioni del capo dello Stato: «Spero che dalle parti del Quirinale o di Bruxelles o di Berlino o Parigi qualcuno non si faccia idee strane facendo telefonate strane». Quasi a vedere l' ombra di Jean Claude Juncker, Angela Merkel, Emmanuel Macron dietro i no al governo a trazione leghista.
angela merkel silvio berlusconi
Trascorsa la notte difficile, per Salvini l' orizzonte è favorevole. E le elezioni potrebbero rivelarsi un passo decisivo nel consolidamento della leadership all' interno del centrodestra. Quella che fino a qualche giorno fa era la strategia del partito unico, adesso diventa una fusione per inglobazione, almeno nelle speranze dei leghisti che vedono nei numeri i segnali di una mutazione genetica dell' elettore di centrodestra, almeno al Nord.
Alle elezioni, i collegi uninominali appaltati alla cosiddetta Quarta gamba cattolica, ora spetterebbero alla Lega. Secondo i sondaggi, oggi il Carroccio sarebbe vicino al 22% e Forza Italia al 12% quando va bene. Tutto ciò a confermare un dato importante: la coalizione non sarebbe lontana dalla soglia del 40% necessaria per avere la maggioranza. Anche se una proiezione di You Trend stabilisce un' asticella più alta, non meno del 42%.
TOTI E SALVINI INSIEME A PRANZO A PORTOFINO
Congetture in vista del voto. Con un' incognita forte, l' astensionismo, che induce anche Salvini e Giorgetti a diffidare delle urne in spiaggia. Gli italiani potrebbero punire questo pasticcio e starsene al mare. A meno che non decidano, come ipotizza con ferocia il sito satirico Spinoza, «di utilizzare le cabine anche per cambiarsi il costume».