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Valentina Arcovio per "il Messaggero"
La pandemia sembra aver svuotato di significato la vita di molti giovani. Anche giovanissimi. Soffrono e si isolano dal mondo reale. Trovano sollievo facendosi intenzionalmente male. E, in casi estremi, oggi non così rari come si sperava, decidono di farla finita.
Sono mesi che gli specialisti lo dicono: i bambini e i ragazzi stanno soffrendo talmente tanto da pensare di togliersi la vita.
Il fenomeno è diventato più evidente nella seconda ondata, quando è iniziato a diventare chiaro che l' emergenza Covid-19 non sarebbe finita così presto. A quel punto la didattica a distanza non era più solo una parentesi e le piazze virtuali erano le uniche possibili da frequentare.
Per farsi un' idea delle dimensioni drammatiche del problema basta guardare al numero degli accessi al Pronto soccorso e il numero dei ricoveri registrato dall' Ospedale Bambino Gesù di Roma: da ottobre si segnala un aumento del 30% di ingressi per attività autolesionistiche, compresi i tentati suicidi.
Non a caso il 90% degli accessi al Pronto soccorso romano riguarda giovani tra i 12 e i 18 anni che hanno cercato di togliersi la vita. Se nel 2011 al Bambino Gesù hanno avuto 12 ricoveri per attività autolesionistica, a scopo suicidario e non, nel 2020 si è superata la quota di 300. Quindi quasi uno al giorno.
ETÀ IN CASO
«Il dramma è che l' età dei giovani che tentano il suicidio si ta abbassando si sta abbassando drasticamente», riferisce Maura Manca, psicoterapeuta dell' età evolutiva e presidente dell' Osservatorio Nazionale Adolescenza. Alcuni sono solo undicenni, ancora bambini.
«Già prima della pandemia il suicido rappresentava la seconda causa di morte tra i giovani, ma dopo le chiusure a causa della pandemia la situazione è decisamente peggiorata», sottolinea Manca. La vita dei giovani e dei giovanissimi è così cambiata, stravolta che, secondo gli esperti «per molti ha perso valore». Non è stata solo la paura del contagio o della malattia, ma è la quotidianità «chiusa» ad aver portato a gesti estremi.
«Le chiusure - spiega Manca - e l' allontanamento da scuola e dagli amici, così come il maggior contatto con situazioni familiari, a volte anche non molto facili, hanno trasformato i ragazzi in bombe pronte ad esplodere e a farsi male». La decisione di togliersi la vita non è uguale per tutti. «C' è chi minaccia di farlo, sui social o sui gruppi di Whatsapp», riferisce Manca.
«'Ora mi ammazzo', ora lo faccio per davvero' sono alcuni dei segnali seminati sul web. C' è poi chi cerca un aiuto a uccidersi - continua - cercando sulla Rete una modalità per farlo e chi addirittura vuole farlo in diretta', quasi come fosse un qualcosa da condividere».
SEGNALI DI AIUTO
Per l' esperta, sono segnali d' aiuto, la fievole speranza che qualcuno possa fermarli. Ma a volte sono gesti impulsivi, decisioni estreme prese in pochissimi secondi. «Ci sono dei casi in cui, in un breve attimo, il ragazzo ha aperto la finestra di scuola o di casa e si è lanciato», riferisce Manca. Senza preavviso, senza minacce.
Ora che questo malessere giovanile sta venendo prepotentemente allo scoperto emerge anche la consapevolezza che non sparirà così presto e facilmente. Non andrà via neanche quando finalmente il virus Sars-CoV-2 sparirà o quasi dalle nostre vite. Non si eclisserà neanche con il famigerato ritorno alla normalità. Per questo dagli specialisti arriva l' appello a prepararsi e a programmare interventi tempestivi.
«Nelle prossime settimane avremo molti ammalati fra i 3 e i 10 anni e anche nella fascia di età 11-18: per tutti loro sarà necessario un esercito di psicoanalisti dell' età evolutiva per far fronte all' epidemia di disagi psicologici importanti uniti ad ansia, iperattività, somatizzazioni, ossessioni, depressione e seri problemi a rendersi indipendenti dai genitori», paventa Adelia Lucattini, psichiatra e psicoanalista della Società psicoanalitica italiana e della International Psychoanalytical Association.
«Da questa pandemia, dalle quarantene e dalle chiusure, è purtroppo facile prevederlo, stanno emergendo - continua - disturbi psicologici e patologie mentali che si manifesteranno negli anni a venire che fin da ora non dobbiamo assolutamente trascurare e su cui è necessario intervenire tempestivamente, facendo non solo interventi precoci, ma una vera e propria prevenzione primaria attraverso trattamenti psicoanalitici per bambini e genitori».
La tempestività è tutto. «I suicidi vanno prevenuti, sottolinea Manca«, «dobbiamo vederli prima che avvengono, dobbiamo imparare a riconoscerli - aggiunge. - Mai pensare che al proprio figlio non può accadere, ma nel dubbio rivolgersi agli specialisti».
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