Estratto dell’articolo di Matteo Castellucci per il “Corriere della Sera”
dominik wlazny partito della birra
Il Partito della birra austriaco sta diventando una cosa seria. O, almeno, ci sta provando. Il suo leader Dominik Wlazny è arrivato terzo alle presidenziali dell’ottobre 2022, con l’8,31 per cento. Quei 337 mila voti, oltre ad attirare articoli divertiti sui media internazionali per un programma che prevedeva le «fontane di birra», hanno segnato una cesura.
Wlazny colloca la presa di coscienza due anni prima: «Ho fondato il partito nel 2015 come un progetto satirico e l’ho condotto come tale fino al voto del 2020 a Vienna, quando abbiamo ottenuto 11 seggi» (a livello distrettuale), spiega al Corriere.
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«Da quel momento mi sono concentrato meno sulla satira e più sulle pari opportunità, l’equità, il contrasto alla povertà infantile, la promozione di cultura e trasparenza.
Ma penso ancora che le fontane di birra siano una bella cosa».
Wlazny, 37 anni, è laureato in Medicina. Nel 2022 aveva l’età minima prevista per candidarsi capo dello Stato e nella capitale il Bierpartei ha battuto l’ultradestra dell’Fpö, arrivando secondo dietro i verdi di Alexander Van der Bellen, riconfermato presidente.
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«È stata un’esperienza per le campagne successive — racconta il leader —, anche se all’epoca era una decisione personale, oggi si tratta di costruire un partito intero».
Wlazny sta girando l’Austria per reclutare iscritti.
Graz, Salisburgo, Innsbruck, Köflach. Gli incontri con i simpatizzanti hanno un nome più invitante delle normali riunioni di partito: «feste della birra». Più che di membri, si parla di «clienti abituali». Le tessere erano 1.300 a fine 2023, l’obiettivo è arrivare a 20 mila quest’anno.
Se il partito non parteciperà alle Europee di giugno, «perché non abbiamo abbastanza risorse», punta al voto nazionale che si terrà in autunno. Nel 2019 ha preso lo 0,1 per cento, ma oggi si attesta al 6 per cento nella media dei sondaggi. Cioè oltre la soglia di sbarramento per il Nationalrat, la Camera.
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[…] Su YouTube dai videoclip del suo gruppo punk Turbobier, nome d’arte da frontman «Marco Pogo», è passato a una serie di attualità, dalle guerre in corso al cambiamento climatico. «La lotta alla crisi climatica dev’essere il nostro focus principale, riguarda il futuro dei nostri figli e nipoti, eppure si sta facendo troppo poco a livello politico».
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Oppure il problema dell’ overtourism e della casa: «Non dovrebbe essere un lusso, invece spesso lo è». Ha imparato questa lezione, nel passaggio da rockstar a politico, ruoli che nel suo caso forse coincidono: «Non distrarti, vai per la tua strada ed evita gli attacchi dei competitor». A Vienna c’è fermento.
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