Riceviamo e pubblichiamo:
Caro Dago,
MARCO GIUDICI
scrivo per fatto personale, perché mi è capitato in sorte di valutare scritto e orale di Alain Elkann all'esame di stato da giornalista professionista, nei lontani anni Novanta. A sentire l'assalto e il dileggio di queste ore contro di lui mi sono chiesto se porto una qualche responsabilità per tale sua carriera presunta indegna, come pensatore e come prosatore, peraltro affermata ben prima delle fortune dei suoi figli.
La commissione lo promosse, e facemmo bene. Scrivere significa compromettersi e Alain Elkann sul treno per Foggia ha scritto ciò che hanno visto i suoi occhi e ciò che ha sentito il suo animo. Non da cronista ma da scrittore, dove anche il candore del periodare è chiave stilistica, strumento di ironia.
ALAIN ELKANN IN TRENO - MEME
La rivolta verbale contro il suo racconto estivo breve è quanto di più classista al contrario possa produrre il dibattito pubblico nell'era dei social e della comunicazione orizzontale dove tutti sono maestri vendicatori della propria psiche deficitaria, anche chi "non lo conosco, l'ho incontrato un giorno in farmacia...", e dove tutti sono custodi della morale, in testa il sindacato del giornale-che-sta-con-i-bisognosi (sic).
ALAIN ELKANN
Più che la critica letteraria, o Kant, o la lotta di classe, o i poteri del direttore, l'ermeneutica necessaria a sgonfiare questo dibattito sul nulla in viaggio canicolare per Foggia, credo sia l'approccio casalinga di Voghera: dica il candidato quante volte ha represso (o anche no) un moto di ribellione per la maleducazione in carrozza. Poi ciascuno lo testimonia a modo suo, con buona pace della cancel culture, quella specie di candelotto lacrimogeno che va bene per tutto ciò che non condividiamo.
Marco Giudici
ALAIN ELKANN ALAIN ELKANN IN TRENO - MEME ARTICOLO DI ALAIN ELKANN CONTRO I GIOVANI LANZICHENECCHI MARCO GIUDICI